La vertenza promossa dalla Uil Fpl Sanità in Cassazione
Trento. Secondo la Corte Suprema di Cassazione il tempo per indossare la divisa va retribuita. La sentenza emessa il 17 giugno scorso ha confermato la stessa della Corte d’appello del Tribunale di Trento condannando l’Apss al rimborso (circa 6.000 euro) delle spese legali e al risarcimento per circa 3.000 euro del tempo di lavoro impiegato nelle operazioni di vestizione e svestizione.
“Prima in via sindacale e poi invia giudiziaria la Uil ha sempre ritenuto doveroso il riconoscimento”, afferma il segretario pro vinciale di Uil Fpl sanità Giuseppe Varagone.
“Le indicazioni aziendali impongono il cambio sul luogo di lavoro ove sono disponibili le divise pulite e dove devono essere lasciate alla fine del tumo quelle usate. Per il sindacato il tempo impiegato per questa attività va remunerato, mentre l’Apss lo ha sempre negato”. In effetti, risale al 2011 la pronuncia di primo grado del Tribunale di Trento che riconosceva il cosiddetto «tempo tuta» e suggeriva alle due parti di raggiungere un accordo aziendale. Paradossalmente, però, all’epoca l’intesa non fu raggiunta perché non ci fu una convergenza tra le sigle sindacali.
L’ex segretario della Uil Fpl sanità Ettore Tabarelli decise così di ricorrere alla Corte d’appello che, con una sentenza del 2013, determinò come orario di lavoro il tempo necessario alla vestizione e alla svestizione della divisa aziendale. Ciononostante, l’ex direttore dell’Apss Luciano Flor presentò il ricorso per cassazione. Ma un paio di settimane fa la Corte suprema ha chiarito definitivamente che si tratta di «una palese e precisa definizione di una tipica imposizione di modalità comportamentali eteroimposte per imprescindibili esigenze datoriali». Così, dopo 8 anni, per tutti i dipendenti dell’Apss che per motivi di igiene devono indossare una divisa si concretizza la possibilità di aver riconosciuto il «tempo tuta» e si apre la possibilità di richiedere un risarcimento per i 5 anni pregressi, che potenzialmente ammonta a 13,5 milioni complessivi.
Ma naturalmente ora, a fronte di 500 dipendenti già pronti ad avviare una nuova causa, i dirigenti dell’Apss si siederanno a tavolino con maggiore accortezza. “Abbiamo già richiesto una riunione - spiega il segretario Giuseppe Varagone - ma non ci hanno ancora risposto. Chiederemo per tutti i dipendenti un pagamento una tantum”.
Redazione NurseTimes
Fonte: Corriere dell’Alto Adige Bolzano
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