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Conferenza sulle politiche della professione infermieristica: il resoconto

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Conferenza sulle politiche della professione infermieristica: il resoconto
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I video, le slide e la sintesi degli interventi.

La X Conferenza sulle politiche della professione infermieristica si è svolta a Bologna ed è stata occasione di confronto e dibattito per fare il punto sull’evoluzione del contesto normativo, politico e socio sanitario evidenziandone l’inevitabile impatto sull’organizzazione dei servizi.

In questo quadro, la FNOPI ha voluto promuovere una riflessione sugli aspetti che coinvolgono la classe “dirigente” della professione nel contribuire a ridisegnare non solo l’organizzazione delle realtà socio sanitarie, ma dell’infermieristica tutta, che mai come negli anni futuri, rappresenta la professione che sarà capace di influenzare un nuovo sistema di produzione ed erogazione di servizi alla persona o di farsi influenzare passivamente se non metteremo in campo azioni sinergiche e condivise.

“La dirigenza – ha premesso la presidente FNOPI Barbara Mangiacavalli – può e deve rappresentare in questo senso l’elemento cardine per la promozione non tanto della modernizzazione del sistema sanitario, ma di un suo profondo ripensamento paradigmatico, con uno sguardo attento e consapevole ai modelli europei, alla politica sociale, economica e professionale”.

Kyriacoula Petropulacos, Direttore Generale Assessorato alla salute Emilia Romagna

Il Dg dell’assessorato emiliano romagnolo ha portato i suoi saluti e quelli della Regione e dell’assessore Venturi alla Conferenza. Petropulacos ha detto in particolare: “La Regione ha fatto e fa molte cose nella direzione dello sviluppo delle professioni e continuerà a farlo. E’ necessaria maggiore simmetria tra tutti i professionisti della sanità nel riconoscimento delle specificità professionali.
Oggi c’è una sorta di non detto o mal detto: bisogna ragionare in un diverso mix altrimenti a soffrirne sono per primi i cittadini. Ed è questo l’ulteriore passo che dobbiamo preparaci a fare.”

Di seguito una brevissima sintesi degli interventi, le slide eventualmente consegnate dai relatori e il video della Conferenza diviso tra mattina e pomeriggio.

Silvio Brusaferro, Professore Ordinario di Igiene – Università degli Studi di Udine

Cambia il rapporto e si crea un’asimmetria informativa con medici e infermieri che non sono più le sole fonti.
Siamo una nazione “vecchia” e abbiamo molti dati, ma non sistematizzati in modo che diventino informazioni.
Secondo le rilevazioni la nostra sanità è tra le prime al mondo, ma siamo solo 48esimi nella scala della felicità perché non sappiamo tradurre le indicazioni in benessere e non investiamo nelle risorse umane.
Sulla salute incidono molti fattori: 1.131.000 minori sono in povertà assoluta; siamo tra i paesi più “ignoranti” dell’Ocse; aumentano i ragazzi che non vanno oltre la terza media; l’accesso all’informazione cambia, la TV non è più uno strumento per giovani.
E la salute sta perdendo potere di acquisto, passando dal 6,8% di incidenza sul Pil del 2013 al 6,3% del 2018.
Anche per tutto questo nei prosimi dieci anni la prima causa di patologia (al 2030) sarà il disturbo depressivo unipolare.
Abbiamo linguaggi diversi tra generazioni e questo mette a rischio la promozione della salute. Ci sono almeno una decina di “strati” comunicativi da considerare e la comunicazione non è più omogenea.
Nel futuro dobbiamo creare un sistema introno alle persone, contatti remoti e reti di prossimità per i fragili, ma senza “bruciare” i giovani che sono poveri e corrono rischi. Bene i fragili quindi, ma anche davvero attenti ai giovani.

