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Il professionista sanitario e il codice rosa nell’assistenza alle vittime di violenza: grande partecipazione al corso di Opi Cosenza con la storia di Anna Morrone

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Un femminicidio accaduto a Cosenza il 2 luglio del 1999. La vittima, Anna Morrone, un’infermiera, uccisa dal marito. Non poteva essere “celebrata” meglio di così la Festa della donna da parte degli infermieri cosentini. Opi Cosenza, ancora una volta, ha saputo cogliere nel segno. Grande partecipazione, ma anche tanta commozione e innumerevoli pensieri per il convegno e il corso organizzato dall’Ordine delle professioni sanitarie all’hotel San Francesco, a Rende.

I dettagli importanti di una storia tristemente vera e dal finale tragico sono stati il corollario di una giornata intensa e ricca di ospiti e interventi. I responsabili scientifici Adriana Imbrogno e Barbara Modaffari hanno coinvolto Fausto Sposato, presidente di Opi Cosenza, che si è soffermato proprio sulla vicenda di Anna Morrone. Coivolta anche Marina Pasqua, noto avvocato penalista della città e legale del Centro Antiviolenza Lanzino, che ha affrontato il tema “Il codice rosso nell ‘intervento di contrasto alla violenza maschile contro le donne”.

E poi, ancora, “Non chiamarlo amore. Analisi della violenza, dalle relazioni tossiche al femminicidio”, con Sergio Caruso, psicologo, criminologo, direttore del master in Vittimologia e criminologia, docente di Psicopatologia forense e Criminologia all’Università Bonasforza di Bari. Ma pure “Il professionista sanitario accanto alle vittime di violenza: il codice rosa”, con Barbara Modaffari, infermiera forense.

“È stata veramente una giornata intensa – ha detto Sposato -. Abbiamo ricevuto i complimenti da parte di tutti quelli che hanno partecipato ed è stato un modo diverso da parte dell’Ordine di Cosenza di omaggiare le donne. La professione infermieristica è ancora oggi femminile: più del 70% sono donne, un valore aggiunto per questa società, anche per il Servizio sanitario regionale e per quello nazionale”.

Tematica sempre attuale, dunque. Con la formazione, soprattutto nelle scuole, dove “potrebbe incidere positivamente su questi episodi che fanno parte comunque di un vissuto familiare comune purtroppo a tante famiglie”, ha spiegato Sposato, che ha concluso: “Le percentuali delle aggressioni verbali e fisiche sono in continuo aumento. Fanno parte anche di un retaggio culturale e di una sorta di patriarcato che oggi non può e non ha più motivo di esistere”.

Redazione Nurse Times

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