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Tribunale di Tivoli: “non costituisce il reato di esercizio abusivo della professione non essere iscritti all’albo professionale Ipasvi”

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Secondo il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Tivoli, Dott. Bonagura, “non costituisce il reato di esercizio abusivo della professione ex art. 348 c.p. non essere iscritti all’albo professionale (Collegio IPASVI) per gli infermieri professionali dipendenti delle strutture pubbliche”.

Questo è il principio affermato dal nel Decreto di Archiviazione del 20.01.2015 con cui il GIP veniva chiamato a giudicare la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero.

Il caso vedeva il coinvolgimento di circa 100 infermieri dipendenti di una ASL della Provincia di Roma nell’ambito di un’ampia operazione dei N.A.S. dei Carabinieri di Roma, nella quale veniva verificata l’iscrizione degli infermieri delle strutture pubbliche al Collegio IPASVI.

Secondo l’ipotesi accusatoria, a seguito dell’entrata in vigore della Legge 43 del 1° febbraio 2006 intitolata “Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali” per gli infermieri professionali dipendenti delle strutture pubbliche era obbligatoria, per l’esercizio della professione, l’iscrizione all’albo professionale tenuto dal Collegio IPASVI.

All’esito dell’avviso di conclusione delle indagini, le difese, nelle memorie ex art. 415 bis illustravano che nonostante fosse stato previsto dalla legge l’obbligo di iscrizione per gli infermieri in un albo professionale, in realtà il Governo non aveva mai provveduto, in osservanza della delega ricevuta, ad adottare dei provvedimenti per istituire gli albi professionali, né a trasformare i Collegi professionali preesistenti (IPASVI) in ordini professionali.

Veniva evidenziato altresì che in attesa dell’istituzione degli ordini, agli infermieri non erano mai stati forniti criteri guida da parte della Pubblica Amministrazione che tollerava lo status quo ante e pertanto gli indagati continuavano ad esercitare la loro professione in perfetta buona fede non consapevoli di svolgere il loro lavoro in modo asseritamente abusivo.

All’esito delle memorie difensive, il sostituto Procuratore della Repubblica, con spiccata onestà intellettuale richiedeva l’archiviazione dei procedimenti, ritenendo che non vi fossero sufficienti elementi per ritenersi integrato il delitto contestato anche in ragione della farraginosa e non risolta questione amministrativa che permeava l’intera vicenda; archiviazione poi definitivamente decretata dal Giudice delle Indagini Preliminari.

Alcune puntualizzazioni sono d’obbligo vista la sensibilità della materia in un periodo di blocco dei contratti e di crisi occupazionale. Questa archiviazione che sancisce l’assenza di un reato penale per chi non è iscritto al collegio professionale per l’esercizio della professione di infermiere, perchè esercitabile secondo la Suprema Corte senza che ciò violi l’art. 348 del c.p. a condizione che si abbia l’abilitazione all’esercizio professionale a prescindere dall’iscrizione al relativo albo professionale. La mancata iscrizione all’albo per poter esercitare la professione comporterebbe comunque delle sanzioni amministrative.

Alcune domande sono d’obbligo:

  • Perché la legge 43 del 2006 che prevedeva la riforma dei collegi con il passaggio a ordine degli infermieri non è mai stata attuata dopo ben 9 anni?
  • C’è un disegno politico da parte di potentati corporativistici che mira a fermare la crescita degli infermieri italiani?

A questo punto il nostro invito al ministro Lorenzin di arrivare al più presto alla riforma degli ordini professionali da troppo tempo bloccata in parlamento.

 

 

Giuseppe Papagni

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