Gli italiani che soffrono di malattie della tiroide sono circa sei milioni, con alcune aree geografiche nelle quali raggiungono quasi un terzo della popolazione. La controversia che si segnala, a favore di una futura garanzia per i pazienti e per i professionisti che in corso d’opera sono i responsabili della somministrazione del farmaco, nasce dalla segnalazione che vede un FARMACO ANALOGO GENERICO CREARE GRAVI DANNI ALLA SALUTE.
Nel 2013 fu fatto un monito dall’Associazione italiana medici endocrinologici, i quali invitavano ad evitare la prescrizione della levotiroxina “generica”. L’AIFA., la nostra autorità regolatoria in materia di farmaci, a metà novembre del medesimo anno inseriva la levotiroxina generica nella lista di trasparenza. A suo tempo il presidente dell’Associazione italiana medici endocrinologici affermava che il farmaco equivalente (o “generico”, secondo una vecchia e ancora diffusa definizione) “è considerato tale se ha una biodisponibilità maggiore o minore del 20% rispetto all’originale, una differenza che nel caso delle malattie della tiroide, dove è fondamentale la precisione dei livelli ormonali che si ottengono, si traduce in variazioni dell’efficacia”.
Dal momento che levotiroxina rientra tra i farmaci con basso indice terapeutico, la stessa Agenzia comunicava che, nella maggior parte dei casi trattati, un prodotto a base di levotiroxina è automaticamente sostituibile con un analogo generico previa informazione al paziente e controllo dei valori di TSH (e della FT4 nell’ipotiroidismo centrale) dopo 4-6 settimane. Viene inoltre evidenziata una particolare cautela nella sostituzione nei soggetti in cui è richiesta maggiore attenzione nel mantenere l’equilibrio tiroideo, ovvero:
- donne in gravidanza (o che stiano pianificando il concepimento);
- ipotiroidismo, congenito o acquisito, in età pediatrica;
- terapia soppressiva in pazienti con pregresso carcinoma tiroideo, soprattutto se fragili o anziani;
- pazienti con ipotiroidismo centrale (ridotta secrezione del TSH da parte dell’ ipofisi anteriore o da una ridotta secrezione ipotalamica del TRH.
La Regione Veneto, con nota del 13.12.2013, in accordo con le principali Società Scientifiche Internazionali, raccomanda ai medici quanto segue (Comunicazione AIFA 15.11.2013; Circ. Regione Veneto n. 548405 del 13.12.2013):
- Se pazienti già in trattamento con levotiroxina ⇒ garantire la continuità terapeutica, specificando sulla ricetta la non sostituibilità del prodotto prescritto (es. “medicinale non sostituibile, paziente già in trattamento”);
- Se pazienti naive ⇒ non esistono preclusioni sul tipo di prodotto da prescrivere in questa tipologia di pazienti che possono, pertanto, indifferentemente iniziare e mantenere il trattamento con il generico o con il medicinale di riferimento.
I farmacisti sono tenuti a non sostituire le preparazioni a base di levotiroxina senza l’approvazione del medico prescrittore.
La beffa del farmaco equivalente in questione, però, si configurerebbe non solo in un ipotetico dosaggio di principio attivo nella compressa (“fisiologico” e previsto dalle Norme di Buona Fabbricazione, che stabilisce i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione. La direttiva è stata recepita in Italia col Decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219.) ma anche per ciò che ne discerne, ossia la verifica dell’efficacia terapeutica e la eventuali procedure diagnostiche per l’identificazione e presa in carico di eventi avversi. Infatti gli esami da sostenere per gli effetti collaterali mediati dalla tipologia di terapia assunta sono notevoli e gravativi sul SSR e SSN.
I numeri sono: se con il generico si risparmierebbero circa 30 milioni di euro l’anno, per i test aggiuntivi servirebbe una cifra tra i 20 e i 40 milioni in più!
Negli ultimi giorni dai fatti di cronaca si evince che una paziente manifesta reazione avversa con disfunzioni cardiache (extrasistoli sopraventricolari ed extrasistoli ventricolari), dopo il passaggio di terapia ormonale, precedentemente garantita con specialità EUTIROX, a favore del medicinale equivalente.
