Per la Suprema Corte, chi ha accumulato centinaia di giorni non potrà chiedere facilmente un’indennità sostitutiva.
“La mancata fruizione delle ferie non dà diritto alla loro monetizzazione in favore del lavoratore, a meno che non si riesca a provare che la mancata fruizione sia causata da eccezionali e motivate esigenze di servizio”. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 20091 del 30 luglio 2018.
Un dirigente di una Asl emiliana aveva ottenuto dal Tribunale del lavoro una sentenza favorevole che gli riconosceva il diritto alla monetizzazione delle ferie non godute (pari a 246 giorni). La Corte d’appello di Bologna, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto la domanda dell’azienda sanitaria.
Il dirigente ha adito allora la Suprema Corte, la quale ha ribadito il principio in forza del quale, nel rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, il mero fatto del mancato godimento delle ferie non dà titolo a un corrispondente ristoro economico se l’interessato non prova che esso è stato cagionato da eccezionali e motivate esigenze di servizio o da cause di forza maggiore.
Secondo la documentazione prodotta dalla Asl, nei dieci anni di servizio durante i quali ha accumulato le mancate ferie, il medico aveva potuto utilizzare 171 giorni di riposi aggiuntivi per il “rischio radiologico”, a fronte di norme contrattuali che ne prevedevano solo 115. Da qui l’ipotesi, che la lettura restrittiva della Corte mira a smontare, di una possibile monetizzazione “furba” di ferie accumulate grazie all’utilizzo strumentale di riposi compensativi. Ne è seguita, poi, la condanna al pagamento delle spese processuali.
Insomma, una brutta notizia per gli stacanovisti della pubblica amministrazione. Meglio andare in vacanza.
Redazione Nurse Times
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