Il professor Sharrack, neurologo allo Sheffield Teaching Hospital: “Non è un termine che uso a cuor leggero, ma abbiamo assistito a profondi miglioramenti neurologici”. I risultati vanno nella stessa direzione di una terapia messa a punto dalla Società europea trapianti di midollo.
In Gran Bretagna è stato definito un nuovo protocollo medico per il trattamento con cellule staminali per i sintomi della sclerosi multipla. Effetti definiti “miracolosi” dai ricercatori: pazienti ridotti su una sedia a rotelle da dieci anni hanno riacquistato l’uso delle gambe, mentre alcune persone che avevano perso la vista sono tornate a vedere. Il trattamento, riferisce il Daily Telegraph, è il primo a invertire i sintomi della sclerosi multipla, per la quale – va sempre ricordato – non esiste una cura, oltre ad essere ancora non accertate le cause. Va detto, però, che la terapia segue un tipo di procedura alla quale numerosi gruppi di ricerca nel mondo stanno lavorando da anni. L’ultimo risultato incoraggiante in questa stessa direzione è stato presentato qualche giorno fa ed è una terapia messa a punto dalla Società europea trapianti di midollo.
Il test – Nel Regno Unito le due decine di pazienti che hanno preso parte ai test, al Royal Hallamshire HospitaldiSheffield e al Kings College Hospital di Londra, “hanno effettivamente visto riaccendersi il loro sistema immunitario”. Benché non siano ancora del tutto chiare le cause della sclerosi multipla, molti ricercatori ritengono che “sia lo stesso sistema immunitario ad attaccare il cervello e il midollo spinale, causando infiammazioni e dolori, oltre disabilità e nei casi più gravi la morte. La ricerca è stata pubblicata sul prestigioso Journal of the American Medical Association. La procedura usata prevede l’impiego di altissime dosi di chemioterapici, di solito impiegati con i malati di cancro, per mettere fuori gioco il sistema immunitario dei pazienti. Questo viene poi ricostruito e riattivato con le cellule staminali ottenute dal sangue dei singoli pazienti. “Da quando abbiamo iniziato a trattare i pazienti, tre anni fa alcuni dei risultati cui abbiamo assistito sono miracolosi”, ha detto il professor Basil Sharrack, neurologo allo Sheffield Teaching Hospital, sottolineando che “miracoloso non è un termine che uso a cuor leggero, ma abbiamo assistito a profondi miglioramenti neurologici”.
“Riesco a stare in piedi” -Durante il trattamento le staminali del paziente sono “coltivate” e conservate. Dopo le massicce dosi di chemioterapici (di per sé non facili da tollerare) vengono reinfuse nel corpo, dove iniziano a crescere creando nuovi globuli rossi e soprattutto bianchi (le “truppe” che difendono il corpo dalle aggressioni di virus e batteri) in sole due settimane. In solo un mese il sistema immunitario torna a funzionare ed è allora che i pazienti iniziano ad accorgersi dei primi cambiamenti. Il Telegraph ha raccolto la testimonianza della 25enne Holly Drew, su una sedia a rotelle da due anni: “Ricordo che ero in ospedale… Dopo tre settimane, ho chiamato mia madre e le detto piangendo ‘riesco a stare in piedi’. Ora posso correre per un poco. Posso ballare. È stato un miracolo”. I ricercatori sono però prudenti. “Non è un trattamento adatto per tutti (i malati di sclerosi multipla) perché e molto aggressivo e i pazienti debbono aspettare di riprendersi dagli effetti della chemioterapia prima di procedere all’infusione delle staminali”, ha avvertito il professor Sharrack.
Lo studio italiano – A conclusioni simili è arrivato uno studio internazionale, coordinato da due esperti italiani: il professor Giovanni Mancardi, dell’Università degli Studi di Genova, e il dottor Riccardo Saccardi, dell’Azienda Universitaria-Ospedaliera Careggi di Firenze. La ricerca, pubblicata su Neurology è stata applicata a casi gravi di sclerosi multipla. Dalla sperimentazione, promossa dalla Società europea trapianti di midollo, emerge che nel trattamento dei casi gravi di sclerosi multipla l’intensa immunosoppressione, seguita da trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche, è più efficace rispetto alla terapia farmacologica standard a base di mitoxantrone.
Il trattamento con staminali – Lo studio di fase II, durato oltre 15 anni, ha coinvolto 21 persone affette da Sm secondaria progressiva o recidivante-remittente, la cui disabilità era peggiorata nel corso dell’anno precedente nonostante il trattamento con farmaci di prima linea. Tutti i partecipanti, di età media pari a 36 anni, avevano ricevuto in precedenza, senza risultato, terapie standard. I 12 partecipanti hanno ricevuto il farmaco immunosoppressore mitoxantrone, mentre agli altri nove è stata somministrata una potente terapia immunosoppressiva con successiva infusione di cellule staminali del sangue emopoietiche, che erano state precedentemente raccolte dagli stessi pazienti. Questa procedura, comunemente denominata autotrapianto di midollo osseo, è utilizzata per il trattamento di grave malattie del sangue e, da alcuni anni, anche nel campo delle malattie autoimmuni. Nel corso del tempo, le cellule staminali migrate nel midollo osseo hanno prodotto nuove cellule immunitarie.
Si riprogramma il sistema immunitario – “Da questo studio sembra emergere che l’introduzione di cellule staminali sia in grado di riprogrammare il sistema immunitario – ha dichiarato il professor Mancardi, presidente del prossimo congresso della Società italiana di neurologia (Sin) –. Con tali risultati è verosimile ipotizzare che il trattamento con cellule staminali possa influenzare profondamente il decorso della malattia”.
Meno lesioni con le staminali – I partecipanti sono stati seguiti per i quattro anni successivi alla randomizzazione, durante i quali l’immunosoppressione intensa seguita dal trattamento con cellule staminali sembra aver ridotto la malattia in maniera molto più significativa di quanto non abbia fatto il trattamento con mitoxantrone. Coloro che hanno ricevuto il trapianto di cellule staminali hanno infatti presentato l’80% in meno di nuove lesioni cerebrali (le T2), rispetto a quelli che hanno ricevuto mitoxantrone. I pazienti trattati con cellule staminali, inoltre, hanno mostrato un altro beneficio: le lesioni captanti il gadolinio, un altro tipo di lesioni associate alla sclerosi multipla, non si sono più ripresentate, mentre il 56% dei pazienti trattati con mitoxantrone ha avuto almeno una nuova lesione.
Trattamento esiste da 20 anni – Commentando i risultati del trattamento del Regno Unito, Mancardi ha spiegato ancora che non si tratta di una novità: “È una procedura su cui numerosi gruppi di ricerca nel mondo stanno lavorando ormai da una ventina di anni. È nota da tempo ed è indicata solo nei casi in cui il paziente è affetto da una forma molto aggressiva di sclerosi multipla e non per quelli costretti sulla sedia rotella. Si tratta, infatti, di un trattamento molto forte, che ha un tasso di mortalità intorno all’1-2 percento. Non può quindi essere somministrato a cuor leggero”.
Federica Bonaventura
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