LE SLIDE DI SILVIO BRUSAFERRO

Mario Del Vecchio, Professore Associato Economia Aziendale Dipartimento Medicina Sperimentale e Clinica – Università degli Studi di Firenze

Il sistema è un “campo di gioco” su cui costruire il futuro.
Siamo quelli che in Europa spendono meno per una sanità che pure funziona e la spesa privata non è patologica ma assolutamente fisiologica-
Lo sviluppo per gli infermieri deve guardare anche al mercato. Costruire una strategia della professione rispetto quello che succede nel mercato privato è difficile , ma la professione deve mettere occhio a questo tema: il mercato è un luogo che più facilmente potrà decretare il successo degli infermieri.
C’è poi il tema dello skill mix.
Abbiamo una densità di infermieri molto bassa e una di medici medio alta. Il rapporto medici/infermieri è rimasto stabile negli anni ma la media non è ciò che accade nelle Regioni dove ad esempio abbiamo un rapporto 1:0,6 in Sicilia e Calabria e oltre 3 nel Nord del Pese.
Il sistema non è cambiato per una serie di fattori: l’infungibilità del medico, la loro spendibilità in termini di consenso,; una parte della professione infermieristica non accetta l’idea dello skill mix e ritiene che il ruolo non sia confondibile con quello dei medici.
Il modello deve guardare a una diversa distribuzione di competenze e questo è difficile.
Gli infermieri devono “saturare” un nuovo perimetro che hanno creato nei decenni precedenti, uno spazio di allargamento della loro professionalità che dove è stato realizzato ha pagato, ma che deve esserlo ovunque altrimenti la professione si indebolisce.
Il primo sforzo quindi è stato quello di “allargare” il perimetro, quello futuro sarà di saturarlo.
Una componente di tutto questo è la specializzazione. E’ necessario “sgranare” un po’ meglio la professione, definire bene le specializzazioni e le loro implicazioni organizzative e contrattuali.
I problemi sul tavolo sono quello della fungibilità, degli assetti organizzativi, della contendibilità delle posizioni sottintesa alla interdisciplinarità e della partecipazione al governo strategico: mi aspetto nei prossimi dieci anni che nelle aziende almeno il 20% dei direttori generali siano di matrice infermieristica..

LE SLIDE DI MARIO DEL VECCHIO

Luisa Saiani, Professore Ordinario Scienze Infermieristiche – Università di Verona e Presidente Conferenza Permanente dei corsi di laurea delle professioni sanitarie

Va deciso dove e come si posizionano le specializzazioni a livello universitario.
I master sono tanti, ma spesso sganciati dall’accessibilità e dalla frequenza.
E’ necessario un accertamento complessivo e c’è un disallineamento tra necessità di aziende e offerta dell’università.
Ad esempio i master di primo livello dovrebbero mettere in grado di dare una risposta della professione, ma dopo la laurea magistrale si devono avere livelli più avanzati di specializzazione che devono mettere in grado di gestire sintomi, ragionare su esiti, impostare l’assistenza.
I nodi aperti sono: considerare avanzata una “buona pratica”; comprendere che competenze avanzate e specializzazioni sono sovrapponibili; quali aree dello sviluppo specialistico si devo portare avanti, ma aggiornandole anche in funzione della sanità che cambia; avere una voce più forte sulle specializzazioni realizzando documenti, regole, comprendendo quali competenze avanzate servono; prevedere specializzazioni anche nella formazione per chi gestisce quella specialistica finora “invisibile”.
I master di specializzazione devono essere organizzati e concordati da formatori della nostra area professionale.

LE SLIDE DI LUISA SAIANI

Valerio Fabio Alberti, Direttore Generale Asl Città di Torino

Deve esserci la valorizzazione del middle management. La tenuta del sistema sanitario dipende dal tema del personale che è la chiave di questa tenuta e fa la differenza.
I cambiamenti richiedono capillarità e capacità di adeguarsi ai modelli di intervento. E questi sono interpretati dalle persone con un loro recupero di responsabilità: lo sviluppo del personale e quello organizzativo vanno di pari passo.
Si deve partire dai bisogni dei cittadini che oggi si fa fatica a soddisfare, per identificare meglio i rischi all’interno dell’organizzazione.
In questo senso è importante superare il concetto di “esperienza pilota” e si deve ragionare per struttura del sistema.
Un esempio è il ruolo dell’infermiere di famiglia e comunità. E’ fondamentale ed ha necessità che sia configurato anche il suo rapporto con le altre professioni. E’ una figura che va strutturata nell’organizzazione del welfare di comunità, non solo sperimentata.
C’è necessitò di definizione e di un percorso per una figura che garantisca la continuità del percorso che dia stabilità e riconoscibilità al sistema.
La capacità di interazione professionale presuppone una elevata qualificazione di chi gestisce la continuità tra ospedale e territorio.
Dovremmo avere una visione nuova del futuro guardando proprio ciò che accade oggi; pensare in base a questa allo sviluppo dell’organizzazione; sviluppare il personale e la sua formazione per individuare nuovi livelli di autonomia e specializzazione.

