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Un cane è la terapia, intensiva ad Eboli

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Si parla di buona sanità ad Eboli, ed era ora, un recente episodio rinsalda la fiducia tra gli operatori sanitari e l’utenza

Un cane di colore bianco, di razza maltese toy, ha fatto visita alla sua padroncina tra le asettiche mura della rianimazione di Eboli. Un evento, impensabile fino a qualche mese fa, che ha regalato immagini agli occhi ed emozioni alle anime dei protagonisti ma anche degli operatori che, dopo averlo fortemente voluto, hanno potuto assistere a questo incontro inusuale.

La gioia ha permeato gli ambienti della rianimazione ed ha lenito le sofferenze che sono solite albergarvi. La felicità affettuosa che passava dagli occhi del cagnolino a quelli della padroncina e viceversa hanno sicuramente giovato nella battaglia contro la malattia.

Tutto è avvenuto perché è stato fortemente voluto dal  dirigente e dal coordinatore infermieristico dell’unità operativa complessa di Rianimazione e Terapia intensiva: il dr. Fernando Chiumiento ed il dr. Antonio Ristallo. L’adesione entusiastica e la collaborazione del personale infermieristico ha permesso di superare le difficoltà rendendo sicura, igienica e priva di rischi per tutti la visita inusuale dell’ospite peloso.

Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la sensibilità dimostrata dal Direttore Generale dell’Asl  dr. Mario Iervolino, dal Direttore Sanitario dell’Ospedale di Eboli dr. Mario Minervini e dal Direttore Sanitario Aziendale dr. Ferdinando Primiano che hanno autorizzato la procedura .
Questa “innovazione terapeutica”, definita con un termine anglosassone “pet visiting” fa parte di un progetto più ampio e condiviso.

La Rianimazione dell’ospedale di Eboli ha aderito da due anni circa al progetto “Intensiva 2.0” che si propone di sviluppare su tutto il territorio nazionale un vasto  network di terapieintensive per condividere un cambiamento culturale che nasce dalla comunicazione con i familiari e ponendosi  come obbiettivo l’umanizzazione delle cure attraverso un’alleanza terapeutica tra operatori, familiari e pazienti. Nella stessa ottica si cerca di consentire, quando possibile,  la presenza costante dei familiari al capezzale dei degenti e, finora, i feedback sono estremamente positivi.

L’alleanza tra umanità e tecnologia potrebbe rivelarsi l’arma vincente nell’assistenza del terzo millennio.

Massimo Arundine

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