Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa del sindacato Nursing Up.
Nel mondo, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), tra l’8% e il 38% dei professionisti sanitari subisce almeno un episodio di violenza fisica durante la carriera. La European Federation of Nurses Associations (EFN) stima che gli infermieri corrano un rischio fino a 16 volte superiore rispetto ad altri lavoratori, con un incremento costante negli ultimi cinque anni.
In Europa, mediamente, un infermiere su cinque riferisce di essere stato vittima di aggressioni fisiche o verbali negli ultimi dodici mesi, con i picchi più alti registrati in Italia, Regno Unito e Francia. Oltreoceano, negli Stati Uniti, quasi la metà di tutti gli episodi di violenza sul lavoro avviene nel settore sanitario, mentre in Canada nove infermieri su dieci dichiarano di aver subito minacce o insulti nel corso dell’ultimo anno. Un trend globale che, purtroppo, in Italia assume le dimensioni di una vera emergenza nazionale.
L’ITALIA GUIDA LA CLASSIFICA EUROPEA DELLA VIOLENZA CONTRO GLI INFERMIERI
Con oltre 125mila aggressioni l’anno, tra episodi denunciati (circa 5mila) e una stima di oltre 120mila casi sommersi, l’Italia risulta tra i Paesi europei con la più alta incidenza di violenze contro gli infermieri in rapporto al numero di professionisti. Su una forza lavoro di circa 460mila infermieri, significa che un professionista su quattro subisce almeno un episodio di violenza fisica o verbale ogni anno. Nessun altro sistema sanitario europeo presenta un’incidenza tanto elevata. I numeri degli altri Paesi sono più elevati, ma è anche la popolazione infermieristica che è superiore. Perciò la nostra media è tra le peggiori in assoluto.
CONFRONTO INTERNAZIONALE: IN ITALIA LA PERCENTUALE PIÙ ALTA DI VITTIME
• Italia (460mila infermieri): 5mila denunce ufficiali in media ogni anno di aggressioni agli infermieri, ma un sommerso di ben 120mila casi. Calcolando il numero totale di infermieri l’incidenza aggressioni è del 27-28%.
• Regno Unito (850mila infermieri): 74 mila denunce nel 2024 (NHS), pari a circa un operatore su sette. Anche stimando il sommerso, l’incidenza complessiva non supera il 15% del personale, rispetto al numero di professionisti.
• Francia (843mila infermieri circa): oltre 24 mila casi ufficiali nel 2024 (+60% in cinque anni), con una stima totale attorno al 12% della forza infermieristica, rispetto al numero di professionisti
• Germania (1milione e 300mila infermieri): 38 mila aggressioni denunciate ogni anno, per un’incidenza stimata tra il 10 e il 12% anche includendo il sommerso.
• Paesi Bassi (430 mila infermieri) – Circa 15 mila denunce ufficiali l’anno, ma secondo le stime della European Federation of Nurses Associations almeno la metà delle aggressioni non viene segnalata. L’incidenza reale sale così a circa il 7% del personale, valore comunque inferiore a quello italiano e britannico.
• Canada (615mila infermieri iscritti agli albi): nove infermieri su dieci riferiscono di aver subito minacce o aggressioni, ma la maggioranza riguarda episodi verbali.
• Stati Uniti (6 milioni di infermieri): quasi la metà di tutte le violenze sul lavoro colpisce operatori sanitari, ma la popolazione infermieristica è dieci volte più ampia di quella italiana.
Risultato: in proporzione al numero di operatori e di accessi ospedalieri, l’Italia è oggi il Paese europeo con il più alto tasso di aggressioni verso gli infermieri.
IL SOMMERSO: LA PARTE INVISIBILE DELLA VIOLENZA
Dietro i numeri ufficiali si nasconde una realtà ancora più ampia e preoccupante. In Europa, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e la Federazione Europea degli Infermieri (EFN), solo un terzo delle aggressioni viene effettivamente denunciato. Ciò significa che tra il 60% e il 70% dei casi resta sommerso, non registrato nei dati ministeriali né nei sistemi ospedalieri.
