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Ventilazione meccanica invasiva: umidificazione attiva o passiva?

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Le vie aeree superiori sono molto importanti nel riscaldamento e nell’umidificazione dell’aria inspirata. Nei pazienti in ventilazione meccanica invasiva (intubati o tracheostomizzati, in terapia intensiva o in assistenza domiciliare), però, queste vengono inevitabilmente bypassate. Tra i sistemi di riscaldamento ed umidificazione dei gas, attivi o passivi, quale è da preferire?

Le vie aeree superiori sono fisiologicamente responsabili di circa il 75% dell’umidificazione e del riscaldamento dei gas inspirati. Ciò avviene grazie al trasferimento diretto di calore dalla mucosa all’aria in transito e dalla conversione in vapore del film liquido che la riveste. In base a questi meccanismi, in condizioni fisiologiche, l’aria che raggiunge gli alveoli, dopo essere passata attraverso le vie aeree superiori e inferiori, vi arriva alla temperatura di circa 37 °C completamente saturata con 44 mg H2O/l d’acqua e un’umidità relativa del 100%; condizioni, queste, assolutamente perfette per lo scambio dei gas attraverso la membrana respiratoria.

Quando le vie aeree superiori vengono bypassate, come nel caso del paziente intubato o tracheostomizzato, le caratteristiche dell’aria inspirata cambiano inesorabilmente a livello polmonare. Ciò può dar luogo a diverse complicazioni:

  • infiammazioni tracheali ed ulcerazioni della mucosa tracheobronchiale;
  • perdita di acqua e calore dal corpo, che cerca di umidificare e riscaldare l’aria inspirata (con importanti implicazioni cliniche soprattutto in neonati e bambini);
  • ritenzione di secrezioni, che può portare all’aumento del lavoro respiratorio, a ostruzioni delle vie aeree, a infezioni bronco­pol­monari frequenti e ad atelectasie.

Per questo è necessario che determinati sistemi artificiali vengano applicati alle linee di ventilazione, ricreando quelle condizioni ideali che permettano una respirazione efficace ed evitino complicanze. “Non c’è un metodo di umidificazione che sia universale per ogni paziente in ogni situazione, così la scelta del dispositivo dovrebbe essere effettuata a seconda delle caratteristiche individuali di ogni singolo paziente” (Gross Jamie L. et al., Humidification of inspired gases during mechanical ventilation, p. 500). I sistemi che è possibile scegliere possono essere attivi (umidificatori a piastra con circuiti riscaldati o non riscaldati) o passivi (HME filters).

Gli scambiatori passivi di umidità e calore (HME) sono quei filtri che vanno interposti fra circuito respiratorio e paziente (tra mount e linee di ventilazione). Rappresentano un modo semplice, pratico ed efficace per umidificare e riscaldare l’aria e sono molto utilizzati in Ventilazione Meccanica. Fatti di materiali dall’elevata conduzione e tenuta termica, hanno il compito di trattenere il calore e di far condensare l’umidità dell’aria espirata, restituendoli poi al paziente sotto forma di vapore riscaldato. Gli HME sono sterili, monouso, latex free, a bassa resistenza di flusso e sono sicuri con qualunque tecnica ventilatoria; sono dotati di un attacco Luer usato per il monitoraggio della CO2, un tappo Luer, un porta-tappo non filettato e i due raccordi di connessione. Si dividono fondamentalmente in:

  • igroscopici. Presentano una vasta superficie di condensazione con rivestimento igroscopico che permette di assorbire chimicamente gran parte dell’umidità e del calore espirati dal paziente;
  • idrofobici. Caratterizzati da una debole conduttività elettrica, sono meno efficienti in termini di condizionamento dei gas ma presentano un’elevata capacità di filtrazione batterica;
  • misti. Igrofobici e igroscopici, associano performance di condizionamento termico e di umidificazione con una adeguata qualità di filtrazione microbiologica.
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HME Filter.

