Il risultato definitivo i potrà avere solo tra cinque anni, ma le premesse ci sono e sono buone.
Un uomo di 44 anni potrebbe essere il primo paziente a guarire completamente dal virus dell’HIV, grazie ad uno nuovo protocollo messo a punto da diversi istituti britannici: la ricerca combina i farmaci antiretrovirali con un vaccino che induce il sistema immunitario a distruggere le cellule infette.
“Questo è uno dei primi tentativi seri di trovare una cura definitiva per l’Hiv – spiega Mark Samuels, dirigente dell’Nhs inglese che sta finanziando il test -. È una sfida enorme, ed è ancora all’inizio, ma il progresso è notevole”.
Adesso la nuova sfida è quella di stanare il virus che si “nasconde” nelle cellule, dormiente ma pronto a riattivarsi, secondo il Sunday Times il paziente che ha portato a termine il protocollo sperimentale sarebbe guarito.
“Questa è la strategia che seguono tutti i diversi gruppi che stanno affrontando il problema nel mondo – spiega Stefano Vella, direttore del Dipartimento del Farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità -, fra cui anche uno europeo a cui partecipa anche l’Iss”.
“Trovare il modo di curare definitivamente la malattia è fondamentale perchè anche se le terapie antiretrovirali sono un grande successo, così come l’essere riusciti a portarle in Africa dove stanno salvando 17 milioni di persone, c’è un problema di sostenibilità di costi e di difficoltà ad aderire a una terapia che comunque va presa per tutta la vita. La notizia è quindi ottima, anche se bisogna aspettare prima di cantare vittoria, questo virus ha già dimostrato in passato di poter tornare dopo un po’ di tempo”.
Nel cosiddetto ‘paziente di Berlino’, un uomo sieropositivo colpito da leucemia, l’Hiv è sparito dopo un trapianto di midollo. Nel 2013 la speranza era rinata grazie alla ‘Mississippi baby’, una bambina nata sieropositiva curata aggressivamente fin dalle prime ore di vita, ma anche in questo caso il virus, che sulle prime sembrava sparito, è tornato qualche mese dopo aver interrotto il trattamento.
Lo scorso anno i medici del Necker di Parigi hanno portato alla luce il caso di una diciottenne anch’essa nata sieropositiva e curata con la terapia antiretrovirale fino ai sei anni. Nel sangue della ragazza il virus non è rilevabile ormai da 12 anni.
“Le terapie antiretrovirali riescono già a eliminare il virus dal sangue, ma rimane quello il cui Dna è integrato con quello delle cellule – sottolinea Vella -. È quello che si ‘risveglia’ quando si interrompe la terapia, ed è il motivo per cui ci vuole sempre prudenza in questi casi, deve passare molto tempo prima di poter dire che una persona è guarita”.
Certo si tratta comunque di giganteschi passi avanti per chi combatte ogni giorno con questa piaga, specie nei Paesi meno evoluto che ne sono i più colpiti.
Mina Cucinotta
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