Oggi, 14 novembre, si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale del diabete, un’occasione istituita per sensibilizzare l’opinione pubblica su una delle malattie croniche più diffuse a livello globale. La data non è casuale: coincide con la nascita di Frederick Banting, lo scopritore dell’insulina insieme a Charles Best.
La Giornata mira a promuovere prevenzione, diagnosi precoce e corretta gestione della patologia, mettendo al centro l’importanza di stili di vita sani. Ogni anno vengono organizzate iniziative informative, screening gratuiti e campagne di sensibilizzazione per richiamare l’attenzione sull’impatto del diabete e sulle strategie per contenerlo. È anche un momento per sostenere chi convive con la malattia e per ribadire il valore della ricerca scientifica nel migliorare le cure e la qualità della vita dei pazienti.

Oggi la ricerca offre un’arma in più nella lotta contro le complicanze del diabete: l’anidride carbonica. Ne ha parlato Matteo Tozzi, professore ordinario di Chirurgia vascolare, direttore della Struttura complessa di Chirurgia vascolare dell’Azienda ospedaliero universitaria Asst Sette Laghi di Varese.
“Pensando alla giornata mondiale del diabete – spiega l’esperto -, la mente di un chirurgo vascolare va immediatamente al ruolo del diabete all’interno della malattia aterosclerotica, in particolare all’arteriopatia obliterante degli arti inferiori e all’insufficienza renale cronica (Irc). Si tratta di due patologie emergenti con incidenza crescente nella popolazione del mondo occidentale. Come chirurghi vascolari siamo chiamati al trattamento della patologia aterosclerotica che ha tra i vari fattori promuoventi il diabete”.
“Tra le nuove tecnologie su cui oggi possiamo fare affidamento – prosegue Tozzi – l’angiografia automatica con l’anidride carbonica (Acda) ci permette di eseguire, ove possibile, rivascolarizzazioni periferiche, trattamenti endovascolari per aneurisma dell’aorta addominale, creazione e manutenzione di accessi vascolari per emodialisi in pazienti affetti da diabete e con danno renale cronico, senza ricorrere all’utilizzo del mezzo di contrasto”.
E ancora: “Il mezzo di contrasto iodato che rappresenta un rischio aggiuntivo per questi pazienti: se iniettato per via arteriosa aumenta la possibilità di un’insufficienza renale acuta mediata da mezzo di contrasto. L’anidride carbonica, quindi, oggi rappresenta un vantaggio per tutti quei pazienti affetti da diabete con insufficienza renale cronica che devono essere sottoposti a un trattamento endovascolare. E per i trattamenti endovascolari, attualmente validati per l’utilizzo dell’Acda, il mezzo di contrasto più indicato per questa classe di pazienti è l’anidride carbonica”.
Il professor Tozzi traccia poi l’identikit del paziente che può beneficiare dell’utilizzo dell’anidride carbonica: “Il paziente arteriopatico periferico è un paziente uomo con più di 50 anni, iperlipidemico, iperteso e diabetico. Questi sono i fattori di rischio tipici della malattia aterosclerotica e che aumentano l’incidenza dell’arteriopatia coronarica, periferica e aortica. Anche le donne, seppur meno soggette a malattia aterosclerotica nell’età fertile, dopo i 70 ne possono soffrire e naturalmente il diabete, anche per la classe femminile, è un fattore di rischio rilevante dell’Irc”.
Sempre Tozzi: “All’interno dell’insufficienza renale cronica il diabete rappresenta una delle principali cause nel mondo occidentale. Dunque, diabete, malattia vascolare, insufficienza renale cronica e malattie vascolari rappresentano fattori presenti in una buona percentuale dei casi, più del 40% nei pazienti con artropatia periferica”.
Aggiunge l’esperto: “Utilizziamo l’anidride carbonica da più di cinque anni e in questo periodo abbiamo trattato oltre 100 pazienti. In quelli trattati con anidride carbonica, la Contrast-induced nephropathy (Cin) è naturalmente zero, mentre nei pazienti diabetici e con Irc sottoposti a rivascolarizzazione periferica nel nostro istituto è superiore al 5%: quindi, almeno cinque pazienti sottoposti a procedure endovascolari con mezzo di contrasto e affetti da diabete e insufficienza renale cronica possono andare incontro a un peggioramento della loro funzionalità renale”.
Conclude Tozzi: “Oggi utilizziamo l’anidride carbonica anche in quei pazienti affetti da Irc terminale e in emodialisi che hanno ancora una funzione renale residua- conclude il professor Matteo Tozzi- perché questo permette a questi pazienti una qualità di vita migliore e una migliore gestione degli elettroliti”.
Redazione Nurse Times
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