Studi all’università, e fra tirocini, esami e tesi vedi finalmente avvicinarsi il fatidico obiettivo: la laurea. Novembre si avvicina, ed è tempo di iniziare a pianificare la prossima mossa.
Cosa fare dopo la laurea?
Trovare lavoro in Italia è un’impresa, la prospettiva dei concorsi ti spaventa, 13mila infermieri per 25 posti, cifre da far girare la testa. Inizi a guardare all’estero, dove c’è lavoro. Dove, oltre al lavoro, ci sono prospettive di carriera che in Italia ci sogniamo.
Magari conosci già qualche infermiere all’estero, magari hai letto esperienze positive. Il Regno Unito sembra la terra promessa, dove tutto è facile, e le gratificazioni sono immediate. Sei un infermiere italiano, la nostra preparazione non può competere con quella inglese, pensa, danno le endovena in due, e sono competenze che si acquisiscono dopo la laurea!
Ci sono band 5 (il “comune” staff nurse, quello da cui parte un neolaureato) che non imparano a dare endovena tutta la vita. Il livello d’inglese? La maggior parte degli ospedali aiuta con lo IELTS, offre corsi, lo imparo sul posto!
Mi dispiace deluderti, ma la terra promessa non esiste. Emigrare all’estero non è facile, ed è anche costoso per i primi mesi. In Inghilterra le gratificazioni le ottieni se lavori sodo, i turni sono di 12 ore, 3-4 volte a settimana, e che siano long day o notti sono massacranti. Spesso ti trovi a lavorare in short of staff, o con agency nurses. Le difficoltà sono innumerevoli. Ti mancheranno la tua famiglia ed i tuoi amici, ogni singolo giorno.
Dovrai essere autonomo, non avrai nessuno che possa aiutarti a superare i piccoli ostacoli della vita quotidiana, dalla council tax al NIN, dalla scelta della casa al bucato. All’inizio potrai essere completamente solo, senza neppure un amico a supportarti.
Dovrai lavorare e vivere parlando una lingua che non è la tua, e se dall’Italia ti sembra banale, posso assicurarti che qui non lo è. Sei un infermiere, un fraintendimento potrebbe mettere in pericolo la vita di un tuo paziente. Dovrai ottenere un punteggio di 7.5 allo IELTS per registrarti all’NMC, ed anche se l’ospedale aiuta non è affatto facile. Occorre un livello di base molto alto per ottenerlo in soli 6 mesi.
Niente potrà mai prepararti allo shock culturale, e dovrai adattarti al fatto che la cucina del tuo pub preferito chiude alle 21.00, al fatto che d’inverno il sole tramonta alle 15.00, e che il tempo inglese è famoso per essere imprevedibile. Dovrai mettere in discussione il tuo stile di vita, e provare ad integrarti. Ne vale la pena? Ogni singolo secondo. Ma devi esserne convinto.
Il mio primo consiglio è: non partire, se non sei disposto a metterti in gioco. Considera bene tutti i lati negativi che ho esposto. Per avere successo nel Regno Unito devi lavorare tanto, sodo e bene. Se parti subito dopo la laurea, inizierai come band 3. Questo significa che inizierai come Clinical Support Worker, il nostro O.S.S., finché non riceverai il Pin Number, l’abilitazione dall’NMC, l’equivalente inglese dell’IPASVI.
Nel mio caso, ci ha messo 6 mesi perché hanno smarrito alcuni dei miei documenti. Due volte. Significa che ho lavorato come CSW per sei mesi. Lo stipendio è molto minore di quello di un band 5, e la situazione può essere alquanto frustrante quando un paziente deteriora, e tu sai dove mettere le mani, e non puoi perché non sei abilitato.
Il secondo consiglio è: inizia a lavorare sull’inglese. Subito e tutti i giorni.
Nulla potrà mai prepararti al trovarti fra madrelingua. Esattamente come noi, i britannici hanno i dialetti. I tuoi pazienti potranno parlare i più svariati dialetti, alcuni li capirai bene, altri non li capirai affatto. I documenti saranno pieni di sigle. Anche se ti diranno di non usare sigle per la chiarezza di comunicazioni, tutti le useranno.
Ho impiegato due settimane a capire che S.O.B è l’acronimo di short of breath, e che A.K.I significa acute kidney injury. Ho impiegato un mese per iniziare a rispondere al telefono, ed avevo un C1. Partivo da un livello superiore alla media, e comunque ho affrontato grosse difficoltà. Se può consolarti, i tuoi colleghi saranno comprensivi e gentilissimi. I miei mi hanno ripetuto la stessa frase anche dieci volte, ed in caso di necessità puoi sempre prendere un collega e chiedergli se può gentilmente tradurre per te un paziente. Se lavorerai in Inghilterra, sappi che neppure gli inglesi comprendono a pieno l’accento scozzese o irlandese, soprattutto se il paziente è confuso.
