Riprendiamo un articolo scritto per Il Mattino dal segretario generale del sindacato, Doriana Buonavita.
II 31 marzo è alle porte e dell’uscita della Regione Campania dal Piano di rientro e dal commissariamento ad acta della Sanità, chiesta lo scorso 13 dicembre durante la conferenza Stato-Regioni, non se ne parla; anzi si continuano ad esprimere dubbi in merito. Il prolungarsi della sospensione dei poteri ordinari, in luogo del libero esercizio della potestà democratica sottratta con il commissariamento agli elettori, la dice lunga sull’attuale condizione in cui si muovono oggi le dinamiche decisionali del Governo.
La Campania deve presentarsi all’appuntamento del prossimo Patto per la salute 2019/2021 senza vincoli, atteso che il rientro dal debito è stato certificato e purtroppo chi ne hanno pagato le conseguenze sono stati il personale delle strutture sanitarie e i cittadini. Oltre ad aver superato il decennio previsto dalla sentenza della Corte costituzionale del 2018, il Piano di rientro è già costato con una tassazione in Campania più alta rispetto all’intero Paese. Un altro anno di commissariamento peserà ancora sui cittadini campani sul versante delle addizionali regionali e comunali. Infatti potrebbero subire un aumento di aliquote Irpef (440 euro media procapite ) e Irap (4,9%), che sono già ai massimi livelli, necessarie a coprire le spese dedicate alla cura dei cittadini.
La Campania, con 1.700 euro a testa è la Regione che riceve meno dallo Stato e i suoi cittadini fanno più fatica ad accedere ai servizi sanitari e affrontano costi più alti per i ticket. Insomma, la nostra regione potrebbe ridursi in uno stato di povertà ancora più alto di quello attuale: con un indice del 56,4% è già la seconda regione più povera d’Italia, oltre al tasso di disoccupazione pari al 20,9%. È giunto il momento di far quadrare i conti a partire dai criteri di riparto del Fondo nazionale sanitario, che vede la Campania ancora in perdita. I cittadini italiani sono tutti uguali e pertanto hanno il diritto di avere procapite lo stesso importo per i servizi essenziali tra cui spicca la sanità. Questo per stare in tema di perequazione e diritti garantiti alla salute, definiti dalla nostra Costituzione, che risulta essere sempre più interpretabile o, ancor peggio, disattesa.
La Cisl lancia una proposta. Bisogna sopperire alla mancanze sinora registrate con uno sforzo corale e ricondurre le risorse economiche regionali disponibili in una social card sanitaria per i cittadini più bisognosi, tra cui tanti anziani, che possa consentire loro di accedere ai servizi di cura e assistenza anche domiciliari in maniera gratuita. La legge regionale sulla non autosufficienza resta chiusa nei cassetti, è ora di renderla operativa e funzionale ai bisogni di chi ha fragilità diffuse ed anziani.
La Campania, a causa dei numerosi anni di commissariamento, ha registrato chiusure di strutture ospedaliere, riduzione di posti letto pubblici a favore dell’aumento di quelli privati – 1 su 3 – e il blocco di assunzioni di medici e infermieri nonostante il decremento della forza lavoro in totale di circa 13.000 unità, un calo di personale che a sua volta ha portato il conseguente calo delle performance tanto da avere una diminuzione dei ricoveri ospedalieri e la scelta di 1 cittadino su 4 di rivolgersi a strutture fuori Regione, con innalzamento del costo della mobilità passiva che genera povertà per le Regioni che pagano e ricchezza per quelle che ricevono.
Dalla radiografia della nuova griglia dei livelli minimi di assistenza disegnata dal ministero della Salute, che dovrebbe andare in vigore nel 2020, la Campania risulta tra le 12 Regioni che non raggiungeranno la sufficienza, restando insieme alle altre Regioni del Mezzogiorno nell’area critica per la perfomance dei Servizi sanitari regionali; ma i livelli di assistenza sanitari (Lea) hanno registrato un aumento negli ultimi 5 anni: sono aumentati con un crescendo costante dai 117 punti del 2012 ai 153 punti del 2017, e non sono dirimenti per la permanenza in regime commissariale.
Un altro anno di commissariamento significherà un aumento delle diseguaglianze regionali non solo sul piano sanitario, ma anche su quello del benessere cittadino. Su questi temi il Governo regionale dovrà poi misurarsi con trasparenza e competenza, perché la vera sfida non sta solo nel richiedere più risorse, ma nel dimostrare di essere virtuosi nella spesa a favore di migliori servizi e di più efficienti prestazioni di eccellenza.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Mattino
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