Luca Baldino, Direttore Generale Ausl di Piacenza

Sappiamo che nei prossimi sette anni avremo il doppio i medici in uscita rispetto a quelli in entrata.
Riflettendo su questo dato vanno sviluppate proposte nuove che diano una soluzione capace di passare da criticità a opportunità.
E’ arrivato il momento di prendere di petto lo skill mix e ragionare secondo un equilibrio di competenze tra personale medico e infermieristico.
L’evoluzione possibile deve accompagnare un cambiamento dell’organizzazione: non più reparti e dipartimenti, ma piattaforme trasversali.
E in questo senso vanno riviste anche le direzioni e si devono privilegiare quelle strategiche, con 3/5 persone che esprimono ognuna la propria capacità.
L’infermiere dovrà essere manager per governare le piattaforme, ma anche specialista per accompagnare la clinica.
Ma tutti questi cambiamenti sono impossibili se non ricomponiamo il conflitto tra professioni all’interno degli ospedali.

Al termine della mattina, la presidente Fnopi, Barbara Mangiacavalli, ha tirato le somme di quanto esposto nelle varie relazioni:

“La professione infermieristica può e deve governare i processi del sistema sanitario, oltre che della propria professione. Allora, se questo è il terreno di gioco, ci saranno posizioni e competenze da conquistare e posizioni e competenze da cedere, e di questo dobbiamo essere consapevoli se vogliamo contribuire a un nuovo modello di salute e far decollare la professione.

Si chiama posizione contendibile ma si legge ricostruzione di percorsi, competenze e attività che noi dobbiamo sviluppare e sostenere. Il nostro sapere disciplinare e il nostro sapere manageriale e formativo possono non coincidere e non essere sempre sovrapponibili nei diversi ambiti in cui esercitiamo. Altrimenti non si spiegherebbe perché ci sono infermieri direttori generali e direttori socio sanitari. Queste conquiste però ci fanno capire che se vogliamo arrivare fin qui, altre professioni, sui livelli manageriali e formativi, faranno altrettanto con noi. Una professione matura lo è quando inizia a sgranarsi, cioè occupare spazi e posizioni lontane tra loro e dalla zona di comfort della professione e diverse dal contesto disciplinare.

Ci sono infermieri che dirigono e formano tanti altri professionisti diversi non perché infermieri, ma perché professionisti competenti e validi. Lo stesso ragionamento, quando accade a nostro vantaggio, può applicarsi anche a nostro svantaggio. Questo ragionamento va reso esplicito e dichiarato o non potremo mai evolvere fuori da un’area monoprofessionale dove infermieri dirigono altri infermieri, ma oltre a quello non riusciamo ad andare.

O le posizioni, la governance, i profili, i processi si costruiscono su una base di competenze che appartengono a tutti, e quindi anche agli infermieri, oppure ogni professione parlerà solo a se stessa e non evolverà mai. Allora noi dobbiamo lavorare non tanto sulle rivendicazioni, ma sui percorsi di costruzione e certificazioni di tali competenze”.

IL VIDEO DELL’INTERVENTO DI BARBARA MANGIACAVALLI

IL VIDEO DELLA MATTINA DELLA CONFERENZA

Federico Lega, Professore Ordinario Università degli Studi di Milano e SDA Bocconi Affiliate Professor di Government, Health e Not for Profit management

“Il management delle aziende sanitarie deve cambiare per poter affrontare le complessità crescenti.
L’organizzazione per saperi specialistici funziona quando i responsabili delle strutture gestiscono con una discreta collegialità i problemi.
Chi è dirigente dall’azienda deve entrare nell’ordine di idee che non può rappresentate la propria professione, è rappresentante di tutte e quindi serve innovazione istituzionale.
E’ possibile immaginare una direzione strategica e una direzione della produzione che altro non è se non il braccio operativo di quello che la direzione strategica disegna.
La novità è introdurre una direzione del governo della produzione che deve avere il modo di leggere diversamente l’organizzazione in aziende sempre più grandi e complesse.
Possono esserci poi vicedirezioni dedicate ai vari aspetti singoli aziendali (medici, pazienti, professioni ecc.) perché la governance collegiale si avvale di aree sui vari aspetti che la caratterizzano (farmaceutica, professioni ecc.).
Dobbiamo investire nel sostenere lo sviluppo formativo di chi si trova all’interno di questa area.
E ricordare che la direzione della produzione è un ruolo manageriale, non professionale, quindi può essere assegnato a qualunque professione.
Oggi dobbiamo ragionare per sintesi.”

