Il passaggio dall’ora solare a quella legale, in vigore stabilmente dal 1967, offre indiscutibilmente dei notevoli vantaggi economici, come riporta in modo piuttosto esaustivo una tabella pubblicata dall’Agenzia ANSA relativa al solo mese di ottobre.
Eppure, secondo molti studi scientifici, gli effetti di questo cambio di orario avrebbero delle ripercussioni importanti sul nostro organismo, tanto quanto un vero e proprio jet lag. Che colpisce soprattutto anziani e bambini, causandogli sintomi che non sempre sono da sottovalutare.
Per questo motivo la Commissione europea, i cui tecnici sono al lavoro per analizzare le diverse ricerche sugli effetti dell’ora legale, si è detta favorevole ad abolire lo spostamento delle lancette degli orologi dopo che 4.6 milioni di cittadini dell’Unione Europea si sono espressi (tramite un sondaggio) sul quesito ‘ora legale si o no’ con un netto plebiscito a favore dell’abolizione: ben l’84% ha votato per lo stop! Numeri impossibili da ignorare e che hanno portato il Presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, a affermare un risolutore: “La gente lo vuole e noi lo faremo”.
Analizzando a dovere gli effetti che questo ciclico obbligo di adeguarsi al nuovo orario causa al nostro corpo, vediamo di capire insieme i vantaggi e gli svantaggi a cui andremmo incontro.
Il primo aspetto a essere pesantemente intaccato da questo ‘salto nel tempo’ che proviamo a tollerare praticamente da sempre, è senza dubbio il ritmo sonno-veglia, ovvero il nostro orologio biologico interno, che si regola automaticamente in base all’alternanza luce-buio.
La melatonina, ormone prodotto quando vi è assenza di luce e che favorisce il sonno, svolge un ruolo fondamentale in questo graduale e non sempre facilissimo adattamento: ci vuole un po’ di tempo, infatti, per ‘convincere’ la ghiandola pineale (o epifisi) che l’orario è cambiato e che perciò deve sintetizzarla con 60 minuti di ritardo o di anticipo.
Ne deriva uno scombussolamento, dove il nostro organismo si ritrova ‘confuso’ sull’individuazione dei tempi giusti per instaurare quei cambiamenti necessari alla fase “veglia”, rispetto a quella “sonno” e viceversa.
Si perdono perciò delle ore di sonno, condizione che può mettere a rischio il nostro cuore. Già, perché come affermato da una ricerca di alcuni cardiologi americani, l’ora di sonno persa il giorno dopo l’entrata in vigore dell’orario estivo incrementa addirittura del 25% la probabilità di avere un infarto cardiaco.
Come è possibile?
A spiegarlo è stato il professor Luigi Ferini-Strambi, docente ordinario di neurologia all’Università Vita-Salute di Milano e direttore del Centro di medicina del sonno dell’ospedale San Raffaele: “Dati scientifici dimostrano che il giorno seguente all’introduzione dell’ora legale, in primavera, si verifica un aumento dell’ormone cortisolo e della pressione del sangue e c’è un incremento degli accessi per infarto negli ospedali”.
Ma l’infarto del miocardio non è l’unico accidente vascolare da scongiurare: sembra infatti che a seguito degli stravolgimenti orari vi sia anche un aumento dei casi di ictus. Uno studio finlandese, portato avanti da Jori Ruuskanen dell’Università di Turku e presentato al congresso dell’American Academy of Neurology nel 2016, ha infatti evidenziato come il tasso di ictus aumenti globalmente dell’8% nei due giorni immediatamente successivi all’introduzione dell’ora legale; tasso che aumentava del 25% tra i pazienti oncologici e del 20% tra gli over-65.
Torniamo ora alla questione economica: siamo davvero sicuri che più ore di luce, utili per lavorare, significhino necessariamente più efficienza, più tempo di lavoro effettivo e risultati migliori? Non è proprio così.
Perché un sonno ridotto o disturbato vuol dire anche difficoltà di concentrazione, con tutto ciò che ne consegue. A confermarlo sono alcuni studi più o meno recenti: il primo, pubblicato nel 2012 sul Journal of Applied Psychology, dimostrò che a causa dell’ora legale si verifica un aumento importante della quantità di tempo che le persone perdono a navigare su siti che non c’entrano proprio nulla con la propria attività lavorativa.
Il secondo, svolto in Indiana (USA), ha dimostrato che a seguito dello spostamento delle lancette, un numero piuttosto rilevante di studenti otteneva punteggi del due per cento più bassi nel test SAT per l’ammissione al college.
Un altro studio pubblicato nel 2009 su Journal of Applied Psychology dal professor Christopher Barnes (Università di Washington), evidenziava un aumento degli incidenti sul lavoro nel passaggio da ora solare a ora legale. E in un successivo articolo datato 2015, dove elencava una serie di raccomandazioni per migliorare la salute pubblica attraverso una buona igiene del sonno, Bernes suggeriva anche di abolire l’ora legale.
Stress, insonnia, rischi cardiovascolari, ictus, inefficienza sul lavoro, rischio di incidenti e difficoltà di concentrazione, quindi.
Il cambio di orario cui siamo abituati da ben 51 anni, è in grado di causarci tutto ciò. Ma… Ci saranno anche degli effetti positivi? Cose perderemmo di buono per la nostra salute se l’ora legale venisse davvero abolita?
Un aumento della vitalità (che non è poco) e dell’attività fisica, in primis, dovute a un aumento delle ore di luce e rafforzato da quel periodo dell’anno in cui si risveglia la natura, ci si sente particolarmente di buonumore (la primavera) e si è più stimolati a vivere all’aria aperta. E poi per ultimo, ma non meno importante, il fatto che più ore di luce stimolano la produzione di vitamina D, che aiuta il sistema immunitario a difenderci dagli ospiti indesiderati e a fare pulizia nel nostro organismo.
La bilancia sembra pendere di più verso gli effetti negativi, ma…
Attendiamo la decisione della Commissione europea che, dati alla mano, trarrà le sue conclusioni. Sperando, com’è ovvio per noi sanitari, che queste ultime siano a favore della salute pubblica.
Redazione NurseTimes
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