Nuove evidenze mettono in discussione la sicurezza della vancomicina somministrata tramite midline: aumentano i rischi di infezioni e trombosi
Vancomicina per via endovenosa è un farmaco potenzialmente irritante/vesicante (pH ~3.9), pertanto le linee guida infusionali sconsigliano la somministrazione tramite VAD periferici o midline, richiedendo preferibilmente un catetere centrale. In uno studio multicentrico su 3.317 pazienti in terapia antibiotica domiciliare (OPAT) con midline, il 18% ha ricevuto vancomicina. In questo gruppo si è registrato un tasso molto più elevato di complicanze gravi: infezioni del sangue correlate a catetere (CRBSI) e trombosi venose (CR-VTE) nel 4,5% dei casi (versus 0,8% negli altri antimicrobici), con rischio relativo quintuplicato (HR aggiustato 4,82). Il rischio di CRBSI, in particolare, nei pazienti trattati con vancomicina era circa 8 volte superiore. Anche le complicanze minori (flebiti chimiche, occlusioni, spostamenti del catetere) e gli insuccessi del dispositivo (rimozione prematura) erano significativamente più frequenti con vancomicina (12,2% vs 7,2%; HR 1,75).
Di contro, studi più datati e limitati avevano ipotizzato un profilo di sicurezza accettabile per somministrazioni brevi: un trial randomizzato su 54 pazienti in terapia ≤6 giorni non aveva mostrato differenze significative in eventi di flebite o trombosi tra PICC e midline. Analogamente, un’analisi retrospettiva di 1.086 pazienti (esperienza quinquennale) non aveva rilevato un aumento di complicanze infettive o trombotiche con vancomicina via midline. Tuttavia, queste evidenze sono state contraddette dai dati recenti sui trattamenti più lunghi. Una meta-analisi recente (20 studi) ha mostrato che, in generale, rispetto ai PICC i midline presentano un minor tasso di CRBSI ma un maggior rischio di trombosi superficiale (superficial vein thrombosis, SVT).
Il confronto complessivo tra midline e accessi centrali evidenzia pertanto una trade-off di rischi
I midline riducono le infezioni del torrente circolatorio, ma presentano più spesso trombosi del braccio (specialmente trombosi superficiali) . Nel caso specifico della vancomicina, il nuovo studio clinico mostra che l’infusione prolungata mediante midline porta a un’impennata sia di CRBSI sia di trombosi rispetto ad altri farmaci, ribadendo la natura irritante del farmaco.
Complicanza (OPAT con midline) | Vancomicina (midline) | Altri antibiotici (midline) | Rischio Relativo (HR) |
CRBSI o trombosi venosa (maggiore) | 4,5% | 0,8% | 4,82 |
Flebite chimica, occlusioni, etc. | 12,2% | 7,2% | 1,75 |
Rimozione prematura / fallimento | maggiore incidenza | inferiore | non quantificato |
Confronto con i cateteri centrali (CVC/PICC)
Le evidenze complessive mostrano che i PICC (cateteri venosi centrali ad inserzione periferica) e i cateteri midline presentano profili di rischio differenti. I PICC hanno maggior superficie di lume e punta nel circolo centrale, con rischi meccanici (pneumotorace all’impianto) e di trombosi venosa profonda noti, ma tassi di CRBSI spesso più elevati nei confronti dei midline.
I midline, terminando in vena ascellare superiore, riducono di solito le infezioni catetere-correlate rispetto ai PICC, ma hanno limitazioni per farmaci irritanti o vescicanti. Per l’OPAT di breve durata (<2 settimane), linee guida esperte (IDSA) suggeriscono che un midline può sostituire un centrale, mentre i PICC sono preferiti per trattamenti più lunghi o con farmaci vesicanti. In uno studio clinico randomizzato su terapia ≤6 giorni con vancomicina, non vi fu differenza in complicanze tra PICC e midline, suggerendo che brevi infusioni ben diluite possono essere gestibili anche con midline. Tuttavia, per durate maggiori la sicurezza precipita come mostrato dal recente studio, quindi i medici lamentano che quando è possibile conviene passare a un’alternativa orale o a un antibiotico endovenoso meno irritante se si usa il midline.
