Nella nota seguente Fp Cgil spiega le ragioni per cui non ha firmato il rinnovo del Ccnl Sanità.
In queste ore anche da autorevoli fonti ascoltiamo e leggiamo ricostruzioni imprecise sul mancato rinnovo del Contratto Sanità, con particolare riferimento a infermieri e medici. Proviamo a fare un po’ di chiarezza e partiamo dalle basi, per l’unico Contratto oggetto di trattativa fino a oggi, che è quello del comparto.
Il Governo ha stanziato per il rinnovo dei Ccnl pubblici per il triennio 2022/2024 risorse pari a circa il 10% in meno rispetto a quanto i salari sono stati erosi dall’inflazione nello stesso periodo (5,78% rispetto ad oltre il 16%). Nelle due tornate precedenti (16/18 e 19/21) gli aumenti erano sempre stati superiori all’inflazione del periodo.
La traduzione dell’Aran di questo aumento del 5,78% (che è sull’intera massa salariale, quindi anche sulle voci di retribuzione accessoria) ha portato a stimare aumenti medi sul tabellare dell’area dei professionisti della salute (a cui appartengono, fra gli altri, gli infermieri) di 135 euro a regime.
Di questi 135 euro più del 50% sono già percepiti in busta paga a titolo di indennità di vacanza contrattuale potenziata, per scelta unilaterale del Governo. Gli importi per altre figure, ad esempio gli oss, sono inferiori: in questo caso 120 euro. Per il personale amministrativo, quello che fa gli appalti, le assunzioni, le buste paga e che non percepisce nessuna indennità specifica, sono in media 127 euro.
In Legge di Bilancio 2025 il Governo ha deciso di stanziare un ulteriore 0,22% del monte salari per incrementare le voci accessorie, in deroga a un blocco del salario accessorio che vige da 15 anni e che ha prosciugato la contrattazione. La somma di questo incremento e della quota parte del 5,78% destinato all’accessorio (indennità varie, straordinario, produttività, carriere) è pari (fonte Aran) a 13,2 euro procapite, sempre per l’area d’inquadramento delle professioni sanitarie.
Contestualmente ha stabilito di assoggettare nuovamente le spese per il welfare contrattuale si tetti di spesa previsti per il salario accessorio, sostanzialmente azzerando, come minimo, l’incremento dello 0,22% sopracitato. Le risorse per l’accessorio, va ricordato, non vengono corrisposte a tutti in modo omogeneo, ma solo a coloro che hanno diritto a un determinato istituto contrattuale (straordinari, indennità, etc.), ma convenzionalmente si sommano agli incrementi tabellari per stimare l’impatto complessivo di un contratto.
A queste due voci, per gli infermieri, va aggiunta la quota per l’aumento dell’indennità di specificità infermieristica, che a regime nel 2025 vale circa 15 euro. In tutta evidenza 135+15+13,2 non fa 180 euro, bensì 163,2.
Quanto all’aumento dell’indennità di pronto soccorso, che si somma a questi importi e che porta incrementi significativi che vengono da più parti usati col risultato (o l’obiettivo) di confondere le acque, andrebbe detto che gli infermieri che operano nei pronto soccorso sono un’assoluta minoranza (il personale del pronto soccorso, non solo infermieristico, è pari a circa 23mila unità, il 4% della platea di 581mila, che costituiva il personale del Ssn nel 2021, fonte Aran). Quindi per il 96% del personale, infermiere e non, della parte consistente di aumenti legati all’indennità di pronto soccorso non c’è traccia e ci si ferma, nella migliore delle ipotesi a 163,2 euro.
Corre infine l’obbligo di precisare che l’incremento dell’indennità di pronto soccorso, già presente nella Legge di Bilancio per il 2023 e anticipato con il Decreto 34/23 al 1/6/23, poteva già essere erogato agli operatori di Ps in base al vigente Ccnl 19/21 e agli accordi sindacali regionali vigenti, in base alle regole lì stabilite, come da noi sempre sostenuto.
