L’intelligenza artificiale (AI) vede i propri albori alla metà del secolo scorso. Nel 1950 Alan Turing, matematico britannico, ipotizza per la prima volta la plausibilità di una macchina pensante, ma la nascita vera e propria dell’AI viene fatta risalire al 1956, al Dartmouth College, nel New Hampshire, dove si riunirono in un convegno i principali esperti di informatica dell’epoca, con lo scopo di creare una macchina in grado di simulare i processi di apprendimento del cervello umano.
Fu proprio uno degli organizzatori del congresso, John McCarthy, a creare l’espressione “intelligenza artificiale”. Le sfide che i ricercatori si trovavano ad affrontare, consistevano sostanzialmente nella creazione di sistemi che potessero risolvere i problemi in maniera efficiente, e in grado di apprendere autonomamente. Tutto questo, però, causava un problema importante nella comunicazione con il paziente, in quanto gli strumenti di intelligenza artificiale rappresentavano veri e propri interventi nei processi di diagnosi o di cura. Come per qualsiasi intervento sanitario, infatti, occorreva spiegare al paziente i dettagli operativi in cui venivano sottoposti attraverso il consenso informato.
Il processo del consenso informato riguarda anche lo sviluppo di algoritmi per scopi di salute, quando questi utilizzano dati di pazienti. Come in ogni progetto di ricerca o sviluppo, il paziente potrebbe in un determinato momento decidere di recedere dalla sua partecipazione allo sviluppo degli algoritmi ed esercitare il diritto all’oblio.
Le ulcere cutanee croniche rappresentano una delle patologie più diffuse nei Paesi occidentali. Si tratta di lesioni che non guariscono e colpiscono soprattutto la popolazione anziana, e dovute all’incremento di patologie croniche predisponenti, come il diabete. Le ulcere più frequenti sono quelle venose, con una prevalenza compresa tra il 70 e l’80%, seguite da quelle arteriose (15-20%). Tra i diabetici, l’incidenza di ulcere del piede varia dal 2,5 al 10,7%, mentre si ritiene che il 15% circa dei pazienti con diabete ospedalizzati, presente ulcere distali.
Una startup fondata da tre giovani ricercatori del Politecnico di Torino ha sviluppato un tablet che, sfruttando l’intelligenza artificiale, classifica le ulcere cutanee. Con numerosi vantaggi per operatori sanitari e pazienti e con un risparmio per il Servizio sanitario nazionale. Tale dispositivo chiamato Wound Viewer, permette di scattare una foto della ferita.
A partire dall’immagine, il sistema estrae automaticamente, circa un paio di minuti, i parametri fisici utili a classificare la tipologia di lesione e ad analizzarne perimetro, area, volume, profondità, tipologia di tessuto (necrotico o granulare), essudato e grado di infezione. Questi dati, una volta elaborati, vengono inseriti in apposite cartelle cliniche digitalizzate salvate in un sistema cloud, utilizzabile anche da remoto.
Questa nuova tecnologia specificamente progettata per valutare l’evoluzione, anche minima, della lesione, aiuterà i professionisti nella loro gestione. In questo modo l’esperto Wound Care potrà valutare l’andamento della lesione e decidere la medicazione appropriata da applicare. E’ ovvio che la scelta della medicazione aspetta all’ esperto Wound Care e che l’intelligenza artificiale servirà solo per valutare l’andamento della lesione osservando le fotografie effettuate nel corso del trattamento.
L’esperto Wound Care, una volta osservata la fotografia della lesione, potrà procedere nella medicazione utilizzando il metodo TIME, che consiste:
- nell’osservare il letto della lesione;
- nell’individuare gli elementi da correggere attraverso la valutazione dei segni clinici;
- nel definire gli interventi più appropriati che portino a rimuovere le barriere che ostacolano la guarigione;
- nel scegliere di valutare l’efficacia di eventuali misure terapeutiche.
Tutto questo però può portare problemi di comunicazione con il paziente, in quanto vi è la scarsa conoscenza del personale sanitario degli elementi tecnici alla base del funzionamento degli algoritmi di intelligenza artificiale. Ciò comporta la necessità di una formazione specifica per l’ utilizzo di questo dispositivo.
Lo scenario futuro ci propone percorsi di cura attraverso gli strumenti di intelligenza artificiale che guideranno le decisioni nel trattamento delle lesioni cutanee. Ma come per qualunque strumento digitale, esiste la possibilità che l’intelligenza artificiale commetta degli errori. In questo caso a chi potrà essere attribuita la responsabilità? Si potrebbe discutere che questa compete allo sviluppatore dell’algoritmo, ma la decisione nel trattamento della gestione della lesione è dell’esperto Wound Care.
Questo interrogativo non ha ancora trovato una soluzione e sarà uno dei temi da definire nel prossimo futuro. Ciò che spaventa, pertanto, è che l’applicazione dell’intelligenza artificiale possa modificare i comportamenti del personale sanitario, in quanto sempre più ci si affiderebbe all’automatismo degli algoritmi, piuttosto che alla propria esperienza.
Dott.ssa Monica Cardellicchio
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