In condizioni ottimali gli HME riescono a fornire un’umidità assoluta maggiore di 30-32 mg H2O/l alla temperatura di 27-30 °C, ma globalmente le loro performance dipendono da molte variabili come la portata del flusso inspiratorio/espiratorio, la temperatura ambientale, la quantità di vapore acqueo nel flusso medio e la loro grandezza.

Essi presentano alcuni inconvenienti:

  • aumentano lo spazio morto di circa 90/100 ml;
  • possono ostruirsi di condensa e/o di secrezioni e causare l’accumulo di queste nel circuito respiratorio (con conseguenti resistenze al flusso d’aria, rischio di infezioni e malfunzionamento dei macchinari);
  • la temperatura ambientale può influire sulle loro prestazioni;
  • sono sconsigliati in determinate condizioni cliniche, come ad esempio nei pazienti che presentano un basso Volume Corrente (condizione per cui lo spazio morto dell’HME può rappresentare un volume d’aria importante), una difficoltosa eliminazione della CO2 o abbondanti secrezioni tracheobronchiali.

La letteratura scientifica consiglia di sostituire gli HME ogni qual volta si presentino ostruiti (da secrezioni o da eccessivo liquido di condensa) e, di routine, secondo le indicazioni dei produttori (in genere ogni 24 ore). Alcuni studi ne consigliano la sostituzione «non più spesso di 48 ore», altri parlano di un loro uso in sicurezza addirittura sopra le 96 ore (nei pazienti non affetti da BPCO), in quanto la loro efficienza ed il rischio di polmoniti sembrano non essere associati all’uso prolungato.

Tradizionalmente considerati il gold standard dell’umidificazione dei gas inspirati, gli umidificatori attivi a piastra riescono a erogare gas a circa 37 °C e con un’umidità assoluta di 44 mg H2O/l. Questi dispositivi riscaldano e umidificano attivamente i gas tramite un sistema con piastra riscaldante: questa aumenta la temperatura dell’acqua sterile (di solito fornita attraverso un sistema di infusione chiuso) contenuta in una camera di umidificazione, generando così vapore; l’aria diretta al paziente, attraversando la camera, si satura di vapore acqueo e si riscalda secondo la temperatura impostata.

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Sistema di umidificazione attiva (con umidificatore a piastra).

La gestione dei dispositivi di umidificazione attiva, prevede:

  • il corretto posizionamento dell’umidificatore, che dovrebbe essere interposto sulla linea inspiratoria del circuito almeno 20-30 cm più in basso rispetto al paziente e al ventilatore, in modo da scongiurare il pericolo che la condensa entri nella macchina, causando danni, o si diriga verso le vie aeree del paziente (rischio infettivo);
  • un adeguato settaggio. Gli umidificatori attivi dovrebbero essere impostati per erogare una temperatura (di solito monitorata tramite sensore posto nel raccordo a Y del circuito) dei gas inspiratori compresa tra 34 °C e 41 °C ed un’umidità tra 33 mg/l e 44 mg/l di vapore acqueo;
  • un attento monitoraggio. Gli umidificatori attivi possono essere dotati di display per la visualizzazione delle temperature, di allarmi al fine di garantire una maggiore sicurezza e di termostati servo-controllati per prevenire un’eccessiva umidificazione. I professionisti assistenziali che si trovano a monitorare pazienti in Ventilazione Meccanica Invasiva, dovrebbero comunque essere in grado di cogliere segni e sintomi che possano far pensare ad un malfunzionamento del presidio, al suo accidentale spegnimento, ad un settaggio inadeguato o alla sua manomissione.

Umidificazione e riscaldamento insufficienti possono causare infiammazioni tracheali ed ulcerazioni della mucosa tracheo­bronchiale, perdita di acqua e calore corporei, ritenzione di secrezioni che diventano spesse e viscose, inibendo così l’attività ciliare. Ciò può portare all’aumento del lavoro respiratorio, ad ostruzioni delle vie aeree, ad infezioni broncopolmonari frequenti e ad atelectasie.

