Doveva essere un’operazione di routine. Si trasformò in un autentico calvario. Nel 2017 la negligenza dello staff sanitario costò la vita al 78enne Antonio Gigliola.
Antonio Gigliola, 78 anni, era entrato al Policlinico di Bari per un’operazione di routine per rimuovere i calcoli alla colicisti, ma non ne è uscito vivo. Davvero una brutta storia di malasanità, quella che arriva dal capoluogo pugliese, dove lo staff che eseguito l’intervento, risalente al 15 febbraio 2017, ha dimenticato una pinza nell’intestino dell’uomo. Ma non basta: durante una seconda operazione, eseguita sei giorni dopo (21 febbraio), i medici non si sono neppure accorti del “corpo estraneo, e solo un terzo intervento, il 25 febbraio, ha permesso di estrarlo.
Per il decesso del malcapitato paziente sono stati condannati a un anno, con sospensione della pena, il professore di Gastroenterologia e due infermieri, che avevano chiesto di essere giudicati con rito abbreviato. Il giudice ha contestualmente rinviato a giudizio il direttore della Chirurgia generale e una dottoressa. Sono tutti accusati di omicidio colposo.
L’inchiesta è nata dalla denuncia dei nipoti dell’anziano, che ha ricostruito le varie fasi della triste vicenda: dall’arrivo a Bari dall’ospedale di Ostuni – la famiglia è originaria di Ceglie Messapica – al calvario dopo la prima operazione, “in seguito alla quale accusava forti dolori e dai drenaggi usciva fluido verde scuro”. Nella querela si lamentava anche l’atteggiamento poco chiaro del personale sanitario e i ripetuti, inutili tentativi di avvicinare il primario per capire come mai le condizioni di salute del parente peggiorassero.
“Sono cose che possono succedere”, avrebbe detto un medico ai nipoti del paziente, che l’8 marzo 2017 fu sottoposto a una quarta operazione, poi trasferito in Rianimazione, e infine entrato in coma, per non svegliarsi più. Proprio mentre si trovava in Rianimazione, i famigliari erano riusciti a sapere che lo zio versava in shock settico a causa di pregressa setticemia e peritonite. Quest’ultima fu a sua volta causata dalla compressione della zona digiunale per via della prolungata applicazione della pinza. La presenza di quello strumento, a detta dei periti, è stata determinata dalla condotta negligente dei sanitari e ha assunto rilevanza nel determinare la morte del paziente.
Redazione Nurse Times
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