Nel sistema immunitario ‘impazzito’ di una 42enne con diverse patologie, tra cui una sindrome iperinfiammatoria rara, i macrofagi, ‘spazzini’ che normalmente eliminano cellule infette, uccidevano anche quelle sane. Arrivata all’attenzione del team di Antonino Mazzone, direttore del Dipartimento di Area medica dell’Asst Ovest Milanese – ospedale di Legnano (Milano), la donna ha scoperto il nome della malattia che (fra le altre) la affliggeva – la linfoistiocitosi emofagocitica o Hlh – ed è stata curata con un farmaco salvavita non ancora approvato in Europa, emapalumab, ottenuto in via compassionevole dall’azienda produttrice.
“Un caso destinato a fare scuola”, spiega Mazzone all’Adnkronos Salute, raccontando com’è nato “uno dei primi report sull’utilizzo di emapalumab in un paziente adulto” in vista della Giornata delle malattie rare, in calendario il 29 febbraio. Il medicinale è infatti autorizzato dalla Fda americana come prima terapia mirata per l’Hlh pediatrica.
Arrivata all’ospedale di Legnano, dopo un breve ricovero in Ematologia la donna viene trasferita nel reparto di Medicina interna, sede del Centro malattie rare dell’Asst Ovest Milanese, diretto da Paola Faggioli. Dopo gli accertamenti, la diagnosi di Hlh.
“Si tratta di una sindrome iperinfiammatoria – spiega Mazzone – e se si verifica in presenza di malattie autoimmuni viene utilizzato il termine Mas, sindrome da attivazione dei macrofagi”. Per questa patologia le infezioni rappresentano un fattore scatenante degli episodi acuti e infatti la 42enne soffre di malattia di Crohn (una Mici, malattia infiammatoria cronica intestinale, di natura autoimmune), complicata da polimiosite (patologia infiammatoria cronica autoimmune di competenza reumatologica).
Trattata con Dmard (farmaci antireumatici modificanti la malattia) e steroidi, e da settembre 2023 con infliximab, nel dicembre scorso la donna viene ricoverata con gravi sintomi tra cui febbre alta, rash cutaneo, fegato e milza ingrossati. Gli esami del sangue evidenziano svariate alterazioni e l’analisi del midollo osseo conferma una Mas, quindi una forma di Hlh secondaria che si manifesta come complicanza di malattie reumatologiche.
Manifestazioni tipiche: “Febbre elevata che non risponde o risponde poco agli antipiretici; macchie rosse sulla pelle; ingrossamento di linfonodi, fegato e milza; emorragie; sintomi neurologici quali cefalea o convulsioni; sintomi di insufficienza epatica e/o renale”, elenca Mazzone -. Una malattia grave, che in una percentuale elevatissima di casi può essere ancora mortale. La diagnosi precoce e la terapia mirata e tempestiva sono essenziali per migliorare la prognosi”. E così scatta la corsa contro il tempo per salvare la donna.
“Studi recenti – rimarca Mazzone – hanno messo in evidenza il ruolo dell’interferone gamma, una proteina mediatrice dell’infiammazione, nel meccanismo che provoca sia la Mas sia la Hlh secondaria”. In particolare, “si è osservato che i pazienti con questa malattia hanno nel sangue alti livelli di interferone gamma, responsabile dei sintomi della patologia”.
Non solo: nel 2020, “sul New England Journal of Medicine sono stati pubblicati i risultati di uno studio coordinato in Europa dall’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma su emapalumab, che si è dimostrato un farmaco salvavita per i bambini con Hlh primaria, sindrome genetica ultrarara che lascia poche speranze a chi non riesce ad arrivare in tempo al trapianto di cellule staminali emopoietiche”.
L’impiego sperimentale di questo anticorpo monoclonale è balzato agli onori della cronaca a inizio 2019 con il caso di Alex, bimbo italiano trasferito dal Great Ormond Street di Londra al Bambino Gesù, dove è stato curato definitivamente integrando l’uso del farmaco con un trapianto dal padre.
Dopo “una terapia di associazione con l’anticorpo monoclonale eculizumab, con stabilizzazione” della paziente “ma mancato miglioramento, forte di questa esperienza nei bambini” l’équipe legnanese è ricorsa a emapalumab che “si è dimostrato efficace: la paziente ha avuto un rapido miglioramento clinico e i sintomi della Mas sono scomparsi.
“Non ancora approvato in Europa – conclude l’internista -, il farmaco ci è stato fornito per uso compassionevole dall’azienda Sobi Swedish Orphan Biovitrum, che ringraziamo, insieme alla dottoressa Liana Bevilacqua del Trial office della nostra Asst. Emapalumab si è dimostrato efficace per una patologia gravata da un tasso di mortalità molto elevato”.
La speranza di Mazzone è che “quando si parla di malati rari vengano coinvolti tutti gli stakeholder e le associazioni pazienti, e non si lasci il destino dei malati al funzionario ignaro, che magari compra ciò che costa meno senza sapere niente della qualità di vita della paziente e del suo outcome”.
Aggiunge lo specialista: “Spero si possa tornare a una medicina che metta al centro la persona-paziente e mi permetto di citare indegnamente un’autorità morale dei nostri tempi che ho avuto l’onore di conoscere, il cardinal Martini: ‘Il paziente – diceva – non è un cliente, l’ospedale non è un’azienda, la sanità è fuori dal mercato'”.
Redazione Nurse Times
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