Raccomandazioni ufficiali
Le linee guida riflettono le evidenze di sicurezza. Il CDC statunitense raccomanda di usare un midline o un PICC (anziché una cannula periferica corta) quando la terapia IV supera i 6 giorni. L’Infusion Nurses Society (INS) 2021 raccomanda midline per durate da 5 a 14 giorni e CVAD central line (PICC o CVC) per durate più lunghe. Le stesse linee guida INS sconsigliano l’uso di midline con infusi vesicanti o estremi di pH/osmolarità, raccomandando linee centrali per farmaci con pH <5,5 (come la vancomicina). Il Gruppo italiano GAVeCeLT include la vancomicina nell’elenco dei farmaci “che richiedono necessariamente via centrale”.
Le linee guida IDSA 2018 per l’OPAT (Outpatient Parenteral Antimicrobial Therapy) concedono l’uso del midline in adulti per terapie brevi (<14 giorni). In particolare, per vancomicina l’IDSA conclude che non è obbligatorio usare sempre un CVAD: l’uso di un catetere centrale non è strettamente necessario (raccomandazione debole, evidenza molto scarsa). In sintesi, la comunità scientifica ritiene che i midline siano accettabili solo per trattamenti di breve durata e con farmaci meno irritanti; per vancomicina endovena prolungata le raccomandazioni internazionali privilegiano i dispositivi centrali o alternative terapeutiche (es. farmaci orali o altri antibiotici IV compatibili).
Opinioni di esperti
Infettivologi e specialisti ospedalieri sottolineano che la pratica di infondere vancomicina con midline è controversa. Secondo esperti di terapia infusionale, la vancomicina è un farmaco irritante per la via periferica e la sua infusione rapida può causare flebiti chimiche gravi. Altri gruppi clinici (es. il Michigan Hospital Medicine Safety Consortium) evidenziano la necessità di allineare la pratica alle evidenze, collaborando fra infermieri, infettivologi e farmacisti per ridurre complicanze evitabili. Alcuni esperti di OPAT ricordano tuttavia studi precedenti in cui vancomicina diluita e somministrata per periodi brevi non aveva incrementato i danni con midline, spiegando in parte la persistenza della pratica. In ambito internazionale, panel come quello della Guida MAGIC considerano appropriato l’uso del midline in ospedale per infusi di durata da 6 a 14 giorni (PICC solo se >14 giorni), e molti riferiscono risparmi economici e facilità di inserzione con midline, a fronte dei rischi clinici.
Prevalenza e motivazioni d’uso
Nonostante gli avvisi, la pratica non è rara. Lo studio citato ha rilevato che circa 1 paziente su 5 con midline in OPAT (18%) riceveva vancomicina, spesso con il coinvolgimento di specialisti in malattie infettive (85% dei casi). In studi retrospettivi, i pazienti con mal di dosi brevi (per esempio pazienti stomizzati o anziani) e buone vene periferiche sono stati selezionati per midline anche con vancomicina. I motivi includono la rapidità d’inserimento (talvolta da parte di team infermieristici), il minor costo e disagio rispetto al PICC/CVC e la volontà di evitare ricoveri prolungati. Tuttavia, soprattutto in regime domiciliare, l’uso continuato di vancomicina via midline può essere dettato da abitudini consolidate o da valutazioni cliniche locali, nonostante i dati suggeriscano un’attenta rivalutazione dell’approccio.
Le evidenze più recenti mostrano che l’infusione prolungata di vancomicina tramite catetere midline comporta un rischio significativamente maggiore di complicanze gravi (soprattutto infezioni e trombosi) rispetto ad altri antibiotici con lo stesso dispositivo. Sebbene alcuni studi più vecchi ne avessero suggerito l’accettabilità per trattamenti brevi, le linee guida attuali di società scientifiche internazionali raccomandano prudenza.
In pratica clinica è quindi cruciale selezionare attentamente il dispositivo vascolare per ogni paziente, privilegiando linee centrali o alternative antimicrobiche quando indicato, e rispettare i protocolli di sicurezza. Una maggiore consapevolezza tra i team multi-professionali e l’aggiornamento sulle evidenze può ridurre l’uso off-label di vancomicina con midline e migliorare la sicurezza dei pazienti.
Redazione NurseTimes
Fonti: studi e linee guida internazionali e italiane tra cui Paje et al. (JAMA Int Med 2025), Caparas et al. (J Vasc Access 2014), INS 2021, IDSA OPAT 2018, CDC 2011, GAVeCeLT 2024 e altri documenti scientifici.
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