L’eccesso di umidificazione riduce invece la viscosità delle secrezioni, aumenta la clearance mucociliare, diluisce il surfattante e causa infiltrazioni leucocitarie (neutrofili) di bronchioli e polmoni. Tutto ciò dà luogo a ritenzione di secrezioni, atelectasie, peggioramento della compliance polmonare, aumento del gradiente d’ossigeno alveolare e arterioso. Tutti cambiamenti che possono portare a conseguenze come edema polmonare o generalizzato, aumento di peso, iponatremia e aumento della locale suscettibilità alle infezioni batteriche, con rischio di broncopolmoniti.

Il calore eccessivo nell’albero respiratorio può invece causare desquamazione della mucosa, indebolimento della clearance, depositi di fibrina nelle piccole vie aeree; tutte situazioni, queste, in grado di generare ostruzioni meccaniche, con tutto ciò che ne consegue. Come evidenziato dall’ISO (International Organization of Standardization), l’erogazione di gas ad una temperatura maggiore di 41 °C rappresenta un potenziale rischio di danno per il paziente, pertanto viene considerato come condizione di estremo allarme una temperatura erogata a 43 °C.

Gli umidificatori attivi a piastra, rispetto agli HME, sono più efficienti in termini di precisione nel fornire umidificazione e calore ai gas inspirati. Ma sono meno pratici, presentano costi maggiori ed alcuni rischi come il surriscaldamento, tutti gli usuali problemi relativi alle apparecchiature elettriche e la colonizzazione del liquido presente nella camera di umidificazione. Per quanto riguarda quest’ultima eventualità ed in generale il rischio di infezione, va specificato che i sistemi di umidificazione attiva non sembrano essere più o meno a rischio di quelli passivi: vari studi scientifici dimostrano infatti che non vi è corrispondenza tra il metodo di umidificazione usato e l’incidenza di polmoniti associate alla ventilazione meccanica.

Alessio Biondino

Fonti:

  • Biondino A., Scagnetti T. Assistenza Respiratoria Domiciliare – Il paziente adulto tracheostomizzato in ventilazione meccanica a lungo termine. Ed Universitalia, 2013
  • Branson R.D., “Conditioning inspired gases: the search for relevant physiologic end points”, Respiratory Care Journal, April 2009, Vol. 54, n. 4, pp. 450-452
  • Branson R.D., “Secretion management in the mechanically ventilated patient”, Respiratory Care Journal, October 2007, Vol. 52, n. 10
  • Branson R.D., “The ventilator circuit and ventilator-associated pneumonia”, Respiratory Care Journal, June 2005, Vol. 50, n. 6, pp. 774-787
  • Gross Jamie L., Park Gilbert R., “Humidification of inspired gases during mechanical ventilation”, Minerva Anestesiologica, Minerva Medica, 23 gennaio 2012, pp. 496-502
  • Jean-Claude L., Marc A., Charles C., Andry V.D.L., Lilla S., Yves R. et al., “Impact of humidification systems on ventilator-associated pneumonia”, American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine, 2005, 17: 1276-1282
  • Lacherade J.C., Auburtin M., Cerf C. et al., “Impact of humidification systems on ventilator associated pneumonia: A randomized multicenter trial”, American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine, 2005; 172: 1276-1282
  • Muscedere J., Dodek P., Keenan S. et al., “Comprehensive evidence-based clinical practice guidelines for ventilator associated pneumonia: prevention”, Journal of Critical Care, March 2008, 23(1): 126-37, DOI:10.1016/j.jcrc.2007.11.014
  • Restrepo R.D., Walsh B.K., “Humidification during invasive and noninvasive ventilation”, Respiratory Care Journal, May 2012, vol. 57, n. 5, pp. 782-788
  • Siempos I.I., Vardakas K.Z., Kopterides P., Falagas M.E., “Impact of passive humidification on clinical outcomes of mechanically ventilated patients: a meta-analysis of randomized controlled trials”, Critical Care Medicine, 2007, 35(12): 2843-2851
  • Tablan O.C., Anderson L.J., Besser R. et al., Guidelines for preventing health-care. Associated pneumonia, 2003, Recommendations of CDC and the Healthcare Infection Control Practices Advisory Committee, 2004 March 26, 53 (RR-3): 1-36

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