Ecco il botta e risposta tra Simona D’Alessio e la senatrice.
«Sapere, saper essere e saper fare»: sono i tre capisaldi della professione infermieristica che la senatrice Alessandra Bencini, candidata per +Europa alle elezioni del 4 marzo (alla Camera, nel Collegio Toscana 1) ha portato finora nella sua esperienza parlamentare, che l’ha vista su uno scranno di Palazzo Madama nella XVII Legislatura. Nella duplice veste di esponente politico e di iscritta all’ENPAPI (l’Ente di Previdenza di chi, nella categoria sanitaria, esercita la libera professione) che sottolinea essere «in buona salute», tira le somme su quanto realizzato finora e racconta i suoi progetti futuri.
Come può illustrare il lavoro svolto finora al Senato?
In primis, ho applicato tre concetti fondamentali della professione infermieristica, sapere, saper essere, saper fare. In più, direi, saper divenire: il lavoro di parlamentare non è semplice: visto da fuori e di fronte alla tv quando si ascoltano dibattiti politici, siamo tutti potenzialmente bravi a trovare soluzioni semplici e facili. Nella realtà dei fatti, però, è tutto più complesso, non ci sono soluzioni semplici, né tantomeno semplicistiche, tutto va analizzato ed occorre comprendere quale sia la scelta migliore, dopo di che va attuato ciò che è fattibile, che non sempre corrisponde al meglio, ma è il massimo attuabile in quel dato momento e secondo quella volontà, o indirizzo politico.
Quali sono i suoi programmi, qualora venisse rieletta, per il comparto sanitario e per le categorie professionali che vi operano?
Non so se sarò rieletta, ovviamente me lo auguro. In tutti i casi, uno dei punti sui quali mi sono impegnata, e che vorrei continuare a seguire, è quello dell’età pensionabile degli infermieri, in particolare per coloro che sono gravati da turni notturni. In questa Legislatura abbiamo consentito l’anticipo pensionistico (Ape) fino a 3,7 anni per accedere alla pensione, oltre ad aver bloccato la progressione dell’età, in base alla speranza di vita, oggi 66,7 anni, per i lavori gravosi, tra i quali è rientrata la categoria degli infermieri e, dunque, si potrebbe accedere alla pensione a 63 anni, con una decurtazione dello stipendio. Ovviamente, tutto ciò non è abbastanza. Vorrei che si potesse andare in quiescenza ad un’età consona. E senza penalizzazioni economiche.
L’ENPAPI, Ente di Previdenza ed Assistenza della Professione Infermieristica, cui lei è iscritta, conta oltre 70.000 associati, per i quali vengono stanziate annualmente considerevoli risorse per coprire i bisogni assistenziali (sanitari, sociali, di aiuto allo sviluppo professionale per i giovani, e così via): alla fine del 2017, l’ammontare totale era di 2 milioni 725.000 euro. Quali sono le sue valutazioni sull’impegno della Cassa in tema di welfare e quali interventi, a suo modo di vedere, dovrebbero essere potenziati?
L’ENPAPI risulta essere in buona salute e in condizioni di stabilità finanziaria, l’importante è che il capitale che l’Ente raccoglie sotto forma di previdenza venga investito in sicurezza, evitando speculazione finanziarie, in modo tale da garantire quella retribuzione differita che ogni lavoratore si aspetta di percepire una volta arrivato all’età pensionabile.
Le Casse di Previdenza private e privatizzate lamentano da tempo il gravame fiscale sui ricavi da investimenti: l’aliquota è del 26%, pur essendo non operazioni speculative, ma iniziative finanziarie di Enti di primo pilastro pensionistico che devono pagare le pensioni agli iscritti. Ritiene possa essere rivisto questo prelievo fiscale?
Ribadisco che l’Ente deve esser virtuoso e attento negli investimenti, conseguentemente investimenti sicuri non hanno mai alte remunerazioni, quindi, sarebbe sicuramente auspicabile rivedere una tassazione sulle rendite, al ribasso. Credo che la percentuale di tassazione possa essere rivista, ma non posso nemmeno promettere che ciò avvenga, come sempre le cose devono essere contestualizzate anche in base ad altre realtà di investimenti da parte di altri Enti o società, per capire fin dove ci si può spingere. Vanno, inoltre, trovate risorse certe per una eventuale riduzione di entrata da minor gettito fiscale, che deriverebbe con una tassazione inferiore al 26%.
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