Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma di Ivo Camicioli, responsabile ufficio legale Uil Fpl Roma e Lazio.
La mensa aziendale è un diritto dei lavoratori introdotto nella contrattazione sindacale sin dagli anni ’60 ed è ormai norma consolidata contenuta in tutti i contratti collettivi di lavoro. Nel comparto sanità, dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro del pubblico impiego, la regolamentazione del diritto alla mensa è contemplato nel CCNL integrativo del 20.9.2001.
L’art. 29 comma 1 del CCNL citato dice che: “Le aziende, in relazione al proprio assetto organizzativo e compatibilmente con le risorse disponibili, possono istituire mense di servizio o, in alternativa, garantire l’esercizio del diritto alla mensa con modalità sostitutive”. Il comma 2 specifica che “hanno diritto alla mensa tutti i dipendenti, ivi compresi quelli che prestano la propria attività in posizione di comando, nei giorni di effettiva presenza al lavoro, in relazione alla particolare articolazione dell’orario”. Il comma 3, infine, conclude dicendo che “Il pasto va consumato al di fuori dell’orario di lavoro, Il tempo per il consumo del pasto è rilavato con i normali mezzi di controllo dell’orario e non deve essere superiore a 30 minuti”.
L’art. 4 del CCNL biennio economico 2008-2009 ha integrato la norma contenuta nel CCNL integrativo specificando che: “In ogni caso l’organizzazione e la gestione dei suddetti servizi, rientrano nell’autonomia gestionale delle aziende, mentre resta ferma la competenza del CCNL nella definizione delle regole in merito alla fruibilità e all’esercizio del diritto alla mensa da parte dei lavoratori”.
Riassumendo, i contratti collettivi stabiliscono i seguenti principi: a) le aziende sono tenute a istituire i servizi mensa o ad assicurare il pasto con modalità sostitutive; b) l’organizzazione del servizio è demandato all’autonomia gestionale aziendale, ma resta ferma la competenza del CCNL nel regolamentare il diritto alla mensa per i lavoratori; c) hanno diritto alla mensa tutti i dipendenti (in relazione alla particolare articolazione dell’orario di lavoro) purché siano presenti in servizio; d) il pasto va consumato al di fuori dell’orario di lavoro, vale a dire “stimbrati”.
Nel nuovo Ccnl del Comparto Sanità 2016-2018, sottoscritto nel maggio scorso non sono state apportate modifiche all’istituto della mensa, che resta disciplinato pertanto dalle norme contenute nei precedenti contratti di lavoro. Tuttavia nell’art. 27, riguardante l’Orario di lavoro”, al comma 4 si precisa: “Qualora la prestazione di lavoro giornaliera ecceda le sei ore, il personale, purché non in turno, ha diritto a beneficiare di una pausa di almeno 30 minuti al fine del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto… La durata della pausa e la sua collocazione temporale, sono definite in funzione della tipologia di orario di lavoro nella quale la pausa è inserita, nonché in relazione alla disponibilità di eventuali servizi di ristoro, alla dislocazione delle sedi dell’Azienda o Ente nella città, alla dimensione della stessa città…”.
Questa previsione è stata inserita allo scopo di rendere compatibile la normativa comunitaria sull’orario di lavoro recepita con il Dlgs 66/2003 (articolo 8), sia con la legge 161/2014, sia con le esigenze tecnico organizzative legate alla necessità di garantire la continuità assistenziale.
Tornando al diritto alla mensa, ogni azienda dovrebbe dotarsi di una regolamentazione interna da demandare alla contrattazione integrativa aziendale, per specificare le modalità di organizzazione del servizio e di fruizione dello stesso da parte del lavoratore. Sempre alla contrattazione aziendale va demandata l’interpretazione della frase “in relazione alla particolare articolazione dell’orario” contenuta nel contratto. Normalmente l’interpretazione più diffusa è quella di garantire il diritto alla mensa a chi effettua i lavori organizzati in turni.
Riassumendo, hanno diritto alla mensa i lavoratori presenti in servizio che prolungano l’orario (nel rispetto del CCNL e della normativa europea) e coloro che effettuano i turni. Il costo del pasto è quello stabilito dal CCNL: 1,03 euro a carico del lavoratore e 4, 13 euro a carico del datore di lavoro, che sono i corrispettivi in euro di quanto stabilito in lire dal DPR 270/87 e dal DPR 384/90 (2000 lire il dipendente e 8000 lire l’Azienda).
