La proteina FSTL1 (Follistatina-Like1) si trova sull’epicardio, nel rivestimento delle pareti di un cuore sano, ma applicando una “patch di collagene” (un particolare cerotto bio-ingegnerizzato) che simula il tessuto del cuore e funge da fonte di FSTL1 negli infartuati, si riesce ad attivare la rigenerazione, o meglio la proliferazione, di particolari elementi cellulari detti “cardiomiociti” che consentono di riparare il cuore dai danni causati dall’infarto.
La scoperta, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, (considerata la rivista di maggior prestigio nell’ambito della comunità scientifica internazionale, pubblicata dal 4 novembre del 1869) porta la firma di un team internazionale di ricercatori della University School of Medicine della Stanford, in California, negli Stati Uniti.
Nel corso della sperimentazione i ricercatori hanno osservato come, negli animali infartuati, il tessuto del cuore danneggiato sia riuscito a rigenerarsi con la crescita di nuove cellule del muscolo cardiaco grazie ad un aumento della proteina in questione, che ha permesso un notevole miglioramento delle funzioni cardiache.
Di norma, il tessuto cardiaco umano ha una minima capacità di rigenerarsi dopo un infarto, ma la proteina FSTL1 attraverso l’applicazione nel tessuto cardiaco del particolare cerotto di collagene, sarebbe in grado di indurre la rigenerazione delle cellule cardiache sane dopo un infarto, riparando il cuore danneggiato, riducendo il tessuto cicatriziale.
Molte persone sopravvivono agli attacchi di cuore, ma solitamente l’evento lascia dei danni permanenti al tessuto cardiaco che possono portare a problemi di insufficienza cardiaca, cinque o sei anni dopo l’infarto.
“Questa scoperta apre la porta a un trattamento completamente rivoluzionario grazie a questa procedura il team di Stanford ha migliorato il tasso di sopravvivenza dopo un infarto nei topi e nei maiali, e si aspira a sperimentare questa tecnica sugli esseri umani entro il 2017. Non ci sono attualmente trattamenti efficaci per invertire il corso delle cicatrici nel cuore dopo l’infarto” come riferisce Pilar Ruiz – Lozano, professoressa di Pediatria e Cardiologia alla Stanford University.
Questo cambierebbe l’approccio al trattamento terapeutico degli infartuati e potrebbe favorire il rimodellamento miocardico e una riduzione dei danni cicatriziali a lungo termine nel caso di un attacco cardiaco.
Scupola Giovanni Maria
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