LE SLIDE DI FEDERICO LEGA

Stefano Simonetti, Esperto ed autore di pubblicazioni in materia di organizzazione e gestione del personale – Già negoziatore A.Ra.N.

Quattro aspetti positivi nel nuovo contratto:
– la stessa firma: dopo oltre nove anni è un fatto assolutamente positivo;
– relazioni sindacali: si è attenuata la rigidità del modello Brunetta che ha fallito completamente proprio perché troppo rigorosa e senza il necessario recupero di partecipazione che invece c’è stato;
– soluzione di alcune partite conflittuali: tempo tuta, orario settimanale, definizione degli avvisi pubblici, una norma questa che consente di avere per le aziende una modalità di azione omogenea;
basi per il cambiamento del sistema ordinamentale, anche se è tutto da vedere perché affidato ai lavori di una Commissione che deve ancora tirare le somme.
Ma anche quattro aspetti negativi:
– l’effetto fotocopia: nel Pubblico impiego la progressione dei contratti ha sempre fatto si che quelli successivi contenessero copia di previsioni di quelli precedenti e in questi caso nel contratto ce ne sono almeno una trentina che derivano da quello delle funzioni centrali;
– sciatteria: troppi errori. Ne sono stati corretti almeno 74, ma ne sono rimaste decine, anche sulle disapplicazione che spesso confliggono tra loro;
– irrisolte grosse problematiche: ad esempio non è regolamentato l’accesso alla mensa, non è stato detto nulla sull’aspettativa per vincita d’avviso ecc;
– rinvii a lavori della Commissione per aspetti come integrazione del fondo: se applicata pedissequamente in metà dei casi non si riuscirà ad adattare-
Il relatore ha poi descritto i nuovi incarichi di funzione tra cui quelli professionali sono del tutto nuovi. sottolineando la difficoltà e la lunghezza che il percorso rischia di avere anche se i nuovi incarichi riguarderanno tutti i ruoli per i quali la valutazione, altra novità introdotta dal contratto, deve essere svolta da professionisti analoghi a quelli valutati.

LE SLIDE DI STEFANO SIMONETTI

Giorgio Cavallero, Segretario Generale COSMED

La dirigenza delle professioni sanitarie è propria del mondo sanitario (Area III) e deve essere come è giusto che ora sia nel contratto nella parte di medici e dirigenti sanitari e non più con quella STPA.
Ma nel contratto che si dovrà chiudere si dovranno valutare con attenzione gli effetti di una contrattazione frettolosa fin qui condotta.
Ad esempio prevedere che l’iter economico del contratto scatti dal 1° aprile significa che fini al 31 marzo si parla di aumenti dell’1,09% e dal giorno dopo del 3,48%, ma senza considerare gli effetti che questo avrà sul monte salari.
Ci auguriamo che tutto questo non crei effetti negativi sul prossimo contratto.
In questo che dobbiamo chiudere, si spera in autunno, per la dirigenza, i problemi che ci troviamo difronte riguardano le relazioni sindacali, perché si dovrebbe fare in modo che il sindacato possa non avere un elenco di ciò che non può fare, ma discutere davvero le parti economiche e l’organizzazione del lavoro.
Si deve ridare centralità al Ssn ma ci sono tempi stretti per il contratto e non si potranno affrontare tutte le problematiche.
Dovrebbero essere previste norme per il disagio, la sicurezza, non si dovrebbe manomettere l’orario di lavoro per non danneggiare gli stessi cittadini.
Ma una cosa è certa: non si può vincere se non si vince tutti insieme.