Un’azienda ospedaliera di Roma, con ordinanza del direttore generale del 17/11/2011, ha regolamentato la fruizione del diritto alla mensa basandosi sulla direttiva della Regione Lazio n. 181761del 14.10.2011. L’Ordinanza aveva previsto il diritto alla mensa per i soli lavoratori che prolungavano l’orario oltre le 8 ore, compresi i tre turnisti ma solo in caso di raddoppio del turno. La stessa ordinanza aveva escluso espressamente dal diritto alla mensa coloro che svolgevano l’attività solo nel turno di mattina o pomeriggio, i treturnisti (in quanto percettori dell’indennità di disagio), i lavoratori che effettuavano turno notturno (in quanto percettori dell’indennità notturna) e chi effettuava orario articolato su cinque giorni di ore 7,12.
L’Ordinanza modificava quindi in peius a livello aziendale quello che è un diritto sancito da una norma pattizia di livello nazionale. Per questo motivo la UIL FPL Roma e Lazio ha proposto un ricorso dinanzi al Tribunale del Lavoro di Roma assistendo tramite gli avvocati Abenavoli e Castellana, 74 ricorrenti, tutti turnisti, per ottenere il riconoscimento del diritto alla mensa in relazione alla particolare articolazione dell’orario di lavoro e per essere risarciti della mancato riconoscimento di tale diritto dalla data di applicazione dell’Ordinanza stessa.
Il giudice M.F., ha accolto la domanda. Nella Sentenza n. 16416 del 30.11.2018 si specifica che il diritto in questione è condizionato da due soli requisiti: l’effettiva presenza in servizio e lo svolgimento dell’attività lavorativa secondo una particolare articolazione dell’orario di lavoro. Con riguardo all’articolazione dell’orario di lavoro il Dlgs 66/03 dispone che qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di 6 ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa per il recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto.
La Sentenza dice che in assenza di una specifica regolamentazione sul punto ad opera della contrattazione collettiva (il nuovo CCNL del comparto sanità del 2018 si limita a ribadire quanto espresso dal Dlgs 66/03), intendere la “particolare articolazione dell’orario” con riguardo a quelle attività lavorative prestate, in tutto o in parte, in fasce orarie normalmente dedicate alla consumazione dei pasti, vuoi per via di un orario di servizio spezzettato, vuoi per un orario di lavoro prolungato oltre a quello normale, vuoi infine per la effettuazione di turni, appare del tutto logico ed evidente.
“Secondo l’assetto normativo, legislativo e negoziale vigente – recita la Sentenza – la ratio dell’istituto è quella di assicurare ai lavoratori che devono osservare particolari turni di servizio la possibilità di consumare il pasto sul luogo di lavoro. Per questo motivo la compatibilità con le risorse finanziarie disponibili non può intendersi come condizione ostativa all’esercizio del diritto stesso, posto che in nessun caso una norma pattizia o una norma regionale possono indurre, in materia, deroghe o interpretazioni restrittive rispetto a norme legislative di rango statale”.
“Se ne conclude – termina la Sentenza – che il riferimento alla compatibilità con le risorse disponibili può intendersi solo come riferito alla concreta effettività della mensa, ma non anche alla esercitabilità del diritto in generale e dunque all’esercizio dello stesso con modalità sostitutive (buoni pasto o indennità)”.
Il giudice ha pertanto confermato il diritto alla mensa per i lavoratori turnisti che avevano proposto il ricorso disponendo un risarcimento del danno subito con importi complessivi fino a 4500 euro sulla base della somma giornaliera di euro 4,13 calcolata sulle effettive presenze in servizio. L’Azienda Ospedaliera dovrà pertanto risarcire i lavoratori ricorrenti del danno subito e, per effetto dell’annullamento dell’Ordinanza del 2011, garantire d’ora in avanti il diritto alla mensa nelle giornate di effettiva presenza in servizio ai dipendenti che effettuano un orario di lavoro articolato in turni.
Considerato che allo stato attuale il servizio mensa è attivo solo la mattina, dovrà essere individuata una modalità sostitutiva (buono pasto) per il turno pomeridiano e notturno e, presumibilmente anche la mattina per i dipendenti che lavorano in presidi distaccati nell’ambito della stessa azienda.
Redazione Nurse Times
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