Una ricerca presentata al forum della salute di Firenze spiega in modo dettagliato cosa non funziona nel Servizio sanitario nazionale. Nei prossimi dieci anni serviranno 200 miliardi di euro per sostenerlo
FIRENZE – I numeri non di discutono e sono quelli che inchiodano gli sprechi in sanità. “Il 20 per cento di risorse, in tutti i sistemi industrializzati, viene sprecato”.
Una denuncia tutt’altro che campata per aria, ma contenuta nella ricerca condotta dalla fondazione Gimbe, presieduta da Nino Cartabellotta.
“Cosa significa sprecare risorse? Che l’investimento del denaro non produce nessun ritorno in termini di salute” dettaglia Cartabellotta. Il suo è un atto d’accusa, con toni moderati, certificato dai numeri che sono impietosi: nei prossimi dieci anni si saranno sprecati 250 miliardi di euro in sanità ed è in quel mare magnum che bisognerà intervenire per sostenere il Servizio sanitario nazionale.
Intanto si potrebbe incidere su quelle che Cartabellotta elenca come le 6 aree di spreco in sanità: il sovra utilizzo di prestazione; la corruzione che tra frodi e abusi costa circa 6 miliardi all’anno; gli acquisti a costi eccessivi sia di tecnologie sanitarie che per beni sanitari con una notevole differenza, a volte inspiegabile da regione a regione ma anche tra aziende sanitarie; il sotto utilizzo, la complessità amministrativa di un sistema troppo burocratizzato; il mancato coordinamento tra ospedale e territorio.
“Sovra e sotto utilizzo delle prestazioni – spiega Cartabellotta – sono facce della stessa medaglia e dipendono dall’offerta di servizi sul territorio. Faccio un esempio: se in alcune regioni del centro sud non esiste l’assistenza domiciliare o non ci sono gli hospice, i pazienti devono andare in ospedale”.
Ma, aggiunge il presidente della Fondazione Gimbe, anche i comportamenti professionali devono cambiare così come ci si scontra con le aspettative di cittadini e pazienti che chiedono troppe prestazioni. Di questo passo la sanità del futuro, almeno quella pubblica, rischia di essere spazzata via.
“Abbiamo stimato – spiega Cartabellotta – che nel 2025 serviranno al Servizio sanitario nazionale circa 200 miliardi di euro. Da dove li prendiamo? Lo Stato, nei prossimi dieci anni, dovrebbe dare uno – due miliardi l’anno mentre altri dieci – quindici miliardi potrebbero arrivare dalla sanità integrativa. La fetta più grossa – analizza Cartabellotta – dovrà arrivare da disinvestimenti e dagli sprechi”.
Quei 250 miliardi, in dieci anni, che sono una cifra mostruosa e dalla quale basterebbe risparmiare il 20 per cento, la percentuale oggi stimata per gli sprechi in sanità. Per Cartabellotta siamo di fronte ad un cocktail letale: “Il sotto finanziamento dello Stato e l’utilizzo inadeguato delle risorse”.
La via d’uscita?
“La politica deve rimettere al centro della propria agenda il rilancio del Servizio sanitario nazionale”.
Salvatore Petrarolo
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