L’atrofia muscolare spinale (SMA), è una malattia genetica che colpisce un neonato ogni 6.000-10.000 nati. Ad oggi è la principale causa di mortalità infantile associata ad una malattia genetica. Ora un nuovo studio fa compiere passi avanti nella ricerca di questa malattia.
Il webinar “Atrofia muscolare spinale: Storia clinica e Rivoluzione terapeutica” ha discusso degli sviluppi della ricerca sulla Sma.
Il webinar è stato organizzato da FamiglieSma, in collaborazione con l’Osservatorio Malattie Rare e con il contributo non condizionato di Novartis Gene Therapies. Pharmastar.it ha fatto il punto dei temi trattati durante il webinar di cui anche Nurse Times aveva parlato.
Nella quasi totalità dei casi, la malattia è causata da mutazioni nel gene SMN1, che codifica per la proteina SMN (Survival Motor Neuron), essenziale per la sopravvivenza e il normale funzionamento dei motoneuroni. I pazienti affetti da SMA hanno un numero variabile di copie di un secondo gene, SMN2, che codifica per una forma accorciata della proteina SMN, dotata di una funzionalità ridotta rispetto alla proteina SMN completa (quella codificata dal gene SMN1 sano). Il numero di copie del gene SMN2 è quindi alla base della grande variabilità della patologia, con forme più o meno gravi e un ventaglio sintomatico molto ampio.
Un recente studio sull’atrofia muscolare spinale (SMA)
L’atrofia muscolare spinale (SMA), è una malattia genetica che colpisce un neonato ogni 6.000-10.000 nati. Ad oggi è la principale causa di mortalità infantile associata ad una malattia genetica. Ora un nuovo studio fa compiere passi avanti nella ricerca di questa malattia.
Infatti, uno studio europeo coordinato dall’Istituto di biofisica (Ibf) del Consiglio nazionale delle ricerche di Trento ha individuato un nuovo meccanismo che “blocca” il normale processo di formazione delle proteine in individui affetti da tale patologia.
La SMA, infatti, è causata dalla perdita o dalla mutazione del gene Smn1, che riduce i livelli di una proteina nota come Survival Motor Neuron (SMN) e provoca, fin dai primi mesi di vita, difetti nei motoneuroni e debolezza muscolare.
La ricerca, pubblicata su Nature Cell Biology, evidenzia il ruolo cruciale della proteina SMN nel regolare l’attività dei ribosomi, le “macchine molecolari” che producono proteine traducendo il messaggio codificato nell’RNA e proveniente dai geni, in un processo noto appunto come traduzione. Allo studio hanno partecipato anche ricercatori delle Università di Edimburgo, Utrecht, Trento, dell’Istituto Sloveno di Chimica edell’azienda biotech Immagina.
Le forme della atrofia muscolare spinale (SMA)
La forma di tipo 1 o malattia di Werdnig-Hoffman è la forma più grave, compare entro i 6 mesi di vita e compromette l’acquisizione delle capacità motorie, la respirazione e la deglutizione; in assenza di cure, questi bambini fin dai primi mesi di vita non perdono solo la capacità di movimento degli arti e del tronco, ma vanno incontro anche a problemi respiratori e di deglutizione.
In assenza di trattamenti, la sopravvivenza di questi bambini, nel 90% dei casi, non raggiunge i 20 mesi, con una condizione di declino costante e assenza di miglioramenti o anche solo di stabilizzazione.
“Il ritardo diagnostico è uno dei problemi maggiori di questa malattia” ha dichiarato Giuseppe Vita, U.O.C: di Neurologia e Malattie Neuromuscolari, Dipartimento di Neuroscienze, A.O.U. Policlinico “G. Martino”, Messina.
I pazienti con SMA di tipo 2 presentano, generalmente, un maggior numero di copie del gene SMN2, producono maggiori quantità di SMN e quindi presentano varianti meno severe della condizione. Questa forma compare tra i 6 e i 18 mesi di vita; il bambino è in grado di star seduto ma non di camminare.
La forma di tipo 3, o malattia di Kugelberg-Welander, compare di solito dopo i 12 mesi di vita (solitamente tra l’infanzia e l’adolescenza); in questo caso il bambino può arrivare a camminare senza ausili, anche se questa capacità spesso veniva persa durante l’adolescenza.
La SMA di tipo 4, infine, esordisce in età adulta e rappresenta, in assoluto, la forma meno grave di atrofia muscolare spinale.
Lo screening neonatale
Fondamentale la necessità di identificare precocemente questi bambini e trattarli il prima possibile, in modo da consentire uno sviluppo paragonabile a quello dei loro coetanei.
La diagnosi di SMA al momento si basa sulla storia e sull’esame clinico dei pazienti e può essere confermata tramite test genetici.
Una diagnosi precoce rende necessario uno screening di massa, perché solo in questo modo è possibile identificare i malati presintomatici.
Lo screening neonatale, a livello nazionale, viene effettuato per patologie per le quali esista una terapia, per consentire di sfruttare i vantaggi connessi a una terapia iniziata in maniera precoce.
Uno studio pilota è in corso in Italia, nelle regioni Toscana e Lazio. Attraverso questo progetto pilota, ancora in corso, sono stati identificati 11 neonati nel periodo settembre 2019/marzo 2020 su 45.000 neonati analizzati; la prevalenza della malattia è quindi probabilmente maggiore di quella che si ipotizzava, anche se non esistono studi specifici al riguardo.
“Con lo screening neonatale abbiamo identificato 11 bambini; la media sembra essere scesa da 1 malato ogni 6-10.000 bambini, come riportano i testi, a 1 ogni 4.000. Stiamo parlando di una malattia rara, che tanto rara non è” – ha dichiarato Daniela Lauro, past-President Famiglie SMA – “Le forme più gravi di SMA 1 probabilmente non sopravvivevano ai primi mesi di vita, prima ancora di essere identificate, e per questo l’incidenza potrebbe essere inferiore a quella che stiamo riscontrando tramite analisi di massa. Da tempo ci impegniamo per avere accesso allo screening su base nazionale e possiamo dire che ci sono tutti i tasselli per inserirla nelle patologie previste dallo scrrening neonatale obbligatorio, in quanto esiste in commercio una terapia, ha una rete di supporto sul territorio (come i centri clinici Nemo) e un test affidabile per effettuare lo screening stesso.”
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