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Cure palliative pediatriche, in Italia le riceve solo un bambino su quattro

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Al 37° Congresso nazionale ACP: “ACP NEXT: c’è ancora domani” la denuncia degli esperti di settore.

In Italia oltre 35mila bambini necessitano di cure palliative pediatriche, ma soltanto il 15% riesce ad accedere a questo tipo di assistenza. Ciò significa che tre piccoli pazienti su quattro non ricevono le cure adeguate a garantire loro la miglior qualità di vita possibile.

Un recente studio condotto nelle regioni del Nord ha confermato come i modelli assistenziali attualmente in vigore non siano in grado di rispondere alle crescenti necessità. Il problema, tuttavia, riguarda l’intero Paese: le cure palliative pediatriche (CPP) risultano frammentate, con una forte disomogeneità tra territori e carenze particolarmente evidenti nelle regioni meridionali.

“Se oggi il nostro obiettivo non può purtroppo ancora essere la guarigione, vogliamo poter garantire a questi bambini la miglior qualità di vita e il miglior benessere possibile, insieme alle loro famiglie. È un diritto che oggi non tutti i minori riescono ad avere, e questo è inaccettabile”, dichiara Franca Benini, direttrice del Centro Regionale Veneto di Terapia del dolore e cure palliative pediatriche – Hospice Pediatrico , nel corso del 37° Congresso nazionale ACP: “ACP NEXT: c’è ancora domani” (Jesolo, 19-20 settembre).

Grazie ai progressi della medicina e della tecnologia la mortalità neonatale e pediatrica è diminuita, e oggi sempre più bambini con patologie inguaribili o disabilità gravi sopravvivono a lungo. Questo ha reso urgente lo sviluppo di un sistema di presa in carico multidisciplinare, capace di rispondere non solo ai bisogni clinici, ma anche a quelli sociali, psicologici ed etici dei pazienti e delle loro famiglie.

“Le cure palliative pediatriche non sono le cure della terminalità, ma un percorso complesso che accompagna bambini e famiglie lungo tutta la vita. Non possiamo permettere che vi siano territori scoperti o famiglie lasciate sole. Serve una risposta nazionale, omogenea e capillare”, sottolinea Benini. Anche perché c’è una legge che lo prevede: l’Italia dispone già di un quadro legislativo che prevede la creazione di reti dedicate, ma la loro implementazione resta gravemente insufficiente e disomogenea.

Le principali criticità individuate sono:
  • carenza di strutture e servizi dedicati su tutto il territorio nazionale;
  • formazione insufficiente degli operatori sanitari;
  • scarsità di informazione corretta e trasparente rivolta alle famiglie e all’opinione pubblica;
  • lentezza nell’applicazione delle norme esistenti;
  • disuguaglianze territoriali in termini di accesso, qualità e continuità delle cure.

“Abbiamo gli strumenti legislativi, ma manca la volontà di tradurre tutto questo in un sistema efficace e uniforme. Non servono nuove leggi, servono azioni concrete. Inguaribili non significa incurabili: ogni bambino ha diritto a vivere con dignità e qualità, ovunque si trovi”, conclude Benini.

Inguaribili, ma mai incurabili. Per dare vita ai giorni, e non solo giorni alla vita, occorre investire in formazione, sensibilizzazione e reti assistenziali efficienti, capaci di rispondere in modo equo e uniforme ai bisogni dei pazienti e delle loro famiglie.

Redazione Nurse Times

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