Tante le tematiche trattate durante la tre giorni romana. Ora sta agli infermieri realizzare il futuro della professione.
Si è da poco concluso il primo Congresso nazionale Fnopi e già sulla professione inizia a spirare un gradevole ponentino, alla luce delle novità emerse da questo storico appuntamento.
La prima cosa che ha dato un senso di novità, un netto segnale di stacco tra vecchio e nuovo, è stata la relazione introduttiva della presidente Barbara Mangiacavalli: un discorso a largo spettro, che ha toccato tutte le criticità della professione senza tralasciare nulla; un discorso sempre tendente all’unità della professione come unica via percorribile per risolvere i tanti problemi, ma anche un discorso di prospettiva. Più che un’introduzione, un impegno preciso da parte dell’Ordine ad affrontare insieme agli infermieri le criticità e a dare risposte concrete alle stesse.
La mia personale sensazione, ascoltandolo, è stata quella di sentire finalmente il nostro Ordine vicino a ognuno di noi, di sentirmi come a casa mia, di sentirmi finalmente ascoltato e sopratutto compreso, accolto. Insomma, ora sappiamo che il nostro Ordine ha ben chiari i problemi e la strada per tentare di risolverli, con una prospettiva certa: non lasciare nessuno indietro.
Nei talk successivi all’intervento introduttivo si sono poi sviscerati molti problemi e si è delineato quello che sarà l’infermiere di domani, su cui fin da subito bisognerà iniziare a lavorare e su cui già in questa sede, praticamente in diretta con la platea, si sono stretti patti e alleanze. Devo dire che, nei miei lunghi 38 anni di professione, mai avevo sentito un clima così propositivo e disteso. È stato come se l’intera, immensa platea (perché eravamo veramente tanti) fosse in prima persona coinvolta e partecipe dei temi via via trattati e delle alleanze strette per raggiungerli.
Abbiamo visto una storica stretta di mano tra la nostra presidente e il presidente di Fnomceo (l’Ordine dei medici, per intenderci). Finalmente i due enti si parleranno da pari: un risultato impensabile fino a qualche mese fa. Certamente nei rapporti ci sarà ancora molto da limare, ma questo è comunque un risultato importante.
Abbiamo sentito Cittadinanzattiva, tramite il suo presidente, dirci come i cittadini percepiscano l’importanza e il ruolo peculiare degli infermieri e di come percepiscano la carenza cronica di questi professionisti nel sistema sanitario. Una carenza tale da compromettere la fruibilità delle cure stesse.
Abbiamo sentito il rappresentante della terza età sottolineare l’urgenza di creare la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità, della territorializzazione delle cure infermieristiche, tracciando quello che da qui a breve dovrà necessariamente divenire il futuro della nostra professione. Un futuro per cui soltanto la nostra professione ha le competenze, e in questo il rappresentante della terza età si è spinto ad affermare che presto gli infermieri saranno più utili e pregnanti addirittura degli stessi medici di famiglia.
Abbiamo sentito il presidente della Società scientifica dei medici di famiglia dirci che loro, i medici di famiglia, chiedendoci addirittura di entrare nella loro Società. Abbiamo sentito parlare anche di come il nuovo Contratto, appena firmato, non garantisca la sicurezza né per gli infermieri né per i pazienti, e abbiamo apprezzato quanto sia inviso a tutti noi.
Abbiamo sentito parlare della piaga delle aggressioni al personale sanitario, di come si debba e si possa intervenire su diversi fronti per arginarla, ma anche di quanto influiscano in tal senso le politiche del taglio indiscriminato dei servizi. Ed è stato affrontato pure il tema, con il rappresentante delle cooperative sociali, del lavoro delle cosiddette P.I. e di quanto questo sistema non garantisca i professionisti, e di conseguenza i cittadini.
Su questo fronte ci sarà molto da lavorare, partendo dalla nuova legge sull’equo compenso, in cui la nostra presidente ha voluto fortemente e ottenuto che fossero inseriti anche i professionisti infermieri. Sembra poco, ma questa è la base di partenza per sviluppare un ragionamento importante per portare a soluzione questo problema, ma anche per portare a soluzione l’annoso e ormai non più rimandabile problema della carenza di infermieri negli organici.
Non è mancato un passaggio sugli infermieri impegnati nelle forze armate e nei corpi di polizia, che attualmente ricevono un trattamento non in linea con il loro livello di studi e di professionalità: sintomo di una scarsa sensibilità da parte delle autorità militari riguardo alla loro grande importanza.
Infine ci siamo trovati di fronte a un’importante sorpresa: il presidente dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ha aperto alla possibilità per gli infermieri di diventare, a certe condizioni, prescrittori di alcuni medicinali per presidi specifici (immaginiamo i presidi per assorbenza e le medicazioni avanzate, oppure i presidi di prevenzione delle Ldp o alcuni farmaci già inseriti in un piano terapeutico ben definito o in protocolli quali, ad esempio, quelli della gestione territoriale delle urgenze). Insomma, cose che gli infermieri già oggi fanno, ma senza un preciso potere prescrittivo.
Tante novità dunque, ma forse la cosa più importante per la nostra professione è la sensazione che, al di là dei proclami dei vari attori, finalmente si stia iniziando a ragionare, anche pressati dagli inevitabili cambiamenti demografici e di target, di una sanità diversa. Una sanità in cui non sia più al centro la malattia, bensì il cittadino coi suoi bisogni di salute. Può sembrare ovvio a tutti noi, ma in realtà è uno spostamento davvero importante del focus, direi un svolta. E in questa svolta appare evidente che ci sia una peculiarità della nostra professione, che per sua natura appare quella più adatta e più pronta ad accettare questa sfida.
Sembra quindi delinearsi all’orizzonte una nuova figura di infermiere: un professionista al fianco del cittadino in un processo globale di reindirizzamento del nostro sistema sanitario. Un sistema di cui nei prossimi anni sarà, si spera, l’infermiere un attore protagonista e un garante indispensabile. La cronicità e il territorio saranno la sfida dell’infermiere del prossimo futuro. E sarà questo il territorio, tutto inesplorato, in cui la nostra professione potrà spiegare finalmente le sue ali dentro e fuori dagli ospedali.
Abbiamo un nuovo modello di sistema sanitario da costruire tutti insieme, e abbiamo le competenze e le capacità per farlo. Finalmente la nostra professione avrà una sua dignità e un giusto riconoscimento sociale. Diventeremo il fulcro di questo nuovo modello di sanità, e quanto emerso nei talk del Congresso lo ha affermato chiaramente.
Per concludere, vorrei dire che i tempi sono maturi affinché si porti a completamento quell’evoluzione della nostra figura iniziata con la bellissima manifestazione del lontano 1994. Da allora abbiamo fatto molta strada: siamo finalmente diventati un Ordine; siamo pronti per questa sfida; sappiamo di poter finalmente contare anche su una politica ordinistica. Ora sta a tutti noi realizzare il futuro della nostra professione.
Angelo De Angelis
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