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Fnopi: “La sanità ha bisogno di appropriatezza, non del suo smantellamento o di divisioni”

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Le osservazioni presentate dalla Federazione alla presentazione del VI Rapporto dell’Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva – Tribunale per i diritti del malato.

La situazione del Servizio sanitario è attualmente sul piatto della bilancia, dove i pesi reali sono Stato e Regioni, con tutte le complessità e le ambiguità della legislazione concorrente.

Il federalismo in sanità si è dimostrato spesso di “abbandono”, e come tale un fallimento per il sistema salute. Né si salverà nella versione “a geometria variabile”, che il nuovo Governo intende assecondare. Si rischia di favorire ulteriormente spinte verso l’egoismo territoriale e il sovranismo regionale, di ridimensionare il contributo fiscale delle Regioni ricche e aumentare la poca trasparenza del sistema e le relative diseguaglianze.

Questi i concetti espressi dalla Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche alla presentazione del VI Rapporto dell’Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva – Tribunale per i diritti del malato, durante la quale il ministro della Salute, Giulia Grillo, ha accolto l’invito lanciato da Cittadinanzattiva di un tavolo, o comunque di un confronto, con le associazioni di cittadini, così come con i rappresentati delle professioni del settore. “Accogliamo con favore la proposta di un tavolo congiunto anche con gli infermieri, che speriamo si renda operativo in tempi brevi”, ha commentato Fnopi.

In un Sistema sanitario già ricco di importanti differenze, anche nell’erogazione degli stessi Lea, che dovrebbero essere uguali per tutti – ha spiegato la Federazione – può venir meno definitivamente il concetto stesso di Servizio sanitario nazionale e di politica sanitaria nazionale, con uno strappo definitivo tra Nord e Sud. In questo modo il diritto alla salute, uno e indivisibile, verràdeclinato in 21 modi diversi, cessando di essere un bene pubblico nazionale per assumere una valenza locale.

L’unità del Ssn ha necessità non solo di Lea uniformi, ma di uno stesso stato giuridico del personale, un meccanismo di perequazione finanziaria gestito dallo Stato a favore delle Regioni svantaggiate, con indicatori diversi da quelli demografici, requisiti di accreditamento di strutture e professionisti, individuazione di livelli essenziali organizzativi omogenei, competenze delle professioni, accordi contrattuali e convenzionali.

È ovvia la necessità di centralità del paziente, l’importanza di valutare la qualità e la soddisfazione per le cure erogate come problema primario, ma di difficile quantificazione, soprattutto a livello territoriale, un tipo di assistenza che sia come sia la Regione, virtuosa o meno, manca quasi sempre del tutto.

È da tempo, ormai, che chiediamo lo sviluppo dell’assistenza sul territorio. Anche implementando il ruolo dell’infermiere. Ad esempio, come avviene ormai in molte Regioni, con l’infermiere di famiglia e di comunità per mantenere e migliorare, come dicono le stesse delibere regionali che già l’hanno previsto, l’equilibrio e lo stato di salute della famiglia nella comunità, aiutandola a evitare o gestire le minacce alla salute.

Un lavoro svolto in un team multi-professionale nel quale operano i medici di medicina generale, l’infermiere di cure primarie, medici specialisti di riferimento per la patologia e altri professionisti non medici, a seconda delle specifiche esigenze dell’assistito. E non accettiamo, né accetteremo mai, nulla e nessuno che metta in dubbio l’importanza di un sistema sanitario pubblico uguale per tutti, ovunque: è l’unica via possibile per l’assistenza delle persone.

La sanità ha bisogno di appropriatezza, non del suo smantellamento o di divisioni. Ha bisogno di garantire che il giusto professionista possa essere messo in grado di rispondere alle necessità con un bilanciato utilizzo di risorse e nella maggiore autonomia possibile. Serve una visione più ampia e coraggiosa.

Ciò che davvero serve – ha concluso Fnopi – è una “trasformazione strutturale” nell’organizzazione del lavoro, che deve riuscire a produrre un sistema con maggiori focalizzazione e specializzazione. Ma sia chiaro: un sistema pubblico, solo pubblico, niente altro che pubblico.

 

Massimo Randolfi

 

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