In oltre la metà dei casi il trapianto di cornea in seguito a un’infezione da funghi fallisce per la tardività dell’operazione. È quanto emerso dal congresso della Società internazionale cornea, cellule staminali e superficie oculare (Sicsso), i cui esperti hanno discusso degli oltre 2mila casi di infezioni corneali da funghi e 800 da Acanthamoeba, un parassita presente nell’acqua che si trova spesso nelle lenti a contatto.
Una nuova tecnica, tuttavia, può alimentare le speranze. Si tratta del trapianto di cornea lamellare anteriore (Dalk), nel quale non viene impiantata la cornea a tutto spessore, ma si sostituiscono solamente gli strati corneali effettivamente compromessi, preservando quelli funzionalmente non danneggiati. Se l’intervento viene realizzato tempestivamente, la percentuale di successo è del 99%.
“L’Italia vanta i chirurghi più esperti al mondo in questa tecnica mininvasiva, che vede gli Stati Uniti ancora in ritardo, con solo 1.000 interventi Dalk eseguiti all’anno, a fronte di 39mila patologie dello stroma corneale in cui sarebbe invece indicata”, afferma Edward Holland, professore di Oftalmologia della Cincinnati University.
“Il trapianto parziale di cornea, purché precoce, è oggi la vera soluzione alle infezioni gravi ovviamente non rispondenti alla terapia medica”, dichiara Vincenzo Sarnicola, presidente della Sicsso e noto alle cronache internazionali per aver ricostruito lo scorso anno un occhio vedente da due occhi non vedenti.
“In Italia si stima che si verifichino circa 3mila casi all’anno di cheratiti per infezioni da funghi o da Acanthamoeba – prosegue Sernicola -. Purtroppo le terapie mediche non sempre riescono a eradicare le infezioni. I microorganismi hanno così il tempo di penetrare nella cornea e danneggiarla, al punto di richiedere un trapianto che, se a tutto spessore, fallisce in oltre la metà dei casi, mentre nel 25% i risultati sono anatomici ma non funzionali e nel 5% portano alla enucleazione dell’occhio”.
Il trapianto di cornea lamellare anteriore invece offre risultati migliori. “Questo trapianto risulta molto meno invasivo e con grandi vantaggi per il paziente – sottolinea Sarnicola -. Se eseguito precocemente, riesce poi quasi sempre a eradicare l’infezione garantendo una sopravvivenza dei tessuti trapiantati del 99%, con pochi casi di rigetto e facilmente trattabili”.
Redazione Nurse Times
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