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Ipogonadismo ipogonadonatropo congenito: novità dalla ricerca

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Ipogonadismo ipogonadonatropo congenito: novità dalla ricerca
Istituto Auxologico Italiano. Foto di Ugo De Berti, https://www.udb.it
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Mancanza di sviluppo puberale, infertilità e talora assente o ridotta capacità olfattiva sono i tratti clinici distintivi dell’ipogonadismo ipogonadonatropo congenito (CHH), una malattia endocrina rara la cui reale prevalenza nei maschi non è completamente nota ma recentemente stimata in circa 1:30.000 e che una volta diagnosticata necessita di specifiche terapie variabili a seconda dell’età e delle condizioni del paziente.

Uno studio internazionale, che ha coinvolto l’Università Statale di Milano e l’IRCCS Istituto Auxologico Italiano, insieme a centri di riferimento americani, basiliani, inglesi e francesi, ha identificato i fattori che possono predire una ripresa spontanea delle funzioni endocrine anche diversi anni dopo il mancato sviluppo puberale. Fino ad oggi, infatti, si sapeva solo che questa condizione, nota come CHH reversal, si manifestava in una percentuale variabile tra il 5% e il 10% di pazienti a seguito di un periodo di trattamento lungo anche diversi anni.

La ricerca, pubblicata sulla rivista The Lancet Diabetes and Endocrinology, non solo ha preso in esame, attraverso dati clinici anonimizzati, 87 casi, che rappresentano la più ampia casistica di pazienti CHH reversal mai descritta in letteratura, ma si è anche basata su un metodo statistico innovativo chiamato Latent Class Mixture Modelling (LCMM) o modellazione della miscela di variabili latenti.

LCMM è un approccio statistico emergente e potente per ottenere informazioni sempre più approfondite dai dati. In particolare, aiuta a scoprire sottogruppi nascosti, identificare eterogeneità non altrimenti osservate e a modellare relazioni complesse che diversamente andrebbero perse.

“Questo approccio – spiega Marco Bonomi, professore di Endocrinologia dell’Università Statale di Milano e responsabile del Centro di Endocrinologia ginecologica e andrologica dell’IRCCS Auxologico – ha permesso di categorizzare i nostri pazienti e in particolare di identificare, per la prima volta, due distinte classi di soggetti con CHH reversal sulla base del volume testicolare medio, della presenza di micropene e dei livelli circolanti di FSH, ovvero il dosaggio di un ormone ipofisario importante per la stimolazione dell’attività testicolare. D’altro canto, ci ha anche permesso di identificare dei fattori predittivi di forme reversal”.

Prosegue Bonomi: “Infatti dai nostri risultati emerge che i pazienti CHH con normale senso olfattivo, senza gravi alterazioni dello sviluppo sessuale alla nascita, con sviluppo puberale non completamente bloccato e senza alterazioni genetiche nei geni causativi noti per CHH hanno una maggiore probabilità di sviluppare una successiva ripresa spontanea della funzione testicolare anche diversi anni dopo il mancato sviluppo puberale e quindi rientrare nei casi di CHH reversal”.

E ancora: “Risultati di particolare importanza perché ci avvicinano sempre più a una medicina di precisione, individualizzata sul singolo paziente e, d’altro canto, sono un chiaro esempio di medicina traslazionale, dove dalla ricerca si passa alla cura del paziente. Il prossimo passo sarà capire sempre meglio e sempre di più i meccanismi molecolari che sono alla base di queste forme reversal e anche su questo fronte si stanno portando avanti studi in vitro e in vivo con questa finalità”.

Conclude il professor Luca Persani, ordinario di Endocrinologia all’Università Statale di Milano e direttore del Dipartimento Endocrino-metabolico dell’IRCCS Auxologico, che ha co-firmato il lavoro insieme a Biagio Cangiano (ricercatore di UNIMI e Auxologico) e Luca Giovanelli (endocrinologo e dottorando di ricerca): “Un sentito ringraziamento va a tutti i pazienti che hanno acconsentito all’impiego dei loro dati clinici anonimizzati per fini di ricerca e che hanno quindi permesso di raggiungere i risultati ora pubblicati che andranno a vantaggio della diagnosi e della cura di altri pazienti con questo stesso difetto endocrino raro nonché altri pazienti con forme più comuni di ipogonadismo ipogonadotropo come quelle funzionali, spesso presenti nel soggetto adulto dismetabolico obeso”.

Redazione Nurse Times

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