Il terzo consiglio è: inizia a pianificare. Anche se mancano mesi alla laurea, se vuoi partire subito dopo, devi iniziare a muoverti prima. Come detto, emigrare è complesso e costoso. Il mio consiglio è fare una scelta mirata. Decidi il tipo di ospedale che fa per te, prima di tutto.
Sogni un grande ospedale universitario? Preferisci un piccolo ospedale di campagna, oppure un centro di media grandezza, in espansione? Inizia a decidere che tipo di ospedale vuoi, e che tipo di reparto e carriera, poi cerca fra le offerte quelle che ti interessano di più.
Inizia a prepararti per un colloquio in inglese, e soprattutto, se possibile rivolgiti ad un’agenzia di reclutamento. Le agenzie sono disposte a prendersi cura di laureandi, e a fissare colloqui per dopo la laurea, se questa è a breve termine (uno-due mesi massimo) e ti aiuteranno tantissimo sia con il colloquio che con i documenti richiesti dall’ospedale che con quelli per l’iscrizione all’NMC. Alcuni documenti hanno validità di tre mesi, quindi ti conviene farli dopo la laurea, in modo che non scadano, ma il passaporto puoi farlo subito. Cerca di dilazionare le spese. Inoltre, su internet vi sono gruppi di Italiani all’estero dispostissimi ad aiutarti. Parlare con loro potrà anche aiutarti a selezionare gli ospedali in cui fare il colloquio.
Il quarto consiglio è: Preparati ad essere sommerso dal paperwork. Il lavoro del nurse inglese è completamente diverso rispetto a quello dell’infermiere italiano.
Sarai il cuore del team che si prende cura del paziente. Interagirai con medici, fisioterapisti, CSW, farmacisti, e assistenti sociali, tutti incentrati sulla cura del paziente, e sarai tu a dover districare l’assistenza sanitaria, ad assicurarti che i care plan siano seguiti, a chiamare i clinical nurse per una consulenza, e pianificare le dimissioni. Se tutto non è pronto, il paziente non viene dimesso, e sarai tu ad assicurarti che ogni singola parte del team abbia fatto il suo dovere.
Sarai l’unico responsabile per tutto ciò che andrà storto di tua competenza assistenziale. Inoltre, il motto inglese è se non è scritto, non è stato fatto, quindi ti troverai a spendere gran parte del tuo tempo fra section 2, section 5, risk assessment, catheter bundle, nursing notes, ed altra simpatica burocrazia, che ti allontaneranno dal letto del paziente.
Vi è un modulo da compilare per ogni cosa, dall’intentional rounding, alla stool chart, passando per le obs (i parametri vitali) e per il cannula bundle da riempire ogni singola volta che somministri un’endovena. A proposito di endovena, molte competenze tecniche che per noi sono scontate, sono invece considerate competenze avanzate, e quindi facoltative.
Ti troverai a non poter cambiare la sacca dei fluidi, a dover aspettare due ore il medico per una cannula che potresti sbrigare in due secondi, a non poter fare assolutamente EGA, frustrato dai limiti che gli assessment impongono, perché dovrai essere abilitato per ogni cosa, dal controllo del carrello d’emergenza alla trasfusione di sangue, alla lettura di uno stick urinario. Tuttavia non sarai lo zerbino del medico, sarai il professionista centrale dell’assistenza, il cuore pulsante del reparto, ed avrai un livello di autonomia che in Italia ti potresti solo sognare.
Il quinto consiglio è: goditi l’esperienza. Anche se pianifichi tutto nei minimi dettagli, ci sarà sempre l’imprevisto. Emigrare all’estero è una grande avventura, ed un’esperienza che fa indubbiamente crescere. Prendi la decisione con coscienza, non sarà facile. Sarai uno straniero in terra straniera. Ci saranno stereotipi sugli italiani che non ti piaceranno, ed altri che vorrai confermare.
Vedrai il tuo paese con occhi diversi, e ci saranno momenti in cui vorrai fare le valigie e tornare indietro dalla mamma.
Non c’è nulla di male, in questo. Cerca di trarre dalla situazione più esperienza possibile, e ricorda, la fila si rispetta sempre, e sulle scale mobili della metropolitana si sta sulla destra, lasciando una corsia per chi vuole farlo camminando. Te la caverai, e le tue disavventure diverranno interessanti aneddoti.
Erika Nelli
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