E’ il primo in Italia a ricevere questo riconoscimento dal Cisq. Il dg Casazza: “Un traguardo che evidenzia la validità del modello”.
A meno di un anno dall’avvio ufficiale il servizio dell’infermiere di famiglia e comunità (IdFC) dell’Asst Monza ottiene la Certificazine di qualità. E’ il primo non solo in Lombardia, ma in tutta Italia ad aver ricevuto questo riconoscimento da parte del Cisq, la Federazione italiana di organismi di certificazione dei sistemi di gestione aziendale.
L’attività di chi riveste il ruolo di collegamento tra la persona assistita e la sua famiglia, in sinergia con il medico di medicina generale e gli operatori della rete ospedaliera e territoriale, si svolge nel contesto di vita quotidiana della persona presa in carico e comprende l’attuazione di interventi personalizzati, il rafforzamento dell’aderenza terapeutica e il monitoraggio dello stato di salute mediante visite domiciliari, cercando così di evitare il ricorso improprio al pronto soccorso o a nuovi ricoveri.
Questo nuovo servizio, destinato ai cittadini residenti nell’ambito di competenza dell’Asst Monza (Monza, Brugherio, Villasanta), è attivo anche nell’hotspot per l’attività ambulatoriale dei pazienti Covid, e in questo momento anche per visite, tamponi e vaccinazioni dei profughi ucraini. Dalla data di avvio del Servizio IdFC (23 marzo del 2021) a oggi l’attività ha registrato 371 pazienti valutati e 311 pazienti attualmente in carico.
Come funziona il servizio – L’IdFC viene attivato dal medico di medicina generale e a opera dei Servizi sanitari territoriali. Non sono escluse le segnalazioni provenienti dai Servizi sociali con una partenza, quindi, dal livello territoriale. Il paziente che accede ai servizi dell’Asst viene segnalato all’IdFC direttamente dai reparti di degenza ospedaliera e dal personale degli ambulatori specialistici ospedalieri, quando presenti situazioni di fragilità e/o cronicità per i quali si renda opportuna l’attivazione di questa nuova figura per garantire la continuità assistenziale al domicilio.
Pertanto una prima valutazione da parte dell’IdFC avviene già in reparto e dà quindi avvio a una presa in carico dell’assistito, nel suo contesto di vita quotidiana. Il medico di medicina generale viene contattato dall’IdFC per offrirgli la collaborazione nella gestione del caso. Successivamente viene effettuata dall’IdFC un’altra valutazione al domicilio attraverso un colloquio conoscitivo anche della sua rete familiare a seguito del quale vengono identificati gli interventi più appropriati.
“Questo nuovo modello assistenziale di tipo infermieristico – specifica il direttore generale Silvano Casazza – ha avuto grande importanza nel contesto della grave emergenza sanitaria causata dal Covid, con la necessità di un’assistenza a domicilio soprattutto delle persone fragili e con cronicità. E ora prosegue in modo stabile, sempre a favore di questa fascia di popolazione. Gli IdFC possono così esercitare la professione sul territorio, in una delle sue forme più avanzate e moderne. Questo nuovo modello organizzativo, che ha evidenziato l’importanza delle cure primarie territoriali, ci ha fatto raggiungere il traguardo della Certificazione di qualità, mettendo in evidenza la validità del modello”.
“Esprimo il mio sentito apprezzamento all’Asst Monza e agli operatori impegnati in questa esperienza, che ha portato a risultati positivi in così poco tempo – commenta la vicepresidente e assessore al Welfare di Regione Lombardia, Letizia Moratti –. La certificazione di qualità conseguita dal servizio conferma che l’infermiere di famiglia e comunità rappresenta concretamente e giustificatamente uno dei perni portanti del potenziamento della nostra sanità territoriale. Il risultato dell’Asst Monza e dei suoi professionisti va ad aggiungersi al positivo riscontro che sto raccogliendo nelle case di comunità proprio dalle persone impegnate in questa esperienza. Un’attività che coniuga al meglio le potenzialità della casa come primo luogo di cura e dei presidi delle nostre Asst, esaltando non solo la professionalità dei nostri infermieri, ma anche le loro capacità umane di relazionarsi coi pazienti”.
Redazione Nurse Times
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