“Sono convinto che nelle carte del processo ci siano elementi più che sufficienti a dimostrare la colpevolezza dell’imputato, i cui diritti sono stati rispettati in ogni fase dell’inchiesta sui decessi avvenuti nella Rsa di Offida”. Così il procuratore capo di Ascoli Piceno, Umberto Monti, ha commentato con l’Ansa la sentenza del processo d’appello che il 6 dicembre scorso ha assolto, “perché il fatto non sussiste”, Leopoldo Wick, l’infermiere 60enne accusato di una serie di omicidi volontari e tentati omicidi, attraverso l’indebita somministrazione di farmaci ad anziani pazienti della struttura dell’Ast.
Il 1°giugno 2022 la Corte d’Assise di Macerata aveva ritenuto l’infermiere responsabile di sette degli otto casi di omicidio e di uno dei quattro casi di tentato omicidio contestati, a seguito delle indagini della Procura di Ascoli Piceno, che impugnò la sentenza per un caso di omicidio e per i restanti tre di tentato omicidio per cui l’imputato era stato assolto. In Appello il procuratore generale di Ancona, Roberto Rossi, aveva chiesto la condanna all’ergastolo di Wick per tutti i casi contestati, compresi quelli per cui in primo grado è stato assolto.
“La sentenza assolutoria ‘perché il fatto non sussiste’ mi ha molto sorpreso”, ha aggiunto Monti, facendo intendere che, lette motivazioni, il ricorso in Cassazione della Procura generale è sostanzialmente scontato. Tra le ipotesi c‘è quella che i giudici d’Appello abbiano accolto le contestazioni della difesa di Wick riguardo nullità, inutilizzabilità dei reperti e lesioni del diritto di difesa. Motivi “sollevati in primo grado, soltanto e per la prima volta in sede di discussione”, ma ritenuti insussistenti.
Monti si è soffermato infine su un caso che ritiene emblematico: “Nel sangue di un anziano deceduto e sottoposto ad autopsia c’era insulina retard somministrata indebitamente, visto che non era diabetico. Il giorno successivo alla morte, nello zaino di Wick trovammo proprio insulina retard ‘occultata’, in un flacone recante un’etichetta diversa, di cortisone. Per noi è una prova decisiva”.
Redazione Nurse Times
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