Preoccupano i dati sulla fuga dei medici dalla sanità pubblica in Italia. Una fuga che comincia presto, già dopo la laurea, al momento di scegliere la specializzazione. Molti giovani laureati in Medicina, infatti, sono riluttanti a intraprendere carriere in aree critiche come chirurgia, pronto soccorso, radioterapia e microbiologia, con alcune di queste discipline che vedono fino al 50% dei posti per la specializzazione rimanere vacanti.
E, più in generale, fa riflettere il dato per cui il 25% dei contratti di specializzazione rimane scoperto, mentre circa circa 2.000 medici ogni anno lasciano il Servizio sanitario nazionale per cercare opportunità migliori nel settore privato. La causa principale? I salari bassi: gli stipendi dei medici e degli specializzandi, che si aggirano intorno ai 1.650 euro netti al mese, non sono sufficienti ad attrarre o a trattenere i nostri camici bianchi.
Un dato eclatante: su circa 15mila contratti di specializzazione messi a bando nel 2024, poco più di 11mila sono stati assegnati (tre su quattro), e si prevedono ancora centinaia di mancate immatricolazioni. I livelli più bassi li toccano le specialità, le meno “ambite”: l’11% per microbiologia e virologia, il 15% per altre specialità di lavoratorio, il 18% per la radioterapia, e solo il 30% per i medici di pronto soccorso. Spesso restano deserte le specializzazioni per i lavori più usuranti, oltre a quelle che negli anni di carriera non permettono di praticare anche nella sanità privata, aumentando i guadagni.
In risposta a questa crisi la politica sta proponendo alcune riforme cruciali. Una delle idee principali consiste nell’introduzione di un contratto di formazione-lavoro per gli specializzandi che preveda responsabilità crescenti nel corso del percorso formativo. Inoltre si discute sull’abolizione dei gettonisti, che tra il 2019 e il 2023 hanno gravato sulle casse pubbliche con un costo di 1,7 miliardi di euro.
Il ministero della Salute ha già annunciato alcune misure per incentivare le specializzazioni meno attrattive, come un aumento del 5% per i contratti di specializzazione – circa 95-100 euro in più al mese – e un incremento della parte variabile del contratto, che potrebbe portare fino a 390 euro di aumento.
Anche i medici senior sono coinvolti nei piani di miglioramento: oltre a nuovi fondi per migliorare la loro retribuzione, è stata introdotta una flat tax del 15% sull’indennità di specificità medica, che oggi è tassata al 43%. Ciò permetterebbe un aumento netto di 200-220 euro al mese per i medici esperti. Per di più, la tassa ridotta riguarderebbe anche gli infermieri, che quindi riceverebbero a loro volta un aumento di stipendio.
Resta da vedere se le risorse disponibili saranno sufficienti a inserire queste novità nella Legge di Bilancio. Intanto il sindacato Anaao-Assomed si proclama soddisfatto della proposta riguardante l’indennità di specificità. “È una richiesta che avanziamo da tempo – ha sottolineato il segretario Pierino Di Silverio -. Un segnale concreto di voler tornare a investire sul professionista. Un inizio per dire ai medici e ai dirigenti sanitari: crediamo in voi e nel vostro lavoro ordinario, e non solo straordinario”.
Di Silverio ha anche ribadito che oggi lo stipendio dei medici, in rapporto al costo della vita, vede l’Italia al quartultimo posto in Europa. Si parla di “circa 2.500 euro-2.600 euro lordi al mese a inizio carriera”, per un lavoro usurante, con una “reperibilità pagata pochissimo: 10 euro lordi all’ora”. Lavoro nel quale “servono almeno vent’anni per fare carriera”.
Redazione Nurse Times
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