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Intramoenia e infermieri: liste d’attesa creano sanità a due velocità

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Dati ministeriali e inchiesta rivelano divari drammatici (fino a 274 giorni): ambulatori e percorsi infermieristici possono ridurre il divario tra pubblico e privato.

Nel cuore della cronaca italiana si riapre il dibattito su liste d’attesa, intramoenia e ruolo dell’infermiere. Un’inchiesta giornalistica, incrociata con i dati ufficiali del ministero della Salute, documenta come in molte strutture ospedaliere le prestazioni a pagamento (libera professione intramuraria) garantiscano tempi di accesso radicalmente più rapidi rispetto al canale ordinario del Servizio sanitario nazionale (Ssn). Queste evidenze alimentano notizie e aggiornamenti su disparità di accesso, impatti economici e possibili soluzioni organizzative, senza compromettere l’equità dell’assistenza.

I numeri che scuotono il territorio

L’inchiesta segnala esempi emblematici: all’Irccs De Bellis, in Puglia, la prima visita gastroenterologica nel pubblico arriva a 274 giorni in media, contro 20 giorni in intramoenia; in Sardegna, all’Azienda Ospedaliera Brotzu, visite geriatriche, reumatologiche e ematologiche registrano attese di 272 giorni nel Ssn, contro 6 giorni a pagamento; in Lombardia, all’Asst Papa Giovanni XXIII, una visita urologica passa da 137 giorni in pubblico a 4 nel canale privato interno. Questi casi fotografano una reale frammentazione dell’accesso alle cure.

La prassi è regolata dalla normativa che disciplina l’attività libero-professionale intramuraria. Tale quadro legislativo consente ai medici dipendenti di svolgere prestazioni a pagamento fuori dall’orario di servizio, con tariffe stabilite localmente. I decreti e i provvedimenti sulle liste d’attesa hanno cercato di intervenire, ma i miglioramenti sono spesso insufficienti o non omogenei sul territorio.

Impatto sociale ed economico

La crescita della spesa sanitaria privata e il fenomeno della rinuncia alle cure sono segnali allarmanti. Nel 2024 milioni di cittadini hanno rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria e la spesa privata out-of-pocket ha superato cifre rilevanti, mettendo a rischio l’equità del sistema. Il risultato è un accesso alle cure sempre più condizionato dalla capacità di spesa, con implicazioni per la salute pubblica e per la tenuta sociale del Ssn.

Perché si è creato il problema

L’attività intramuraria (Alpi) è formalmente concepita come integrazione dell’offerta pubblica, ma nella pratica diventa spesso canale preferenziale per chi può permettersi di pagare: i medici ospedalieri dedicano la maggior parte del tempo alla gestione dei reparti, alle guardie, al pronto soccorso e ai pazienti cronici; le sedute ambulatoriali ordinarie restano limitate. Quando il sistema pubblico non riesce a smaltire il collo di bottiglia, chi paga “salta” la coda ed entra immediatamente nel percorso di cura, accentuando la divisione tra pubblico e privato interno.

Il contributo strategico della professione infermieristica

La professione infermieristica può offrire risposte concrete per ridurre le liste d’attesa e decongestionare gli ambulatori specialistici, senza aumentare le disuguaglianze. Misure pratiche e replicabili includono:

  • Ambulatori infermieristici per la gestione delle patologie croniche stabili: follow-up, monitoraggio dei parametri e controlli routinari possono essere affidati a infermieri formati, riducendo i volumi di attività semplice destinati alle visite specialistiche.
  • Triage infermieristico avanzato: strumenti e protocolli di triage che indirizzino i pazienti verso il percorso più appropriato (territorio, specialistica o pronto soccorso), minimizzando accessi impropri agli ambulatori ospedalieri.
  • Percorsi diagnostico-terapeutici infermieristici autonomi, regolati da protocolli condivisi con le équipe mediche per specifiche condizioni (monitoraggio dell’ipertensione, controllo del diabete stabile, gestione della terapia anticoagulante), con parametri chiari di ri-invio allo specialista.
  • Potenziamento dell’assistenza territoriale e domiciliare (Case della Comunità, infermieri di comunità): intervenire precocemente sui bisogni sanitari per evitare l’aggravamento di condizioni che poi richiedono visite specialistiche urgenti.

Questi modelli rispondono anche alle raccomandazioni internazionali per un uso più efficiente delle risorse sanitarie e per la valorizzazione delle competenze infermieristiche nella presa in carico integrata del paziente.

Opposizioni e limiti delle soluzioni

Proposte come il possibile blocco temporaneo dell’intramoenia incontrano posizioni divergenti. Alcune organizzazioni dei medici sostengono che l’attività libero-professionale non sottrae ore al servizio pubblico e che i proventi possono essere reinvestiti nelle strutture. Tuttavia, la carenza cronica di personale – medici e infermieri – rimane il fattore strutturale che impedisce un rapido aumento dell’offerta pubblica. Senza piani di reclutamento, formazione e investimenti infrastrutturali, le soluzioni organizzative restano parziali.

Redazione Nurse Times

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