Continua a far discutere la diminzione delle iscrizioni ai corsi di laurea in Infermieristica nelle università italiane. Un calo generalizzato, anche se i numeri variano da regione a regione. La Liguria non fa eccezione al trend negativo, ma è riuscita almeno a limitare i danni, facendo registrare un calo inferiore rispetto a quasi tutto il resto del Paese.
Lo conferma Carmelo Gagliano (foto), presidente di Opi Genova: “Rispetto all’anno scorso abbiamo avuto una riduzione di iscrizioni pari a circa 20 posti sul totale, sostanzialmente il 2% in meno. Rispetto ai 450 posti disponibili ne abbiamo avuti 435. Significa che resta un discreto interesse per la professione infermieristica. Questo anche perché in Liguria l’università offre tutti i livelli accademici di sviluppo di carriera e tutti i profili che devono essere inseguiti dai giovani”.
Parlando del più evidente calo di iscrizioni a livello nazionale, Gagliano offre una chiave di lettura che va oltre la scarsa attrattività della professione: “Prima di parlare di calo delle iscrizioni, bisogna tenere conto che negli ultimi sette anni è stato aumentato ogni anno il numero di posti disponibili nei corsi di laurea. Li abbiamo fatti arrivare a oltre 20mila, numero in controtendenza rispetto al calo demografico e al numero inferiore di diplomati. È evidente che la forbice tra posti disponibili e iscrizioni si sia allargata”.
Una boccata d’ossigeno potrebbe arrivare dal semestre filtro di Medicina. Già, perché tra i partecipanti al nuovo criterio selettivo sono circa 10mila quelli che hanno indicato Infermieristica come seconda scelta. “Ci aspettiamo 6-7mila rientri a livello nazionale”, prevede Gagliano.
Il vero problema, secondo Gagliano, è il motivo per cui diminuiscono gli aspiranti infermieri: “Per fare l’infermiere i giovani italiani chiedono garanzie sullo sviluppo delle carriere in ospedale. E’ per questo che guardano con diffidenza alla nostra professione. I giovani laureati in ospedale sono quelli che presentano due indicatori importanti: il maggior numero di pubblicazioni su riviste del settore e la maggiore richiesta di partecipazione alla formazione post-laurea”.
E poi, naturalmente, bisogna tenere conto del fattore economico e del riconoscimento professionale. “Un giovane infermiere che ha appena iniziato a lavorare – dice Gagliano – arriva a guadagnare tra i 1.500 e i 1.600 euro al mese. A livello regionale chiediamo alle istituzioni un investimento nei giovani, riconoscendo la retribuzione del tirocinio. In questo modo avvicineremmo i giovani alla professione. A livello nazionale è necessario equiparare la contrattualistica dell’attività infermieristica tra pubblico e privato. Ci vuole un contratto unico che venga declinato nelle regioni e che preveda un riconoscimento e una retribuzione pari allo sviluppo di carriera. Se per guadagnare 150 euro in più, devo lavorare sabato, domenica, di notte e nei festivi, è ovvio che non sono incentivato a farlo”.
Gagliano parla anche delle due strategie seguite dai giovani quando approcciano la professione di infermiere: puntare su un ente pubblico, se a offrire opportunità è una grande azienda, oppure sull’esercizio della libera professione: “In Liguria abbiamo assistito a una modesta crescita, intorno al 12%, di infermieri che aprono la partita Iva e fanno i liberi professionisti. Ma pure di giovani che abbandono le strutture private convenzionate per andare a lavorara nel pubblico”.
Redazione Nurse Times
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