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Professione infermieristica in crisi: l’assistente infermiere è davvero la soluzione?

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Assistente infermiere, appello Cnai alle istituzioni: "Fermate tutto!"
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La professione infermieristica è in crisi. i giovani non si iscrivono più ai corsi di laurea.

Dopo il boom delle adesioni del periodo delle riforme, a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio, è iniziata una progressiva perdita di attrattività di questa professione. I motivi sono essenzialmente due. Gli stipendi bassi e le condizioni di lavoro pessime.

Gli stipendi della sanità fino agli anni novanta erano più che dignitosi.

All’epoca si acquisiva il titolo con un corso regionale di tre anni. Poi sono arrivate le riforme che hanno decretato i percorsi universitari, l’autonomia professionale e molti altri riconoscimenti prima impensabili. Un ottimo presupposto di crescita anche sul piano della carriera e dell’aumento delle retribuzioni. 

Ma così non è stato. Gli infermieri, e le professioni sanitarie nel complesso, sono rimaste agganciate ai meccanismi stipendiali della pubblica amministrazione con aumenti calcolati sulla base dell’inflazione programmata. Pochi spicci al mese. Sanitari equiparati a impiegati ministeriali. Il colpo di grazia è arrivato con l’introduzione dell’Euro. Stipendi dimezzati e prezzi raddoppiati. Ma non finisce qui. Con la crisi dei mutui subprime del 2008 abbiamo visto adottare misure drastiche come i piani di rientro, il blocco delle assunzioni e dei contratti, le spending review. Un vero disastro.

Per gli infermieri quindi il tempo delle riforme ha coinciso con una congiuntura storica micidiale che non ha consentito di trarre alcun beneficio dalle grandi conquiste ottenute. Con il blocco del turn over abbiamo avuto infermieri sempre più vecchi e malandati, mentre i giovani laureati venivano sfruttati dalle cooperative approfittando della difficoltà di trovare occupazione.

Questo è durato per circa un decennio. Poi è arrivata la pandemia e con essa finalmente un po’ di assunzioni e tante promesse di valorizzare medici e infermieri che venivano glorificati come angeli. Ma è durata poco. Il tanto decantato “miglior servizio sanitario del mondo” (enfatizzato da Conte e Speranza) ha continuato a fare acqua da tutte le parti tra liste di attesa lunghissime, vuoti di organico e disservizi infiniti. Gli infermieri si sono ritrovati nelle stesse condizioni di prima, se non peggiori. Rinnovi contrattuali con aumenti irrisori e i soliti problemi delle condizioni lavorative micidiali tra turni massacranti, sfruttamento, demansionamento e aggressioni varie.

Tutto questo ha portato i giovani ad allontanarsi da questa professione.

Chi sarebbe disposto oggi a fare i turni e rischiare la vita per 1500 euro al mese, oltretutto senza prospettive di carriera? Chi affronterebbe tre anni di università con un tirocinio impegnativo per guadagnare quanto un fattorino? Chi si accollerebbe altri anni di studio per conseguire la laurea magistrale o prendere un master senza sbocchi lavorativi concreti?

Per rendere di nuovo attrattiva la professione infermieristica bisogna quindi migliorare le condizioni di lavoro e aumentare gli stipendi (con conseguente crescita della considerazione sociale). Sul fronte delle retribuzioni il trend è sempre lo stesso, come dimostra la piattaforma del nuovo contratto di lavoro della sanità. Sulle condizioni di lavoro si registrano invece delle novità che mio parere sono nettamente peggiorative.

Gli Stati Generali della professione infermieristica (FNOPI 2022) hanno messo in evidenza, tra i vari temi trattati, il problema del demansionamento e della una crisi di identità. Gli infermieri non hanno sbocchi di carriera se non nel campo dell’organizzazione (coordinamento e dirigenza). Nel contempo sono spesso “demansionati” a causa della carenza totale o parziale di operatori di supporto.

In risposta a tutto questo sono stati posti due rimedi che sono peggiori del male: la nuova figura dell’assistente infermiere (AIC) e la riforma della Laurea Magistrale con l’introduzione di tre indirizzi specifici. Che bisogno c’era di creare una figura che si colloca tra l’OSS e l’infermiere? Già il cittadino non riconosce la differenza tra le due figure” (come evidenziato negli Stati Generali a pag. 15), figuriamoci con la presenza di una figura denominata “assistente infermiere”.

Gli operatori di supporto ci sono e funzionano.

Occorreva solo aumentare il numero negli organici ed implementare le specializzazioni che già ci sono (cd terza esse). Perché introdurre una figura che già per come è denominata ricorda quella del vecchio infermiere generico che tanta confusione aveva generato? Oltretutto i profili di responsabilità resterebbero invariati. Avremmo infatti un infermiere che attribuisce “compiti” agli AIC che agiscono sotto la sua responsabilità, così come avviene ora per gli OSS.

L’AIC avrà una formazione regionale. Accede con il diploma di maturità, ma questo requisito non è necessario per già è OSS e ha cinque anni di esperienza. Chi è già OSS può diventare AIC frequentando un breve corso. È di fatto una sanatoria. E le sanatorie non portano bene, fanno solo danni. Quale scenario si profila pertanto?

Nelle corsie ospedaliere, nei CAD, nelle case di cura, ci saranno assistenti che faranno più o meno quello che attualmente fanno gli infermieri nell’assistenza di base. Le invasioni di campo saranno via via crescenti, specialmente nel settore privato. Crescerà lo sfruttamento e la confusione. Dopo la trovata geniale degli infermieri dall’India assisteremo all’importazione di manodopera di dubbia preparazione, a basso costo, da inserire come AIC nelle cooperative che gestiscono i servizi. Ma per il cittadino, per i giornalisti e spesso addirittura per i politici, sono tutti infermieri.

Ma gli infermieri, quelli veri che pensano?

Che dicono? Sono disorientati. Stesse responsabilità ma schiacciati dal basso e con un ruolo spinto verso le “competenze avanzate”. E quali sarebbero le competenze avanzate? Quelle di pianificare e gestire il processo assistenziale? Con quali titoli? Con la Laurea Magistrale riformata? E come verrebbero riorganizzati gli organici in questo nuovo assetto organizzativo? E con quali vantaggi sotto il profilo economico?

Il principio che sta alla base di tutto questo processo di riforma è sempre lo stesso: le nozze con i fichi secchi. L’AIC serve per compensare la carenza di infermieri a basso costo. La riforma delle lauree serve per moltiplicare docenze e cattedre. Le competenze avanzate servono per aumentare le responsabilità a costo zero. L’iscrizione degli AIC agli albi serve per far fare cassa agli ordini. Ma i corsi di laurea continueranno a rimanere vuoti.

Cosa si dovrebbe fare allora? Semplice. Migliorare le condizioni di lavoro introducendo un maggior numero di OSS specializzati. Prevedere contrattualmente, e quindi economicamente, la possibilità di carriera nel campo clinicoAumentare le competenze degli infermieri (prescrizioni, pianificazione, esperti clinici, ecc.). Aggiornare i percorsi formativi. Ma soprattutto aumentare gli stipendi in modo sostanziale. Come diceva Califano, tutto il resto è noia.

Ivo Camicioli

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