UDITE UDITE…!!! la notizia del secolo o forse del millennio, il codice deontologico infermieristico sarà finalmente rivisto dalla FNC IPASVI in collaborazione con i collegi provinciali, un percorso non privo di ostacoli ma forse questa volta, nella direzione giusta.
A quanto pare le rimostranze di alcuni collegi provinciali in primis quello diretto dal “masaniello” Emiliano Carlotti presidente del collegio di Pisa e di moltissimi, se non la stragrande maggioranza degli infermieri Italiani, ha portato ad una presa di coscienza la FNC la quale, sta valutando l’ipotesi di rivedere l’impianto di tutto il CDI e soprattutto del famigerato art.49.
La notizia non può che compiacerci ovviamente e trovarci concordi, finalmente anche la FNC si è resa conto che forse il CDI così per come era stato elaborato era obsoleto, antiquato e soprattutto non cogente con lo sviluppo della professionalità e delle competenze.
D’altronde sono almeno tre anni che andiamo sbandierando ai quattro venti che poco ci azzeccano le competenze avanzate e lo sviluppo della professione anche dal punto di vista didattico con l’inveterato e vetusto CDI, un’antinomia che si era manifestata in tutta la sua veemenza con la sentenza del tribunale di Roma sui ROT (sentenza per altro impugnabile in fatto e in diritto) che aveva aperto un solco tra la capacità demansionante dell’art. 49 e la relativa giurisprudenza, per altro quasi univoca, riguardo al demansionamento dell’infermiere in tutte le aziende sanitarie della penisola Italiota. Un solco che con la decisione intelligente della FNC di modificare in melius (si spera) il CDI, forse, e dico forse, colmerà una lacuna che da ben 8 anni sta seminando tempesta in tutta la comunità infermieristica.
Si spera che a seguito di questa modifica, si proceda poi a spasso spedito unitamente ad altre realtà come l’AADI contro una delle piaghe più ignominiose ed avvilenti che la comunità infermieristica vive da decenni.
Il demansionamento è un fenomeno che sta fagocitando ogni realtà aziendale sia essa pubblica sia essa convenzionata, territoriale o universitaria, è il primo dei problemi che la comunità infermieristica vive ogni giorno ancor prima della retribuzione ridicola e del problema delle offerte di lavoro, è al primo posto perché quand’anche si trovasse un solo posto di lavoro è quasi certo che l’attività di quell’infermiere sarà demansionata e sarà costretto a fare mansioni non di sua pertinenza. Non solo quindi sfruttamento datoriale dovuto all’abuso delle cooperative che oramai servono il 90% delle strutture sanitarie private e abbondantemente il 70% di quelle pubbliche, ma anche e soprattutto una realtà di sottopagati per fare attività non congrue e non pertinenti, con contratti da generico o da facchino, con ore dichiarate che non corrispondono o corrispondono solo in parte a quello stabilito contrattualmente e dove questo non sia presente, ci sarà sicuramente un utilizzo improprio di quelle competenze professionali.
Non si pensi che questa sia una realtà che riguarda solo le strutture convenzionate o private, ma è oramai trasversale, da nord a sud ha completamente ricoperto tutta la nostra penisola.
È cronaca di questi giorni di una collega di un importante ospedale romano che ha subito una contestazione disciplinare (difesa da noi) poiché aveva dimenticato di sostituire la medicazione perché costretta a mettere in primo piano le esigenze igienico-domestico-alberghiere del paziente che aveva necessità fisiologiche da soddisfare. Dimenticanza che ha prodotto solo danni lievi e fortunatamente risolti in tempi brevi, ma che ci mettono in allarme perché ci fanno capire che non è più solo una questione di dignità professionale, di giusta considerazione, di riconoscimento dei ruoli e della figura, ma è oramai un problema di sicurezza delle attività assistenziali, di attenzione e di appropriatezza delle cure, dover tralasciare attività fondamentali e importanti per fare cose che non ci competono (pur comprendendo che il paziente ne ha impellente bisogno), possono portare a potenziali danni da dimenticanza o da scarsa attenzione, se invece quelle attività fossero svolte dal personale di supporto appositamente assunto, questo non accadrebbe e si potrebbe lavorare con serenità ed attenzione.
Non è certo un caso isolato, sono innumerevoli oramai gli episodi di questo tipo dovuti a disattenzione professionale e a scarsa organizzazione datoriale, ogni figura deve poter svolgere le proprie mansioni e le proprie competenze senza sovrapposizioni e conflitti.
Ci auguriamo quindi, che la notizia della modifica del CDI sia seguita da fatti reali e concreti, necessari ormai, in tempi come questi di estrema confusione e di soppressione dei diritti dei lavoratori. Saremo ben lieti se mai ci venisse richiesto, di supportare questo cambiamento, anche attraverso il nostro supporto e la nostra conoscenza del diritto, quando il fine e lo scopo coincidono, ossia vanno nella medesima direzione dell’emancipazione professionale, riteniamo sterile e superfluo schierarsi o contrapporsi a prescindere.
Sarebbe anche l’occasione per portare avanti il cambiamento per altro già previsto, della trasformazione dei collegi in ordini professionali, con la conseguente cessazione dell’esclusività del rapporto di lavoro nei confronti delle aziende, implementando così l’attività libero professionale anche per gli infermieri, ce lo auguriamo.
Il Vice Presidente AADI
Carlo Pisaniello
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