Secondo i dati del ministero della Salute, in totale sono state somministrate appena il 28,5% delle dosi consegnate. Da febbraio, quando è arrivato il via libera per il vaccino sviluppato a Oxford, sono state eseguite 431.253 iniezioni sulle oltre 1,5 milioni possibili.
È chiaro che qualcosa non sta funzionando. Vaccinarsi non è obbligatorio e molte categorie (professori e forze dell’ordine in primis) non hanno fatto mistero di considerare AstraZeneca – efficace al 62% contro l’infezione – una soluzione di serie B rispetto a Pfizer e Moderna, che raggiungono una protezione del 94-95%. Ma il siero del colosso anglo-svedese protegge al 100% dalle forme gravi.
Scrive L. Bolognini su quotidiano.net
A pesare sul forte rallentamento, secondo Il Sole 24 Ore, è il fatto che, dopo aver varato un piano nazionale sui vaccini abbastanza generico, l’attuazione è passata alle Regioni che stanno partorendo 21 piani regionali.
Come funziona il vaccino di AstraZeneca
Il vaccino deve essere somministrato in due dosi standard e la seconda dose deve essere somministrata a una distanza di 4-12 settimane dopo la prima. È costituito da un altro virus (adenovirus) che è stato modificato per contenere il gene per la produzione della proteina spike SARS-CoV-2.
Una volta somministrato, il vaccino trasporta il gene SARS-CoV-2 nelle cellule del corpo. Le cellule, spiega quotidianosanità.it, useranno il gene per produrre la proteina spike. Il sistema immunitario della persona riconoscerà quindi questa proteina come estranea e produrrà anticorpi e attiverà le cellule T (globuli bianchi) per attaccarla.
Inseguito, se una persona incontrerà il covornavirus, il suo sistema immunitario lo riconoscerà e sarà pronto a difendere l’organismo da esso.
L’adenovirus contenuto nel vaccino, inoltre, non può riprodursi e non causa malattie.
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