Infine sulla detassazione, prevista sia per le prestazioni straordinarie aggiuntive che per gli straordinari dei soli infermieri, è utile precisare che:
- Le prestazioni orarie aggiuntive, che possono essere richieste dalle aziende sanitarie alle sole professioni sanitarie su base volontaria e in aggiunta allo straordinario, da luglio ’24 hanno una flat tax al 15%, il cui costo complessivo, compresa la dirigenza medica e sanitaria, è pari a 165 mln di euro a regime. Le risorse per finanziare questa misura sono state sottratte al Fondo sanitario nazionale. Quindi le pagano i lavoratori del Ssn e i cittadini, questi ultimi con meno servizi e meno personale. Nel testo “firmabile” da altri sindacati, le prestazioni orarie aggiuntive delle professioni sanitarie del comparto verrebbero rese possibili non solo per abbattere le liste di attesa o in carenza di organico, ma anche per “conseguire ulteriori obiettivi aziendali”, cioè sempre. Una forma di ulteriore straordinario mascherato. Come abbiamo avuto modo di sottolineare, i professionisti sanitari del comparto dovranno lavorare come dirigenti senza avere la retribuzione dei dirigenti.
- Gli straordinari, pagati con i fondi del salario accessorio sopra descritto e ridotto ai minimi termini da anni di blocco, dal 1 gennaio 2025 saranno tassati al 5% ma solo per gli infermieri. Il tutto in un contesto in cui, oggi, la maggioranza delle aziende deve far recuperare lo straordinario con riposi aggiuntivi, quando possibile, perché non ci sono più risorse per pagarli; una norma che ha possibili vizi di costituzionalità e che costa circa 43 mln di euro annui.
- Entrambe queste misure, rivolte solo a una parte dei lavoratori e delle lavoratrici, costano, per il comparto, 87 mln di euro, pari al doppio dello stanziamento netto sul salario accessorio che questo contratto destinerebbe a tutte le lavoratrici e lavoratori del Ssn.
Spiegato così siamo certi sia più chiaro a tutti, addetti ai lavori e no, perché quel Contratto, anche solo per la sua parte economica, non era sottoscrivibile e perché, assieme a tante lavoratrici e a tanti lavoratori, ci ostiniamo a chiedere di più.
E a proposito di “forse si poteva protestare prima” corre l’obbligo di ricordare come questa la nostra organizzazione, al pari delle altre due non firmatarie, ha scioperato contro questa Legge di Bilancio, e lo stessa ha fatto contro tutte le leggi di bilancio recessive, a partire da quella del Governo Draghi in avanti.
“Forse si poteva protestare prima”. Se tutti avessero fatto lo stesso, non rompendo il fronte sindacale in attesa delle concessioni del governo, puntualmente non arrivate, saremmo ora in un’altra situazione.
P.s. anche i migliori sbagliano, magari perché informati male:
- La norma prevede che per sottoscrivere un contratto nazionale di lavoro nella pubblica amministrazione si debba costituire una maggioranza favorevole di almeno il 50,1% fra le organizzazioni sindacali che sono abilitate alla contrattazione in quanto rappresentative. Nel nostro caso la quota di consenso mancante per arrivare al contratto non stava, dunque, nella differenza fra i favorevoli e i contrari, “un minuscolo 0,39%”, ma nella distanza fra il peso dei favorevoli (46,6%) e, appunto il 50,1%.
- Non esiste nessun vincolo che impedisca ad Aran di avviare la trattativa per il rinnovo del contratto della dirigenza medica e sanitaria in assenza della firma del comparto: a parte l’emanazione del documento di indirizzo all’Aran da parte delle regioni, di cui ancora, per responsabilità dei datori di lavoro non si hanno notizie.
Redazione Nurse Times
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