LE SLIDE DI GIORGIO CAVALLERO

Marinella D’Innocenzo, Direttore Generale Asl di Rieti

Oggi le Regioni rispetto alle aziende agiscono in autonomia svolgendo una funzione di holding. Stiamo andando verso Regioni che avocano a sé una funzione direzionale rispetto alla quale le aziende diventano solo organi di produzione, riducendone ruoli e funzioni.
Dobbiamo affrontare i problemi con gli strumenti che abbiamo e dobbiamo assicurarci sul governo della produzione concentrandoci su funzioni che stanno cambiando.
Dobbiamo sostenere il cambiamento organizzativo e investire sul patrimonio professionale che abbiamo, proprio per preparalo al cambiamento
Il salto di qualità da fare è quello che tiene conto dei cittadini, non delle professioni e dobbiamo passare dal fabbisogno monoprofessionale a un fabbisogno di skill mix con la capacità di dare risposte secondo le competenze che ciascuno sa e può mettere in campo.
Si devono progettare strumenti operativi prevedendo la valorizzazione della competenza, con i percorsi formativi necessari.
Il contratto appena chiuso deve essere applicato costruendolo tra le aziende e le partii nella contrattazione decentrata, comprendendo che stiamo passando da un sistema basato sulle categorie al riconoscimento in funzione delle competenze, valorizzando quelle figure che oggi le incentivazioni previste non premiano, come ad esempio chi lavora nelle aree della medicina, della chirurgia e del pronto soccorso.

LE SLIDE DI MARINELLA D’INNOCENZO

Dario Laquintana, Direttore U.O.C. Direzione Professioni Sanitarie – Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano

I soldi non arrivano se nessuno li chiede e in questo dobbiamo acquisire una maggiore consapevolezza sociale e professionale o è inutile piangere quando i buoi sono scappati.
Nel contratto non è stato risolto il problema del coordinamento e dovrà essere affrontano con gli incarichi funzionali.
Dobbiamo mantenere l’assegnazione degli incarichi perché per quelli professionali spesso si bypassano le regole.
Ciò che è mancato è l’attenzione alla libera professione, un’occasione mancata: se si tratta di professione sanitaria lo è anche in libera professione che deve essere trasparente e fare parte della libera scelta del cittadino.
Un’area contrattuale autonoma sarebbe ottimale vista la funzione e i ruoli dell’infermiere, ma questo contratto doveva essere firmato ed è importante perché si è arrivati a una cornice legislativa che è stata in grado di evitare la confusione fatta negli anni di vacanza tra norme e regole contrattuali.
Ora dobbiamo davvero realizzare la “cassetta degli attrezzi” e studiare bene il meccanismo dei fondi contrattuali perché per certi aspetti danno in un senso e tagliano nell’altro, come, ad esempio, si rischia accada proprio per i nuovi incarichi.
E’ necessario mettere la testa sul nuovo contratto e ricordare che abbiamo anche un livello d’azienda da realizzare.
Bisogna produrre di più, a livello territoriale, bisogna lavorare insieme per evitare di essere vittime di ‘fughe’ aziendali.

LE SLIDE DI DARIO LAQUINTANA

A tirare le conclusioni della X conferenza sulle politiche della Professione Infermieristica, è stata la Presidente Barbara Mangiacavalli

“Rispetto all’etichetta che ci eravamo dati – ha detto – riteniamo di aver messo in prospettiva di analisi e di studio un perimetro dentro il quale continuare a lavorare e dibattere per affrontare le problematiche nuove con schemi mentali nuovi.
Non è solo il ‘qui, ora’, ma abbiamo compreso come cambierà il sistema di qui a pochi anni e dobbiamo immaginare modelli innovativi sia di salute, sia per la professione e per la sostenibilità del sistema.
Sapere disciplinare; modello organizzativo; modello istituzionale sono i tre gradi della filiera che caratterizza la nostra professione. E il nostro tallone di Achille è qua. Se non abbiamo il coraggio di affrontare il fatto che non si tratta di aspetti collegati, automaticamente tra loro ma di posizioni da guadagnare non andiamo da nessuna parte. Si chiama ‘posizione contendibile’ si legge ricostruzione di una serie di competenze e professionalità.
I tre aspetti possono non essere la stessa cosa quando si affronta il tema delle specializzazioni e dell’infungibilità, debbono agire in un dibattito in maniera esplicita, vanno costruiti i percorsi, dobbiamo scegliere, prendere decisioni, dobbiamo mettere i nostri infermieri in condizione di ‘contendere’ i ruoli.
Il tema è questo: o siamo o non siamo professione matura ed io credo fortemente che lo siamo. E allora se lo siamo dobbiamo fare un’operazione in grado di gestire questa filiera di competenze e funzione. Capitalizzeremo la giornata e ricorderemo e riporteremo le riflessioni di oggi nei percorsi organizzativi e professionali che stiamo tracciando”.

IL VIDEO DEL POMERIGGIO DELLA CONFERENZA

 

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