La ricerca sul cancro è in perenne fermento. L’ultima scoperta è tutta italiana. Un team di scienziati made in Italy dell’Istituto di Candiolo, in provincia di Torino, ha scoperto un nuovo farmaco, il PLX4720, che potrebbe, a dir poco, rivoluzionare le cure utilizzate contro il tumore.
Coordinati da Alberto Bardelli, Direttore del Laboratorio di Genetica Molecolare e Federico Bussolino, Direttore Scientifico della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, gli scienziati – come quanto riportato su un articolo online apparso su notixweb a cura di Marina Ranucci – hanno sperimentato un farmaco in grado di contrastare direttamente le sole cellule tumorali e, di frenare la riproduzione di altre cellule malate.
Una vera e propria innovazione nella cura del carcinoma visto che, attualmente, i metodi chemioterapici utilizzati colpiscono tutte le cellule dell’organismo, anche sane e non solo quelle maligne.
In particolare, lo studio pubblicato su Proceedings of National Academy of Sciences (Pnas) e, portato avanti dai ricercatori italiani, ha analizzato la mutazione di un gene, chiamato BRAF, responsabile della proliferazione incontrollata di alcuni tipi di cancro ed esaminato inoltre, i risultati di un farmaco il PLX4720, il cui uso è legale negli Stati Uniti, ma non ancora in Europa. Il farmaco avrebbe la straordinaria capacità di colpire direttamente le sole cellule tumorali ed evitarne il riformarsi.
Le sperimentazioni finora effettuate per la cura del melanoma hanno dato risultati soddisfacenti e la terapia a bersaglio molecolare, in futuro, potrebbe divenire la strada da percorrere nella lotta contro il cancro.
“Si è accertato – spiegano Alberto Bardelli e Federico Bussolino – che il PLX4720 non solo agisce sulla cellula tumorale bloccandone la crescita, ma ha anche un effetto inatteso sul sistema vascolare del tumore.
Questo eccezionale farmaco – continuano i ricercatori – migliora la perfusione ematica del tumore e l’ossigenazione con due conseguenze: facilitare l’arrivo di altri farmaci al tumore, consentendo di ridurre le dosi di chemioterapici utilizzati nel trattamento, e migliorare l’ossigenazione del tessuto riducendo l’ipossia, appunto la mancanza di ossigeno, solitamente causa della maggiore aggressività della malattia e della comparsa di metastasi. Questa scoperta rivoluziona le prospettive delle attuali terapie antiangiogenetiche, utilizzate ampiamente nel trattamento di molti tumori solidi, dimostrando che è possibile intervenire sull’angiogenesi tumorale non solo inibendola, ma anche cambiando e migliorando le caratteristiche funzionali del sistema vascolare del tumore.
Questa scoperta – concludono Bardelli e Bussolino – è un’ulteriore tappa nella lotta contro il cancro, che si sta globalizzando e allarga il fronte, avendo compreso la necessità di studiare e colpire le vie di comunicazione tra la cellula tumorale ed il microambiente che la circonda. Infatti, il destino di un tumore verso una veloce progressione, o nel permanere in uno stato di quiescenza, dipende sia dalle caratteristiche genetiche della cellula neoplastica sia dalle molecole e dei vasi sanguigni che circondano il tumore”.
Insomma agendo direttamente sulle cellule malate e bloccandone la riproduzione si riuscirebbero a stroncare velocemente i tumori. La speranza, come accade sempre a seguito di nuove scoperte in campo medico, è che i nuovi farmaci riescano ad essere utilizzati concretamente quanto prima e non rimanere solamente allo stato di ricerca.
Scupola Giovanni Maria
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