Le cause sono molteplici: paura di ripercussioni, sfiducia nella tutela legale, assenza di protocolli uniformi di segnalazione e il peso psicologico di rivivere episodi traumatici. Nei Paesi del Nord Europa la quota di sommerso si aggira tra il 40% e il 50%, mentre nell’Europa continentale (Francia, Germania, Belgio) sale intorno al 60–70%. Nei Paesi mediterranei – Italia, Spagna, Grecia – può raggiungere punte superiori all’80–90%, a causa della minore propensione alla denuncia e della mancanza di tutele effettive sul posto di lavoro.
In Italia, soltanto un episodio su venticinque viene denunciato. È su questo divario tra casi ufficiali e reali che si basa la nostra analisi comparativa internazionale: abbiamo rapportato il numero di aggressioni denunciate al totale degli infermieri attivi in ciascun Paese e applicato, secondo le evidenze OMS ed EFN, un coefficiente di sommerso calibrato per area geografica (più basso nei Paesi nordici e anglosassoni, più elevato in quelli mediterranei).
Così, le circa 5 mila segnalazioni annue in Italia si traducono, una volta considerato il sommerso, in oltre 120 mila aggressioni reali. L’incidenza effettiva, pari al 27–28% del personale infermieristico, è quindi la più alta d’Europa e tra le più elevate al mondo. Un dato che fotografa un sistema sanitario in cui chi cura è sempre più spesso vittima di violenza, verbale o fisica, e in cui la sicurezza del lavoro resta affidata quasi solo alla buona volontà degli operatori.
“PRONTO SOCCORSO COME TRINCEE”
“Siamo davvero al limite – denuncia Antonio De Palma, presidente del sindacato Nursing Up –. I pronto soccorso italiani sono diventati trincee. I governi di ogni colore hanno ignorato il problema o si sono limitati a leggi spot. Senza più personale, senza filtri territoriali, la rabbia dei cittadini esplode sui nostri operatori. Ogni aggressione è un segnale d’allarme: quando si colpisce un infermiere, si ferisce la sanità pubblica intera”.
Le leggi varate dopo gli episodi più gravi hanno introdotto aggravanti penali e sperimentato le bodycam negli ospedali, ma gli infermieri restano abbandonati a se stessi, spesso costretti a lavorare senza vigilanza fissa e senza protocolli operativi uniformi. Il risultato è un sistema che ha spostato l’attenzione dal problema reale – la mancanza di personale, la tensione dei reparti e l’assenza di filtri territoriali – a soluzioni simboliche. In molti pronto soccorso si è arrivati a armi nelle corsie, vetrate antiproiettile e minacce di morte contro gli operatori. Un’emergenza che richiede una risposta strutturale e non più propagandistica.
LE RESPONSABILITÀ DELLA POLITICA
Negli ultimi dieci anni la politica ha affrontato il tema solo con interventi emergenziali: inasprimento delle pene, protocolli mai attuati, campagne sporadiche. Ma la radice del problema è rimasta intatta: carenza di organici, turni massacranti, carichi di lavoro esplosivi e un sistema territoriale collassato. ”Non bastano le leggi simboliche – ribadisce De Palma –. Servono misure vere di prevenzione e sicurezza. Gli infermieri non chiedono protezione speciale, chiedono rispetto e condizioni di lavoro dignitose”.
LE PROPOSTE DI NURSING UP
- Registro nazionale obbligatorio delle aggressioni, con analisi per reparto.
- Presidi di sicurezza permanenti nei pronto soccorso.
- Formazione obbligatoria per il personale su tecniche di de-escalation.
- Campagna pubblica per il rispetto verso chi cura.
- Piano straordinario per almeno 65mila nuove assunzioni (a fronte di una carenza di 175mila infermieri in base agli standard europei).
- Premi di ingaggio, per favorire l’inversione del fenomeno delle migrazioni professionali verso l’estero, e per sollecitare gli infermieri italiani espatriati a tornare a casa loro.
Redazione Nurse Times
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