Il caso clinico, riguarda una grave reazione avversa di un uomo di 55 anni, normopeso, che era da diversi anni in terapia cronica con Eutirox 100 mcg per 5 giorni + Eutirox 75 mcg per i restanti due giorni alla settimana per curare l’ipotiroidismo da cui era affetto. La terapia era efficace ed il paziente stava bene. La disponibilità sul mercato del medicinale equivalente Levotiroxina sodica TEVA, aveva indotto il paziente ed il suo medico curante a provare di proseguire la terapia cronica con quest’ultimo, con il duplice vantaggio di non pagare la “quota aggiunta” dovuta alla specialità Eutirox ed evitare l’assunzione di lattosio, presente tra gli eccipienti di Eutirox, ma non in Levotiroxina sodica TEVA.
Infatti, il paziente, era anche intollerante al lattosio. Benché la sostituzione fosse stata effettuata per entrambi i dosaggi (100 e 75 mcg) e alla medesima posologia, dopo alcune settimane il paziente accusava disfunzioni cardiache, confermate attraverso lettura dell’ECG, che rilevava extrasistoli sopraventricolari ed extrasistoli ventricolari.
Per correttezza si enunciano le analogie e le diffrenze tra Eutirox e Levotiroxina Teva.
Eutirox e Levotiroxina sodica TeVA contengono lo stesso principio attivo Levotiroxina (T4) allo stesso identico dosaggio, mentre, come spesso accade nei medicinali equivalenti, differiscono per tipologia e quantità degli eccipienti. Così la compressa di Eutirox contiene anche lattosio, contrariamente alla specialità Teva. Il prezzo del medicinale equivalente è inferiore a norma di Legge a quello del medicinale originario di marca.
Nel 2014, AIFA ha ricevuto dal Ministero della Salute una nota dell’associazione Federanziani, di Federfarma e FIMMG e durante l’incontro si è convenuto nel caso di decidere quale farmaco prescrivere: la prima prescrizione può essere di un medicinale equivalente, con un costo agevole per il SSN, senza rischio di confronto di efficacia rispetto ad un precedente medicinale e in piena sicurezza per il paziente. Tuttavia, per le successive prescrizioni, si raccomanda la non sostituibilità del prodotto.
La legge consente al medico di evidenziare la non sostituibilità del farmaco originale.
Sono state rilevate situazioni analoghe passando dal farmaco originatore di marca all’equivalente di Levetiracetam (Precisazioni AIFA 17 settembre 2012), Tacrolimus (Nota AIFA 22 novembre 2011), Ciclosporina (Comunicazione AIFA 24 aprile 2015), nifedipina (Alcuni medicinali a base di Nifedipina non sono sostituibili con Adalat Crono Nifedipina DOC e Nifedipina Mylan Generics), Topiramato (Precisazioni AIFA 17 settembre 2012)
E’ stato così evidenziato che la scelta di un medicinale equivalente comporta un beneficio economico ovviamente per il SSN, tuttavia per farmaci particolarmente attivi, come quelli sopra nominati, la sostituzione con il medicinale equivalente in corso di terapia è sconsigliato, in quanto l’operazione di ricalibrazione individuale é difficile e può indurre rischi per la salute stessa del paziente.
Il monito che ne discerne è perseverare un attento monitoraggio nei pazienti in trattamento tanto con il farmaco di “marca” (per la questione lattosio come eccipiente) e sia con il preparato equivalente (per la questione di “piccoli ritocchi” di dosaggio, del tutto fisiologico e previsto)
Si sottolinea che le Norme di Buona Fabbricazione (N.B.F.) contengono disposizioni e prevedono i relativi controlli anche sulle materie prime impiegate nella produzione, quali la concentrazione e la purezza e stabilità del principio attivo e degli eccipienti presenti nel medicinale. Per esempio, è stabilito che il contenuto di principio attivo in un medicinale, rispetto al dichiarato, può oscillare da un minimo del 95% ad un massimo del 105%: ciò vuol dire che, se durante i controlli analitici obbligatori che precedono la distribuzione del farmaco sul mercato si riscontra un contenuto di principio attivo inferiore al 95% o superiore al 105% rispetto a quello stabilito, il lotto viene respinto e non può essere commercializzato. Ciò è applicabile a tutti i medicinali, indipendentemente che si tratti di medicinali generici (equivalenti) o medicinali di marca.
CALABRESE Michele
Bibliografia e sitografia:
www.osservatoreitalia.it/index
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