Lo rivela uno studio su pazienti Covid ricoverati al San Raffaele di Milano. L’esperto: “Un motivo in più per vaccinarsi”.
I pazienti Covid-19 con livelli di infiammazione sistemica più alti sono quelli a maggior rischio di soffrire, nei mesi successivi alla guarigione, di depressione e di sindrome da stress post-traumatico (Ptsd). Non solo, ma come in tutti i pazienti con questo tipo di disturbi psicopatologici, alla presenza dei sintomi clinici si associa spesso un’alterazione della connettività funzionale e di volume e microstruttura della materia grigia e della materia bianca, tutti parametri misurabili tramite tecniche di risonanza magnetica.
Sono i risultati di una ricerca condotta su pazienti Covid-19 ricoverati all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e pubblicati su Brain, Behavior, & Immunity Health. Lo studio sottolinea l’importanza di seguire con attenzione il decorso dei pazienti Covid-19 dopo la dimissione e conferma il fattore di rischio trasmesso da anche gravi – e dalle relative risposte infiammatore – nell’insorgenza di disturbo d’ansia e dell’umore.
Il lavoro ha coinvolto 42 soggetti ricoverati al San Raffale per polmonite da Covid-19 durante la seconda ondata della pandemia (dall’autunno del 2020), seguiti per almeno tre mesi dopo le dimissioni. Nessuno di loro aveva mai sofferto di o disturbo depressivo da stress post-traumatico prima dell’infezione, né aveva sofferto di lesioni cerebrali durante la fase della polmonite.
È stato quindi misurato l’SII, il cosiddetto indice sistemaco di infiammazione, che misura tramite di sangue l’intensità della reazione infiammatoria prodotta dall’organismo per combattere l’infezione. Nei mesi successivi alla dimissione, infine, oltre alla valutazione psichiatrica eseguita tramite test standardizzati, sono stati condotti anche esami di risonanza magnetica per esaminare la connettività funzionale (il modo in cui diverse aree cerebrali comunicano tra loro), la struttura della materia bianca e il volume locale della materia grigia.
“In particolare, si osserva una associazione sia del volume della materia grigia sia dell’integrità della materia bianca, a cui si aggiunge una ridotta connettività funzionale, con i sintomi presentati nel long Covid e con l’infiammazione durante la fase acuta della malattia – ha detto Francesco Benedetti, medico psichiatra e direttore del gruppo di ricerca in Psichiatria e psicobiologia clinica del San Raffaele, che ha condotto lo studio –. Questo è in linea con quanto si osserva nei pazienti con forme depressive endogene, come la depressione maggiore o il disturbo bipolare, a ulteriore dimostrazione che l’emergere di sintomi depressivi nei pazienti sopravvissuti alle forme iper-infiammatorie di Covid-19 non deve essere sottovalutato. È una condizione la cui durata andrà verificata nel tempo e che potrebbe chiarire anche i problemi cognitivi che di regola accompagnano il long Covid”.
Del resto, al di là del Covid-19, è noto da tempo che infezioni gravi – come quelle da influenza o da polmonite virale – possono precedere episodi di depressione maggiore. Il meccanismo causale alla base di questo nesso è ancora poco chiaro, ma l’indiziato numero uno è il sistema immunitario, e in particolare la risposta infiammatoria scatenata per combattere l’infezione. A confermare l’ipotesi c’è anche il fatto che depressione e infiammazione sono strettamente legato tra loro: nei pazienti con disturbi dell’umore si riscontra spesso un basso ma persistente livello di infiammazione, che non può essere spiegato da altre condizioni mediche.
“La pandemia di Covid-19 ci sta permettendo di studiare il rapporto tra depressione e infiammazione come mai prima, e potrebbe aiutarci a comprendere di più di questa malattia – conclude Benedetti –. Allo stesso tempo non solo ricerche come quella appena pubblicata, ma anche quanto già noto sul rapporto tra notizie e disturbi dell’umore, dovrebbero tenere alta la guardia: le forme gravi di Covid-19 possono avere conseguenze a lungo termine anche dal punto di vista psichiatrico. Un motivo in più per vaccinarsi e una responsabilità per tutti noi che ci occupiamo di salute mentale”.
Redazione Nurse Times
Fonte: AboutPharma
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