Un anno fa il Piemonte ha riconosciuto la nuova figura con delibera: un test andato a buon fine. Anche altre Regioni hanno sfornato disegni appositi.
“L’infermiere non svolge compiti, ma garantisce una funzione che si sostanzia nell’alveo delle competenze, delle abilità e delle conoscenze che lo stesso ha acquisito durante la sua formazione e che possono essere fondamento dei suoi interventi tecnico-assistenziali. Nella sostanza, quando si parla di assistenza infermieristica, si parla di un insieme di atti e competenze tecnico-scientifiche che il professionista infermiere decide e realizza in autonomia e, in questo senso, l’attività di equipe non è finalizzata a individuare i compiti dell’infermiere, ma invece a integrare e ottimizzare l’apporto soggettivo di ogni professionista coinvolto nel team, affinché tale apporto sia funzionale alle esigenze e ai bisogni dei pazienti”. Così Antonio De Palma, presidente del sindacato Nursing Up, risponde alla Fimmg, che, commentando la delibera della Regione Toscana del 4 giugno scorso sulla nuova figura dell’infermiere di famiglia e di comunità (Ifc), ha lamentato l’assenza della presunta regola per cui “gli infermieri agiscono sì in massima autonomia e responsabilità, ma per i compiti che il team assistenziale assegna loro”.
“Non è più, questo, il tempo del medico che decide quali debbano essere i compiti dell’infermiere – sottolinea De Palma – e tantomeno tale decisione viene assunta all’interno del team. Ribadiamo che il team tra professionisti è una realtà organizzativa che esiste a beneficio del paziente, una condizione operativa dove le varie professionalità si integrano tra di loro, ognuno nel rispetto delle proprie univoche e qualificanti competenze, fermo restando sempre il superiore interesse di dare una risposta ai bisogni dei pazienti di volta in volta presi in considerazione. In questo senso anche le attività di supervisione del lavoro svolto non possono che essere presidiate nel team, nella propria collegialità. Questo significa, per quanto ci riguarda e alla luce della vigente normativa (quindi dopo l’abrogazione del DPR 225/1974), che al tavolo della collegialità l’infermiere si siede con riferimento alle proprie specifiche competenze, al pari delle altre professionalità. Proprio per questa ragione Nursing Up, pur apprezzando il passo avanti fatto con la delibera della Regione Toscana del 4 giugno scorso, ha sollevato perplessità proprio sull’aspetto dell’organizzazione”.
La figura dell’Ifc, così come è prevista dall’Organizzazione mondiale della sanità già dal lontano 2000, ha un ruolo ben definito e autonomo, una funzione decisiva di supporto a individui e famiglie nell’affrontare la malattia e la disabilità cronica, che si rivelerà preziosa soprattutto in un momento di gravi carenze strutturali del Ssn. Il ruolo dell’Ifc è strategico e costituisce un punto di svolta per tutte le aziende sanitarie nazionali, in quanto mediatore per eccellenza tra famiglia e medico curante, che sostituisce per bisogni in prevalenza infermieristici. Facilita dimissioni precoci dagli ospedali, trascorre del tempo presso il domicilio dei pazienti e al fianco delle famiglie, a cui indica i luoghi di cura più adatti a seconda delle circostanze
“Nursing up lavorerà affinché venga prevista, così come avviene per il medico di famiglia, la creazione di un’organizzazione generalizzata valida per tutto il territorio nazionale – annuncia De Palma –, dove l’infermiere venga considerato un professionista autonomo che si muove sul territorio e ha un proprio studio fisico per fornire una risposta alle esigenze della collettività. Ciò, ovviamente, in coordinamento riguardo agli ambiti per cui ciò è necessario, con il medico di famiglia”.
Dopo ben due progetti di legge falliti sull’Ifc presentati al Senato (a opera di Pdl e M5S), sono partite negli ultimi due anni sperimentazioni in Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta e Lombardia, mentre Lazio, Sicilia, Lombardia e ora Toscana hanno sfornato disegni regionali appositi. Pionieristicamente, un anno fa il Piemonte ha riconosciuto la nuova figura con una delibera: un test andato a buon fine, in quanto l’Ifc si è rivelato capace di individuare sul territorio le fragilità che avrebbero potuto trasformarsi in disabilità, di gestire le cronicità in accordo con medici di famiglia e specialisti, di fare educazione sanitaria e di perseguire, in definitiva, l’appropriatezza nell’uso delle risorse.
Redazione Nurse Times
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