E’ così nell’88% dei casi esaminati da uno studio di Uk Biobank.
In circa l’88% delle persone guarite dal coronavirus gli anticorpi rimangono nel sangue per sei mesi. Lo indica uno studio condotto dalla biobanca britannica Uk Biobank, una delle più grandi al mondo per gli studi sul Covid-19, che ha analizzato i campioni biologici di quasi 1.700 persone, come segnala la Bbc.
La Uk Biobank raccoglie sangue, urina, campioni di saliva, dati genetici e esami di cuore e cervello di circa mezzo milione di persone, che hanno acconsentito a far analizzare le loro informazioni per aiutare la ricerca medica. Quasi 20mila di questi volontari hanno fornito un campione di sangue ogni mese tra il 27 maggio e 4 dicembre scorso.
Di questi, 1.699 sono risultati positivi agli anticorpi al SarsCov2 in questo periodo, indicando un’infezione passata. Molti di loro erano già risultati positivi al coronavirus nel primo mese dello studio, suggerendo quindi che il contagio fosse avvenuto nella prima ondata pandemica. Sei mesi dopo, è così emerso che l’88% di loro aveva ancora gli anticorpi al virus rilevabili nel sangue, confermando così quando osservato in studi più piccoli condotti sugli operatori sanitari.
E’ inoltre possibile che alcuni o tutti quelli di quel 12%, i cui test da positivi sono diventati negativi, abbiano comunque mantenuto una qualche protezione contro una successiva infezione, anche se la loro quantità di anticorpi era troppo bassa per essere rilevata. L’indagine ha mostrato anche i sintomi più ricorrenti vissuti dai malati: il 26% ha avuto tosse, il 28% febbre, il 43% ha perso gusto o olfatto, mentre il 40% non ne ha avuto nessuno di questi e il 20% è stato asintomatico. Nel gruppo di chi aveva gli anticorpi al SarsCov2, il 13% era under30, mentre il 6,7% aveva più di 70 anni.
“Anche se non possiamo essere certi di come la presenza degli anticorpi sia collegata all’immunità – commenta Naomi Allen, responsabile scientifico della Uk Biobank –, i risultati suggeriscono che le persone possono essere protette da una nuova infezione per almeno sei mesi dopo la prima. Un follow up più lungo ci permetterà di determinare quanto dura questa protezione”.
Redazione Nurse Times
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