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Assistente infermiere, Sposato (Opi Cosenza): “Ben venga, ma con opportuni paletti”. E sulla prescrizione infermieristica: “Medici temono lesa maestà”

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Fuga di infermieri all'estero, Sposato (Opi Cosenza): "Trend destinato ad aggravarsi. I professionisti vanno valorizzati"
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Assistente infermiere, prescrizione infermieristica e nuove lauree magistrali per infermieri. Sono le novità che tengono banco da qualche settimana a questa parte, dividendo gi addetti ai lavori. Nel relativo dibattito si inserisce l’autorevole voce di Fausto Sposato, presidente di Opi Cosenza, da noi contattato per un parere in merito.

Partiamo dal tema dell’assistente infermiere. “Cambia la nomenclatura, ma si tratta di una figura che di fatto già esisteva – esordisce Sposato -. Fatico quindi a capire perché qualcuno si sorprenda, o addirittura si scandalizzi, per la sua introduzione. La questione sulla quale, a mio parere, si deve porre l’accento è semmai quella del rapporto numerico tra infermieri e assistenti infermieri, che deve essere equilibrato. Se così sarà, ben venga il ‘nuovo’ profilo. Guai, invece, se dall’ingresso di assistenti infermieri derivasse una riduzione del numero di infermieri, poiché si comprometterebbe la qualità dell’assistenza. Insomma, sono favorevole, ma con gli opportuni paletti”.

C’è quindi il rischio che nel lungo periodo gli assistenti infermieri finiscano per superare numericamente, se non per soppiantare, gli infermieri? “È un rischio concreto – argomenta il presidente di Opi Cosenza -, perché molti giovani, anziché affrontare il lungo e impegnativo percorso di studi per diventare infermiere, potrebbero scegliere la ‘scorciatoia’ che porta a diventare assistente infermiere. Tanto più che la differenza di retribuzione tra le due figure non è poi così marcata. Di qui la necessità di un giusto riconoscimento professionale per gli infermieri in sede di rinnovo del Ccnl. Anche sul piano economico”.

Tornando alla nomenclatura, in tanti sono infastiditi dalla scelta di utilizzare il termine “infermiere” per definire un operatore che infermiere non è. Ricordiamo, infatti, che l’assistente infermiere è, di base, un operatore socio-sanitario (oss). “Personalmente – spiega Sposato – credo che questa denominazione ci possa stare, perché sottintende la leadership dell’infermiere rispetto a chi lo assiste. Come dire: l’infermiere è la mente, l’assistente infermiere è il braccio. Piuttosto è importante che gli infermieri si tengano stretta la propria leadership, comprendendo che hanno la facoltà di attribuire compiti, non di delegarli. Una differenza che molti colleghi, purtroppo, non comprendono”.

E veniamo alla prescrizione infermieristica. Un’innovazione che non va giù ai medici. Per presidente di Opi Cosenza una precisazione è d’obbligo: “Partiamo dal presupposto che pure in questo caso parliamo di innovazione fino a un certo punto, giacché la possibilità per gli infermieri di prescrivere determinati presidi esiste da tempo e deriva dalle elevate competenze acquisite durante il percorso di studi. Non c’è nessun rischio per i pazienti. Quale danno può fare, per esempio, l’infermiere che prescrive un ago da insulina? Non si tratta di prescrizione farmacologica, che resta saldamente in capo al medico”.

Per quale motivo, allora, i medici vedono minacciata la propria sfera di competenze esclusive? “Purtroppo in Italia la sanità è ospedalocentrica e medicocentrica – risponde Sposato -. Il rifiuto della prescrizione infermieristica è frutto di un retaggio culturale che porta soprattutto i giovani medici a temere la lesa maestà. Sorge il dubbio, però, che dietro questo atteggiamento si celino interessi di natura non prettamente professionale. Io credo che si dovrebbe riconoscere pari dignità tra assistenza e medicina. Perché il paziente non sarà in grado di contestare la qualità delle cure, ma sa benissimo se riceve un’assistenza di qualità oppure no”.

Aggiunge il presidente di Opi Cosenza: “Si parla tanto di ospedali in affanno, di medicina del territorio, ma poi ci si arrocca su posizioni che non aiutano a risolvere i problemi. In Calabria, per esempio, esistono realtà geografiche difficili da raggiungere, paesini isolati e, per giunta, con una popolazione prevalentemente anziana. In questi posti manca la guardia medica. Non si può mica chiedere al nonnino con un piccolo problema di salute di andare a curarsi nella città più vicina, che magari così vicina non è. Per questo ho lanciato una proposta: istituire la guardia infermieristica laddove non c’è la guardia medica. Un infermiere, infatti, può benissimo prescrivere cure non farmacologiche al posto del medico di guardia. È così che si risolvono i problemi”.

Postilla dedicata alle nuove lauree magistrali a indirizzo clinico per infermieri. Si tratta di tre specializzazioni: cure primarie e sanità pubblica, cure pediatriche e neonatali, cure intensive e nell’emergenza. Anche di fronte a questa novità i medici hanno storto il naso. Sposato liquida la questione con poche parole: “Le nuove aree specialistiche rientrano nell’ulteriore evoluzione della professione infermieristica che io auspico. Bene, quindi, la loro introduzione. Anzi, ne andrebbero aggiunte altre”.

Redazione Nurse Times

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