Si torna a parlare dell’immane tragedia che colpì la famiglia Calabretta in quel di Pineto, in provincia di Teramo: il loro piccolo di soli nove anni, Marco, durante una partita di calcio si accasciò al suolo in preda a una fibrillazione ventricolare. E, purtroppo, per lui non ci fu scampo.
Ieri, a distanza di tre anni, l’inchiesta della Procura sul decesso del giovanissimo calciatore è tornata di nuovo davanti al Gup e diversi quotidiani locali hanno parlato della questione.
Per la tragedia, per cui furono indagati tutti i membri dell’equipaggio di quella prima ambulanza a seguito della denuncia presentata dai genitori del bimbo, finì a processo su imputazione coatta il dott. Darush Barhi, medico del 118, che però lo scorso febbraio è stato assolto. Ora, a rischiare di vedersi rinviato a giudizio per omicidio colposo, è uno degli infermieri che si trovava sulla prima ambulanza giunta sul luogo del malore del ragazzino.
Il professionista, che il prossimo 11 dicembre finirà davanti al gup Marco Procaccini, è l’unico dei due infermieri per cui, al termine delle indagini, il pm ha chiesto il rinvio a giudizio.
Secondo il capo d’imputazione, l’infermiere avrebbe omesso “di applicare prontamente al paziente l’unica terapia risolutrice rappresentata dalla defibrillazione elettrica” nonostante l’ambulanza fosse dotata di defibrillatore, “unitamente a manovre rianimatorie, in modo da interrompere grazie allo shock elettrico, la fibrillazione ventricolare” e di aver disposto “la mobilizzazione del paziente nell’autoambulanza 118 ancor prima che fosse ripristinato un qualunque stato di coscienza e comunque prima che giungesse il medico del 118”.
Il professionista ha sempre negato tutto, affermando di aver fatto ricorso subito al defibrillatore, ma… Non vi sarebbe alcuna documentazione di quanto da lui affermato. La famiglia del bimbo ha già annunciato la volontà di costituirsi parte civile.
In questi giorni si è ricominciato a parlare di “prescrizioni” di farmaci e presidi, per quanto riguarda i professionisti infermieri. Non sarebbe il caso, prima, di veder adeguatamente retribuite queste gigantesche responsabilità…?
Redazione Nurse Times
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