Un ventilatore polmonare low-cost è stato realizzato dall’Istituto Italiano di Tecnologia in collaborazione con l’Università di Ferrara per fronteggiare l’emergenza globale Coronavirus.
È stato chiamato “Diego” e sarà destinato ai paesi in via di sviluppo maggiormente colpiti.
Il dispositivo aiuterà le persone contagiate nelle molte realtà prive di dispositivi medici adeguati e nelle quali le cure non sono garantite a tutti.
“Il respiratore Diego è stato progettato con l’idea di farlo costare il meno possibile e di renderlo replicabile ovunque nel mondo“. Sono le parole di Luciano Fadiga, professore dell’Universita’ di Ferrara e direttore del Centro di neurofisiologia traslazionale dell’Iit.
“Chiunque abbia un trapano e una piccola officina è in grado di fabbricarlo: ha un motore automotive, come quelli da tergicristallo, reperibile ovunque. E i disegni progettuali sono stati messi a disposizione in open source sul sito dell’Iit”.
Il costo complessivo per realizzare ogni respiratore si aggira attorno ai 250 euro.
Il nome, Diego, è l’acronimo di “Device for inspiration and expiration, gravity operated”: grazie ad un meccanismo che sfrutta la forza di gravità, il ventilatore è in grado di funzionare senza bisogno di energia elettrica. Il sistema può essere attivato manualmente attraverso un comune autoespandibile. Può altresì essere alimentato anche a batteria o ad energia solare.
“Il respiratore e’ gia’ stato prodotto in pre-serie dall’azienda Scm Group di Rimini e testato per ventilare alcuni pazienti nel reparto di chirurgia dell’ospedale di Ferrara- racconta Fadiga- adesso stiamo studiando nuove modalita’ per distribuirlo a ospedali in vari paesi del mondo, il tutto senza scopo di lucro.
Siamo già stati contattati da diverse associazioni e ONG che operano in Africa, in Siria, fino anche in Messico: dopo averlo notificato al ministero della Salute, stiamo seguendo l’iter per poter marcarlo Ce, un marchio di garanzia ulteriore”.
Un team composto da 20 professionisti della salute ha permesso di ottimizzare i processi di realizzazione del respiratore.
Innumerevoli informazioni sono state ottenute osservando la situazione degli ospedali di Bergamo, Codogno e Vo’ Euganeo.
I ricercatori di Iit e dell’Universita’ di Ferrara hanno quindi ipotizzato cosa sarebbe potuto succedere nei paesi più poveri e nei quali scarseggiano i dispositivi medici. Grazie ad un lavoro in équipe intensivo hanno unito svariate competenze ottenendo un prototipo in meno di due settimane.
“Abbiamo fatto tutto come volontari, volevamo dare il nostro contributo all’emergenza – conclude Fadiga -.
Anche se ora in Italia il peggio sembra passato, comunque non dobbiamo dimenticarci di quello che abbiamo attraversato.
Se in questo momento qualcuno nel mondo sta vivendo situazioni analoghe, abbiamo il dovere di aiutarlo”.
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