I dati di una ricerca su 1855 Infermieri laureati negli anni dal 2003 al 2013 (durata dal 27 Aprile 2014 al 10 Giugno 2014), suggerisce quanto ci sia stata una notevole contrazione nelle assunzioni con il passare degli anni. Si rileva che il tasso di disoccupazione è pari al 75% nel 2013, con una piaga del precariato pari al 94% nel medesimo anno!
È sconcertante appurare quanto in pochi anni la mancanza di infermieri non sia stata adeguatamente rimpinguata, favorendo tanto situazioni di demansionamento professionale, quanto aumento dei carichi di lavoro. Nel contesto, a causa della crisi economica e dei tagli di spesa, alcune regioni virtuose dal punto di vista del bilancio hanno potuto realizzare processi attivi di recluta di personale, favorendo, però, una marcata immigrazione verso le regioni centro settentrionali. Si individua purtroppo una perdita di risorse per il nostro territorio. Infatti una media Europea e dei Paesi OCSE il gap infermiere/abitante nel nostro Paese è negativo. Il paradosso è che oggigiorno nel Mezzogiorno c’è un aumento reale e sostanziale della domanda di assistenza , una disponibilità di professionisti che garantiscono numericamente la copertura del tournover ma dotazioni organiche ferme e blocco delle assunzioni!
L’ampliamento della vision della figura infermieristica, non più impiegata a livello ospedaliero, ma anche a livello territoriale (A.D.I., Infermiere di Farmacia, Infermiere di Famiglia….), promuoverebbe non solo una soluzione al discorso squisitamente occupazionale, ma anche una assistenza continuativa e completa a 360° del paziente. L’educazione terapeutica, mediante riorganizzazione della medicina del territorio sono ulteriori punti di partenza e analisi puntuale che motivano gli “Infermieri Professionisti della Salute”. Così come il potenziamento della partner-ship tra infermieri di sanità pubblica e privata, la battaglia al demansionmento e alla disoccupazione dei neo-laureati, il coinvolgimeto attivo di tutti i colleghi nella logica tassonomica NOC per offrire visibilità all’assistenza rendendo palese e riconosciuto (tanto professionalmente quanto economicamente) il ruolo dell infermiere nell’out-come di salute del paziente. NOI CI SIAMO.
Da noi bassi salari e precariato. All’estero ottime occasioni di lavoro. Così migliaia di infermieri preparati in Italia vanno a lavorare in altri Paesi. Ecco come e dove.
C’è chi si lascia alle spalle un contratto decennale in una clinica privata stufo di uno stipendio mai cresciuto, chi se ne va dopo un biennio in graduatoria per un posto di lavoro, e chi nel Nord Europa si ricolloca a 50 anni. E poi, soprattutto, ci sono i neolaureati: sempre più infermieri stanno dicendo addio all’Italia. O meglio, goodbye, dal momento che vanno in Germania e in Svizzera ma la maggior parte di loro rientra nel flusso più massiccio della nostra nuova emigrazione verso il Regno Unito (+71,5% nel 2013 rispetto all’anno precedente, Fondazione Migrantes).
La carenza cronica di infermieri colpisce tuttavia la maggior parte dei Paesi Ocse, Italia compresa. Anzi, con due milioni abbondanti di abitanti in meno rispetto alla Gran Bretagna, un paio di anni fa avevamo più posti letto ospedalieri: 342 ogni centomila abitanti, contro 277 inglesi nell’anno successivo (Organizzazione Mondiale della Sanità). E c’erano meno laureati in infermieristica: 23 ogni centomila abitanti contro 42.1 nel Regno Unito.
Però da noi ci sono blocco del turn over, precariato, contrazione della remunerazione nel privato e uno stipendio pubblico che ha perso negli ultimi anni il 25% del potere d’acquisto. Oltremanica gli infermieri trovano invece stabilità contrattuale, scatti di anzianità, assunzioni immediate e mobilità professionale. A Londra, e nel raggio di 30 km, sono disponibili al momento 6.580 posti full time per infermieri di vari livelli e specializzazioni, fra strutture pubbliche e private. A Manchester, secondo il sito di ricerca collegato al portale del governo britannico, ce ne sono 2.634, a Edimburgo 306 (www.gov.uk/jobsearch). Un mercato che fa gola alle agenzie di recruitment specializzate, tantissime, che ogni mese vengono a fare selezioni da noi: 14 solo a novembre scorso tra Milano, Roma, Bari e Palermo, senza contare i colloqui via Internet.
Facile immaginare, allora, che i 3.075 infermieri formati in Italia ma già registrati e attivi in Gran Bretagna siano destinati ad aumentare. Anche se ora il nuovo requisito della certificazione linguistica IELTS renderà l’iscrizione al Nursing & Midwifery Council, il Collegio britannico degli infermieri, un po’ più complicata.
Alcuni NUMERI
- 426.707 è il totale degli iscritti alla Federazione Nazionale Collegi Infermieri (Ipasvi), fra cui 10.553 infermieri pediatrici;
- Fra gli infermieri attivi, circa 355.000 lavorano regolarmente. I dipendenti del Servizio sanitario nazionale sono 280.000: quasi il 45% della forza lavoro pubblica;
- Lo stipendio medio è di 33mila euro, fra giovani e anziani (2013);
- La maggior parte degli infermieri in Italia hatra 36 e 55 anni;
- Le donne sono 330.039, gli uomini 96.668;
- 9 milioni di italiani pagano di tasca propria per avere un infermiere, in nero una volta su due (Censis);
- Le Filippine sono la prima nazione esportatrice di infermieri al mondo (Ocse);
- Il 37% degli infermieri tedeschi lavora negli Stati Uniti, il 22% in Svizzera.
CALABRESE Michele
Sitografia e Bibliografia:
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