“Ben venga l’apertura e l’apprezzamento di tutti i professionisti della Fnopi in relazione all’arrivo dei 10mila infermieri indiani previsti dal protocollo di intesa voluto dal ministro Schillaci”. Esordisce così il professor Foad Aodi (foto), presidente di Amsi, Umem e del movimento internazionale Uniti per Unire, commentando le dichiarazioni recenti della Fnopi.
“Non possiamo che respingere al mittente tutte le dichiarazioni fuori luogo nei confronti dei professionisti di origine straniera”, prosegue Aodi, sottolineando l’importanza di una visione politica e strategica ampia che affronti le sfide del settore sanitario con soluzioni sistemiche e bilanciate.
Amsi combatte in particolare la discriminazione verso i professionisti stranieri, sia quelli che già stabilmente lavorano in Italia, sia quelli che devono arrivare, verso i quali è profondamente sbagliato assumere un atteggiamento negativo e ostativo.
“Certo vanno adeguatamente formati e abilitati – continua Aodi -, sia dal punto di vista linguistico che del complesso alveo di regole che caratterizza il nostro sistema sanitario. Ma non possono essere considerati né come un ostacolo, né come una scelta tappabuchi, essendo in grado, se messi nella condizione, di offrire un grande contributo per sanare la carenza di professionisti delle nostre regioni da Nord a Sud”.
Il modello dei “due binari” per il rilancio del sistema sanitario
Dal 2000 Amsi promuove una “politica dei due binari” per rispondere alla crescente crisi del sistema sanitario: “Da una parte, sistemare e inserire i professionisti della sanità italiani e di origine straniera, richiedendo concorsi per tutti medici di origine straniera senza obbligo della cittadinanza italiana; dall’altra parte, programmare con precisione l’ingresso di professionisti dall’estero per soddisfare il fabbisogno nazionale”. Questa strategia, afferma Aodi, è fondamentale per contrastare l’emorragia di talenti che affligge il sistema sanitario, causata da condizioni di lavoro difficili, retribuzioni insufficienti e discriminazioni.
Il contributo degli operatori sanitari stranieri e il Decreto Cura Italia
“Dal 1° gennaio a oggi, più di 2.430 dipartimenti, strutture e servizi non sono stati chiusi grazie all’impegno dei professionisti della sanità di origine straniera, dal Nord al Sud”, ha spiegato Aodi, illustrando il ruolo cruciale degli operatori sanitari di origine straniera, nel mantenere in funzione il sistema sanitario italiano.
Aodi ha inoltre discusso del valore del Decreto Cura Italia (articolo 13), che ha permesso l’inserimento straordinario di professionisti esteri: “Siamo in contatto con molte regioni e sia il settore pubblico sia quello privato segnalano un inserimento positivo, con verifiche accurate delle lauree e delle competenze linguistiche. Tuttavia, persistono ancora problematiche legate al riconoscimento delle qualifiche e al permesso di soggiorno per motivi di lavoro, oltre alle sfide assicurative e del Ecm”.
Rischi e appelli per il futuro
“Se il Decreto Cura Italia dovesse scadere il 31 dicembre 2025, molte strutture rischierebbero di chiudere – ha detto Aodi -. Per questo, chiediamo già ora al Ministro di supportare una politica che affronti le criticità e ne proponga la risoluzione: dalla depenalizzazione degli errori medici, agli incentivi fiscali, alla protezione contro la medicina difensiva e le aggressioni al personale sanitario”.
Un messaggio per le istituzioni e i rappresentanti di categoria
Aodi ha rivolto un appello a tutti i sindacati, agli ordini professionali e alle Regioni: “Collaborare insieme è essenziale per l’interesse della sanità e non per portare avanti azioni individuali che servono solo a specifiche categorie. Dobbiamo lavorare per un obiettivo comune, quello di un sistema sanitario pubblico forte e capace di rispondere ai bisogni della popolazione”.
