Questa la conclusione di una metanalisi pubblicata su Alimentary Pharmacology & Therapeutics.
Una vasta metanalisi pubblicata su Alimentary Pharmacology & Therapeutics smentisce qualunque nesso tra antiacidi e inibitori di pompa protonica, se usati correttamente, e insorgenza di problematiche a carico di ossa, reni e cuore. Lo studio ha preso in esame 42 revisioni sistematiche su ampi gruppi di pazienti, escludendo correlazioni tra l’assunzione di questi farmaci e il rischio di sviluppare altre malattie.
“Le uniche due associazioni per cui ci sono evidenze scientifiche riguardano le infezioni del tratto gastrointestinale inferiore, soprattutto negli anziani ospedalizzati e con co-morbilità, e il rischio di complicanze infettive nei pazienti con malattie epatiche avanzate – spiega Edoardo Vincenzo Savarino, professore associato di Gastroenterologia all’Università di Padova e consigliere della Società italiana di gastroenterologia ed endoscopia digestiva –. Quando parliamo di questi farmaci il problema primario non sono gli effetti collaterali, ma l’uso non corretto che se ne fa. Questo vale soprattutto per la protezione del tratto digestivo in pazienti che assumono, ad esempio antiaggreganti, steroidi, politerapie, ma che, non presentando specifici fattori di rischio, non avrebbero necessità dei gastroprotettori”.
Il problema è quindi l’abuso che si fa di questi farmaci. Una ricerca dell’Università di Genova pubblicato su Digestive and Liver Disease ha scoperto che nel 40% dei casi di pazienti in trattamento con gli inibitori di pompa protonica per oltre otto settimane la prescrizione è inappropriata. Altre ricerche sono ancora più radicali nell’evidenziare che un paziente su due assume i gastroprotettori senza una effettiva necessità. Secondo le stime, il 20% della popolazione generale assume gastroprotettori, una percentuale che arriva al 50% negli anziani sopra i 75 anni.
“Le indicazioni consolidate per l’uso degli inibitori della pompa protonica riguardano il trattamento della malattia da reflusso gastroesofageo, di ulcere gastroduodenali, infezione da Helicobacter pylori, lesioni gastriche causate dall’assunzione di farmaci anti-infiammatori non steroidei – chiarisce ancora Savarino –. I principali motivi di un uso inappropriato sono invece la prevenzione delle ulcere gastroduodenali in pazienti a basso rischio, la monoterapia con cortisonici, l’impiego di antiaggreganti quali l’aspirina senza ulteriori fattori di rischio per lesioni gastroduodenali, il trattamento prolungato della dispepsia funzionale o una non corretta diagnosi di disturbi correlati all’acidità”.
Assumere cardioaspirina o altri antiaggreganti o antinfiammatori non presuppone automaticamente la necessità di assumere anche un gastroprotettore. “I pazienti vanno sempre valutati caso per caso, analizzando i fattori di rischio individuali – conclude Savarino –. Quando la sintomatologia è lieve la prima misura da adottare passa dalla modifica degli stili di vita sbagliati, a partire da un’attenzione all’alimentazione, evitando ad esempio i cibi acidi che possono irritare la mucosa in caso di refluss. È certamente meno immediato di una pillola che dà subito sollievo, ma è una strategia che dipende da noi, e alla fine paga”.
Redazione Nurse Times
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