I risultati di due studi avvalorano il ricorso all’immunoterapia, aprendo la strada a nuovi trattamenti per le forme più resistenti.
L’immunoterapia può essere estesa anche ai pazienti che hanno un tumore del colon-retto resistente (che non risponde alle terapie). E’ questa la promessa che arriva da due studi appena pubblicati sulla rivista Cancer Discovery, dai ricercatori dell’Istituto di Candiolo Irccs e dall’Università di Torino, e basato sulla scoperta di due punti deboli di questo tumore.
Il primo, coordinato dal professor Alberto Bardelli, direttore del Laboratorio di Oncologia molecolare dell’Irccs Candiolo, e condotto dal dottor Giovanni Germano, mostra la possibilità di estendere l’efficacia dell’immunoterapia anche a pazienti che oggi non rispondono alle cure, grazie alla terapia combinata di due farmaci immunoterapici ancora in fase sperimentale di laboratorio.
Il secondo, frutto di una collaborazione coordinata sempre da Bardelli e dalla dottoressa Sabrina Arena con il Wellcome Sanger Institute di Cambridge e con l’Istituto Tumori di Amsterdam, apre la via allo sviluppo di nuove cure per pazienti che ad oggi hanno ancora pochissime chance di guarigione, svelando un nuovo bersaglio farmacologico, l’enzima Werner o Wrn, un’elicasi, ossia una molecola deputata a sciogliere la doppia elica del Dna delle cellule tumorali, che le aiuta a moltiplicarsi.
“Stiamo cercando di capire come si può andare oltre la resistenza alle terapie – afferma Bardelli –. Abbiamo scoperto che bloccando il gene per l’elicasi Wrn si supera la resistenza ai farmaci nei pazienti oncologici. Ci sono dei farmaci in fase di sviluppo contro questa specifica elicasi; la prospettiva è che questi farmaci siano efficaci anche nel cancro di endometrio e stomaco, ma ci vorranno ancora degli anni prima di disporre di queste terapie”.
Nel secondo studio si dimostra invece la possibilità di estendere l’efficacia dell’immunoterapia a più pazienti con cancro del colon-retto rispetto a quelli che attualmente ne traggono beneficio. L’immunoterapia, spiega Bardelli, funziona quando le cellule tumorali presentano l’antigene come un codice a barre sulla propria membrana e si fanno così scovare dal sistema immunitario del paziente. Tuttavia, come meccanismo di immuno-evasione le cellule tumorali, nascondono l’antigene e quindi sfuggono all’immunoterapia.
“Abbiamo dimostrato su modelli tumorali che non rispondono agli immunoterapici che somministrando una doppia immunoterapia, la anti-Ctla-4, oltre alla classica anti-Pd-1, il tumore regredisce, con ricadute cliniche rilevanti in futuro”, conclude Bardelli.
Redazione Nurse Times
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