Statistica e impatto degli operatori stranieri
Amsi e Uniti per Unire hanno raccolto dati significativi che mostrano il contributo dei professionisti della sanità di origine straniera (con o senza cittadinanza italiana provenienti da tutti i continenti ): 105.633 operatori lavorano oggi in Italia, tra cui 40.633 medici e 36.400 infermieri, con una crescente richiesta che nel 2023-2024 ha visto un incremento del 35%. Tuttavia, aumentano anche le discriminazioni, con un +30% di episodi riportati. “È cruciale distinguere tra chi lavora con piena qualifica da anni e chi opera sotto disposizioni straordinarie, per non mettere a rischio un’integrazione essenziale al buon funzionamento del sistema”.
Difficoltà e cause
Quasi il 20% dei medici e professionisti della sanità rinuncia a fare il riconoscimento del titolo o a rimanere in Italia per le difficoltà dell’inserimento nel mondo del lavoro all’interno del nostro Paese. Tre le cause di queste rinunce, che sfociano nell’abbandono del nostro sistema sanitario, al primo posto c’è il mancato il riconoscimento del titolo, al secondo la mancanza di applicazioni del Decreto Cura Italia, al terzo gli ostacoli legati a ricevere il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, e ancora i problemi legati alla residenza e alle abitazioni. Senza dimenticare l’impossibilità di sostenere concorsi senza la cittadinanza italiana. E poi naturalmente la discriminazione in aumento.
Conclusione
“Noi, dal 2000 con Amsi e dal 2012 con Uniti per Unire, continuiamo a lavorare per una sanità inclusiva e bilanciata – ha spiegato Aodi -. Difendiamo i diritti di tutti i professionisti senza distinzioni, perché solo uniti possiamo garantire un futuro stabile e sostenibile per la sanità italiana. L’Amsi, inizialmente nata come associazione di medici di origine straniera, si è evoluta per rappresentare tutti i professionisti della sanità. L’organizzazione include 15 commissioni, ognuna dedicata a una specifica professione sanitaria”.
E ancoira: “L’Amsi è unica in Italia e in Europa per la sua capacità di rappresentare e parlare a nome di tutti i professionisti della sanità. Attualmente collabora con 62 associazioni mediche e sanitarie e Comunità provenienti da diversi paesi. Inoltre l’Amsi è socio fondatore dell’Umem, sottolineando il suo impegno nel costruire una rete internazionale di cooperazione nel settore sanitario”.
RIEPILOGO STATISTICHE AMSI PROFESSIONISTI SANITARI DI ORIGINE STRANIERA
Oggi si calcola che i professionisti sanitari di origine straniera in Italia sono oltre 105.633 mila. Di questi possediamo esattamente ruoli e incarichi.
- 40.633 sono medici (di cui 7 mila secondo il decreto cura Italia)
- 36.400 mila sono infermieri (di cui alcune migliaia secondo il decreto cura Italia)
- 7.800 mila sono odontoiatri
- 7.700mila sono fisioterapisti
- 7.550 mila sono farmacisti
- 4.200 sono psicologi
Il resto sono podologi, dietisti e logopedisti, oculisti, veterinari, biologici, ostetriche, psicologi.
– Infermieri. Quelli indiani che già lavorano nelle strutture sanitarie italiane risultano oltre 1800. Gli infermieri stranieri più numerosi sono quelli rumeni, circa 12mila, seguiti dai polacchi (2000), dagli albanesi (1848) e da peruviani (1500).
– Aumentata la richiesta di medici, infermieri e fisioterapisti del 35% da parte delle strutture pubbliche e private maggiormente dalla Sicilia, Sardegna, Veneto, Lombardia, Umbria, Lazio, Calabria, Puglia, Molise.
– Aumentato del 30% l’arrivo dei professionisti della salute di origine straniera per lavorare in Italia sia tramite la modalità di riconoscimento dei titoli ordinaria o straordinaria (Decreto Cura Italia articolo 13 e Decreto medici ucraini) maggiormente dai paesi dell’America del nord, America del Sud, Paesi arabi ed Asia.
– Aumentate del 30% le discriminazioni ed i pregiudizi nei confronti dei professionisti della sanità di origine straniera facendo confusione tra chi è laureato in Italia ed esercita da tanti anni e chi esercita in base a Decreto Cura Italia o Decreto Ucraina”. Da notare come sia “diminuito del 50% dell’arrivo degli studenti stranieri per studiare in Italia”, conclude Aodi.
Redazione Nurse Times
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