Riflessioni sulle conoscenze antropologico-culturali degli infermieri: parliamo del nursing transculturale.
Lo si fa ormai in più contesti e non solo per riflettere su come fronteggiare una situazione migratoria che ci riguarda quotidianamente: in realtà, il nursing di per sé non può prescindere da un approccio antropologico alla persona, oltre che sociologico, clinico, psicologico e relazionale.
L’infermieristica affianca l’essere umano nel continuum salute-malattia e nella totalità della sua esistenza dove la dimensione culturale è parte di essa.
Il modello di competenza comunicativa del linguista Paolo Ernesto Balboni, modello citato in un articolo di Gambera, Marucci e Pezzino in Professioni Infermieristiche del 2008 (vedi articolo), è ritenuto uno strumento efficace affinché il sanitario possa intraprendere un corretto percorso relazionale verso il proprio assistito “straniero”.
In questo modello teorico, la comprensione di un’altra lingua oltre alla propria viene considerata una competenza interpretativa e comunicativa importante in rapporto alla sfera psico-relazionale dell’utente.
Potremmo chiederci se sia necessaria quindi la conoscenza di (almeno) un’altra lingua, se dovremmo selezionare un ulteriore idioma da apprendere in base alle attuali, prevalenti origini dei migranti che richiedono la nostra assistenza professionale.
Il sapere un’altra lingua resta un formidabile strumento, in qualsiasi contesto e per qualsiasi professione ma, nello specifico, non può essere ritenuto qualcosa di indispensabile.
Allo stesso tempo, non può essere sottovalutata la scarsa importanza attribuita alla formazione dei sanitari relativamente a tematiche generali di linguistica, antropologia culturale e geografia tout-court.
C’è da chiedersi, ad esempio, quanti infermieri operanti in Italia conoscano la differenza tra lingue indoeuropee e non, sappiano che “rom” non significa proveniente dalla Romania e che un cittadino turco ed uno tunisino hanno alcune affinità culturali benché i loro idiomi siano molto diversi.
Come sottolineato da Alessia Bertolazzi nel testo Nursing Transculturale: un confronto tra infermieri italiani e sudamericani, “in ambito internazionale, la riflessione sull’adeguatezza dei sistemi internazionali ad accogliere le minoranze culturali è aperta da tempo ed ha prodotto strumenti teorici e pratici. Va detto che in altri contesti, come quello statunitense, la categoria simbolica con cui si definiscono popolazioni di culture diverse non è quella di straniero, bensì di gruppo etnico. La differenza non è soltanto terminologica, ma sostanziale. Con gruppo etnico intendiamo una minoranza che si distingue per alcuni tratti: somatici, linguistici e più estesamente culturali. Riconosciamo quindi un’identità ad ogni etnia”
(AA.VV. Nursing Transculturale: un confronto tra infermieri italiani e sudamericani, a cura di Alessandro Stievano, Alessia Bertolazzi. Milano: Franco Angeli Editore, 2012. 110.).
Vi è una vasta produzione sulla tematica del nursing transculturale: non è chiaro però quali elementi dello stesso siano stati recepiti ed assimilati dal personale infermieristico.
La Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMGG) ha elaborato un documento intitolato “Indicazioni metodologiche relative alla formazione degli operatori sociosanitari nel campo della salute e dell’assistenza alle persone immigrate”, (vedi documento) sottoscritto da tredici regioni italiane, dove si danno indicazioni pratiche su come improntare una proposta formativa sulla multiculturalità.
Già nell’organizzazione di corsi di primo livello, viene evidenziata l’importanza delle implicazioni antropologiche nella comunicazione verbale e non, propria del processo di accoglienza e cura.
Effettuando una semplice indagine on-line digitando “corsi nursing transculturale”, risulta esserci un’offerta formativa non indifferente, spesso però molto onerosa.
Potrebbe risultare utile rivedere la promozione di eventi mirati e contenuti (seminari, tavole rotonde su argomenti quali geografia linguistica, antropologia strutturale, etnobiologia) che fornirebbero opportuni strumenti relazionali per il professionista che opera nei contesti multiculturali attuali.
Costanza Bruschi
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